Sarà più facile avere nuovi rigassificatori
Il governo ha approvato una serie di misure per ottenere autorizzazioni più velocemente con l'obiettivo di ridurre la dipendenza dal gas russo
Lunedì il governo ha approvato alcune misure per accelerare le procedure di autorizzazione di nuovi impianti per la produzione di energia con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal gas importato dalla Russia. Una delle novità più significative riguarda i rigassificatori, impianti costruiti sulla terraferma o a bordo di navi che riportano il gas naturale liquefatto allo stato gassoso. Il governo ne vuole installare due entro la fine del 2023.
La versione definitiva del decreto non è stata ancora pubblicata, ma secondo le informazioni date durante la conferenza stampa di lunedì il governo nominerà dei commissari. Il ricorso ai commissari, che hanno poteri e responsabilità maggiori rispetto alle persone e alle istituzioni che intervengono in una normale procedura, è una pratica utilizzata spesso dai governi negli ultimi decenni. Solitamente vengono nominati in caso di emergenza per la ricostruzione di opere in tempi brevi in seguito a calamità naturali o gravi incidenti.
Anche la cosiddetta diversificazione dell’approvvigionamento del gas è considerata un’emergenza: l’Italia infatti usa moltissimo il gas per la produzione di energia (per il 42 per cento nel 2020), importandolo quasi tutto (il 95 per cento nel 2021) e in buona parte, finora, dalla Russia, da cui l’anno scorso è arrivato il 43,3 per cento del gas pari a 29 miliardi di metri cubi. Negli ultimi anni gli altri paesi da cui l’Italia ha acquistato più gas erano stati l’Algeria (il 31 per cento delle importazioni nel 2021), il Qatar (9 per cento), l’Azerbaijan (10 per cento) e la Libia (4 per cento).
Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha detto che gli accordi trovati dal governo con paesi come l’Algeria consentiranno all’Italia di rimpiazzare 2 miliardi di metri cubi importati dalla Russia nel prossimo semestre, 12 entro il 2024. Secondo le stime del ministro, nei prossimi mesi l’approvvigionamento dai rigassificatori, installati grazie ai commissari, aumenterà di 1,5 miliardi di metri cubi, che diventeranno 13 entro il 2025.
Oltre all’importazione attraverso i gasdotti, il gas può arrivare in Italia trasportato da apposite navi metaniere: reso liquido, cioè trasformato in gas naturale liquefatto, in sigla GNL o LNG, occupa un volume circa 600 volte inferiore e una metaniera può trasportarne una quantità molto maggiore.
In Italia ci sono tre rigassificatori, due in mare e uno sulla terraferma. Il più grande è il Terminale GNL Adriatico ed è un impianto offshore: un’isola artificiale che si trova in mare al largo di Porto Viro, in provincia di Rovigo, e ha una capacità di produzione annuale di 8 miliardi di metri cubi di gas. Anche nel mar Tirreno, al largo della costa tra Livorno e Pisa, c’è un rigassificatore offshore: è una nave metaniera che è stata modificata e ancorata in modo permanente al fondale e immette gas in rete dal 2013. Ha una capacità di trattamento annuale di 3,75 miliardi di metri cubi. Il terzo rigassificatore in funzione è invece una struttura onshore, cioè sulla terraferma, e si trova a Panigaglia, in provincia di La Spezia.
Finora l’autorizzazione per installare nuovi rigassificatori poteva essere data soltanto attraverso un decreto ministeriale, mentre con le modifiche approvate lunedì sarà responsabilità di un commissario.
La procedura sarà più veloce: 120 giorni invece che i 200 previsti dal decreto 159 del 2007. Inoltre le stazioni appaltanti, cioè gli enti che possono avviare una gara d’appalto, potranno commissionare i lavori con una procedura chiamata “negoziata”, senza bandi di gara, per realizzare le opere a servizio dei rigassificatori. Non è una novità trascurabile, perché i rigassificatori devono essere collegati ai gasdotti della rete di fornitura di un territorio. Solo in questo modo il gas può essere distribuito nelle case, nelle aziende e impiegato nelle centrali elettriche a gas per la produzione di energia.
Cingolani ha detto che l’obiettivo è attivare un nuovo rigassificatore entro l’inizio del 2023 e un altro entro la fine dello stesso anno. «Per avere tempi così brevi di installazione serve un commissario e una procedura estremamente rapida», ha spiegato il ministro, secondo cui l’Italia sarà indipendente dalle importazioni di gas russo entro la metà del 2024.
I principali luoghi indicati dal ministro per l’installazione di nuovi rigassificatori sono Piombino, in provincia di Livorno, Ravenna e Taranto. In tutti e tre i casi si tratterebbe di rigassificatori su navi ormeggiate in porto: in questo modo si eviteranno tempi e costi di installazione di un gasdotto per collegare la rete di distribuzione alla nave al largo.
Le discussioni sembrano già ben avviate a Piombino.
La conferma della scelta di Piombino è arrivata mercoledì 6 aprile durante l’audizione del ministro Cingolani alla commissione Affari esteri, alla Camera. Cingolani ha detto che la nave sarà ormeggiata all’interno del porto per uno o due anni, il tempo di completare il punto di innesto alla tubazione del gas al largo della costa: «con un po’ di buon senso e anche di buonafede nel disegno del progetto, tutto è stato pensato per avere costi ridotti al minimo ed essere reversibile sulla scala della transizione ecologica, 2030-2032. Poi si vedrà».
Ma la soluzione scelta non è così semplice: in molti a Piombino, a partire dal sindaco Francesco Ferrari, hanno espresso perplessità e timori sui possibili problemi legati alla sicurezza e soprattutto sulle conseguenze per l’attività portuale.
Piombino non è un porto piccolo: nel 2021 ha registrato 2,8 milioni di passeggeri, 12.603 navi, 82mila camion spediti via mare e 4,2 milioni di tonnellate di merce. Prima della pandemia, i turisti erano più di 3,5 milioni all’anno. Il principale problema di avere un rigassificatore fermo in un porto è che le banchine dove è ormeggiato diventano di fatto inutilizzabili per altre attività. Secondo Ferrari, collocare una nave lunga 300 metri nella parte del porto in cui si è insediata un’azienda che sta assumendo lavoratori rischia di compromettere il rilancio della città dopo anni di crisi economica legata al declino delle acciaierie.
A Ravenna, invece, non sembrano esserci particolari opposizioni. Anche le infrastrutture attuali sembrano essere migliori rispetto a Piombino. Daniele Rossi, presidente dell’Autorità portuale di Ravenna, intervistato da Repubblica Bologna, ha spiegato che la struttura è già pronta: «nel porto è presente un terminale marino lungo 340 metri per l’ormeggio di grosse navi rigassificatore. È a circa otto chilometri dalla riva ed è collegato a terra da due tubi che consentono l’immissione diretta nella rete nazionale del gas».
Anche la Regione è molto favorevole: il presidente Stefano Bonaccini ha detto che l’Emilia-Romagna «si candida a essere uno dei due hub nazionali sul tema del gas, per l’arrivo di una delle più grandi navi di GNL e per fare un nuovo rigassificatore in un paese che ha perso qualche anno fa una sfida che invece andava vinta e che ora dobbiamo recuperare».
Anche a Taranto, come a Piombino, c’è qualche problema legato alla sicurezza all’interno del porto per via delle distanze minime da altre attività potenzialmente a rischio.
Giovedì scorso la ministra per gli Affari regionali, Maria Stella Gelmini, aveva annunciato che il governo avrebbe nominato come commissari i presidenti delle Regioni interessate dai progetti, quindi probabilmente Eugenio Giani in Toscana, Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna e Michele Emiliano in Puglia. Lunedì, però, né Cingolani né il presidente del Consiglio Mario Draghi hanno confermato l’annuncio di Gelmini.