Come funziona il design sprint
Permette di progettare in pochi giorni servizi e prodotti digitali per le aziende, grazie a un processo che trova un'idea, la testa e la verifica costantemente
Per realizzare nuovi beni e servizi – come siti, app e campagne marketing – oggi vengono spesso utilizzati processi di progettazione capaci di dare una risposta veloce, flessibile, agile agli obiettivi delle aziende e ai bisogni dei consumatori. Un tipo di risposta dunque che, proprio perché veloce, flessibile, agile, è efficace nell’attuale panorama digitale, in costante e fluida evoluzione.
Uno dei processi più citati è quello del design thinking. In generale, questo approccio privilegia la risoluzione innovativa dei problemi di progettazione di beni e servizi partendo dai bisogni dei clienti a cui si rivolge l’azienda. È un processo di creazione collaborativo, interattivo, continuo: i beni e i servizi che nascono dal design thinking sono veloci da realizzare e facili da testare, per adattarsi a possibili nuovi bisogni. A questo approccio si affianca da alcuni anni il design sprint, utilizzato ad esempio da Domino, agenzia di digital marketing e customer experience, nata a Torino nel 1996.
Il design sprint utilizza alcune dei principi del design thinking cercando di ottenere una soluzione in un tempo molto breve, cinque giorni, coinvolgendo tutte le persone responsabili del progetto: dai dipendenti dell’azienda ai manager, fino ai consulenti di marketing e comunicazione. «Noi abbiamo adattato il design sprint alla realtà italiana, composta da aziende consolidate più che da startup. E poi abbiamo compresso ancora di più i tempi, arrivando a quattro giorni», racconta Andrea Bosso, direttore strategia e consulenza di Domino. Il metodo è stato applicato ad aziende come Iveco, Arca Fondi, Danieli Automation, Masi.
I consulenti di Domino lavorano con un gruppo formato dalle cinque fino a dodici persone dell’azienda che si è rivolta a loro, coinvolgendo anche una figura decisionale, ad esempio l’amministratore delegato o il direttore marketing. Durante i primi due giorni, lunedì e martedì, il gruppo collabora per individuare i problemi e gli obiettivi dell’azienda e le possibili soluzioni. Mercoledì e giovedì invece i consulenti di Domino lavorano alla progettazione concreta della soluzione prescelta: una prima ipotesi viene presentata al team dell’azienda nel pomeriggio di mercoledì, viene poi raffinata la mattina seguente e presentata in via definitiva nel pomeriggio.
La soluzione può prendere forme diverse, spiega Bosso, e portare alla creazione di tre tipologie di progetti: un percorso (una campagna marketing o una nuova customer experience, cioè come l’azienda interagisce con i clienti), un touch point (un oggetto, come un sito web o una app) e infine un servizio (ad esempio l’area riservata ai clienti sul sito web dell’azienda).
Il design sprint è dunque un processo collaborativo, che fa uso anche di un forte approccio visivo: durante i primi due giorni, le pareti delle stanze nelle quali lavorano i due team si riempiono di foglietti adesivi colorati con idee, note, ipotesi. I foglietti possono essere staccati e spostati a piacimento, proprio perché il processo è agile e fluido.
Il team dell’azienda e il team di Domino lavorano insieme: una volta individuato l’obiettivo da raggiungere, ad esempio diffondere in città un nuovo servizio di car sharing, è necessario mettersi nei panni dei clienti che l’azienda vuole raggiungere. Non si tratta di pensarli come un target di persone con caratteristiche socioeconomiche e demografiche simili, bensì come personas, termine che da qualche decennio nel campo del marketing identifica un insieme di persone con bisogni, motivazioni, comportamenti comuni.
Attraverso il target, l’azienda postula per esempio che il car sharing sia un prodotto pensato per una donna della classe media di trentacinque anni. Attraverso il concetto di personas, l’azienda individua tutti quegli utenti che hanno bisogno di muoversi con agilità in città, di cui fa parte anche la donna sopra descritta. È così possibile soddisfare un gruppo più ampio di clienti senza escluderne a priori altri.
Individuate dunque le personas da raggiungere (i primi foglietti colorati da appiccicare alla parete), i due team cercano di capire le motivazioni e le esigenze che spingono queste persone a scegliere un bene e servizio rispetto ad altri. Se una persona deve muoversi in città, può scegliere un abbonamento ai mezzi, il car sharing o l’acquisto di una macchina. È necessario capire come e perché sceglie un’opzione rispetto a un’altra, e quali problemi potrebbe dover affrontare. Se scegliesse il car sharing, ad esempio, potrebbe trovare la app di prenotazione delle auto troppo poco intuitiva da utilizzare.
Individuati questi percorsi e le relative difficoltà, bisogna capire come risolverle: è quello che accade il martedì. Un esercizio proposto dal team di Domino è chiamato crazy eight: ogni partecipante ha otto minuti per ipotizzare otto soluzioni diverse al problema dell’utente. Ognuno di loro sceglie poi una o due idee da approfondire, con disegni e ipotesi, quasi fossero una storia da raccontare: tutto questo è visualizzato sempre sui foglietti appiccicati alle pareti. Le idee vengono confrontate, per scegliere infine quella da realizzare.
A questo punto il team di Domino ha le informazioni necessarie per presentare una soluzione-progetto al cliente: un percorso più snello per prenotare il car sharing, o una app rinnovata con nuove mappe, o ancora un’area personalizzata del servizio per favorire i clienti più fedeli. La soluzione-progetto verrà presentata e discussa, come abbiamo visto, mercoledì e giovedì, per passare nei mesi successivi poi alla sua realizzazione definitiva.
Il design sprint permette dunque di ottimizzare i tempi e di trovare in soli quattro giorni un soluzione nuova, co-progettata e condivisa con l’azienda, che procede quindi compatta in un’unica direzione, spiega Bosso. Inoltre, grazie all’uso del concetto di personas si supera una certa visione limitata tanto delle aziende quanto delle agenzie: il centro del percorso di progettazione diventano i bisogni dei clienti, continua Bosso. Proprio per il percorso creativo che c’è dietro, la soluzione generata dal design sprint non è percepita come progetto monolitico che, una volta realizzato, non viene più aggiornato. È invece un prototipo: snello, realizzato in breve tempo, costantemente testato per capire se funziona e successivamente aggiornato, in un processo di continuo sviluppo, conclude Bosso. Per il direttore strategia e consulenza di Domino, dunque, il pensiero progettuale odierno è lontano da quello novecentesco, proprio perché veloce e flessibile.
Domino ha utilizzato il design sprint anche per un suo progetto di comunicazione chiamato Domino25, legato alla ricorrenza dei venticinque anni dell’azienda. Sono state infatti individuate venticinque parole che rappresentano il futuro prossimo del mondo del lavoro e della società, chiedendo di interpretarle e approfondirle attraverso una serie di video ai propri clienti, al proprio team e ai propri partner, come Scuola Holden e Fondazione Paideia.