In Armenia sono state arrestate 180 persone che protestavano contro il primo ministro Nikol Pashinyan
Lunedì, a Yerevan, la capitale dell’Armenia, la polizia ha arrestato 180 persone che protestavano contro il primo ministro Nikol Pashinyan bloccando le strade della città con accampamenti e barricate. Le proteste vanno avanti da giorni e riguardano l’accordo di pace che Pashinyan ha detto di voler firmare con l’Azerbaijan per porre fine al duraturo conflitto per il controllo del Nagorno-Karabakh: è un territorio separatista che si trova in Azerbaijan, ma popolato soprattutto da armeni e controllato dall’Armenia dall’inizio degli anni Novanta.
Il conflitto, di fatto, si era concluso nel 2020 con la sconfitta dell’Armenia. Dopo una guerra di sei settimane, i due paesi avevano concordato una tregua, mediata dalla Russia, che costringeva l’Armenia a concessioni territoriali durissime. In sostanza la tregua prevedeva di lasciare momentaneamente il Nagorno-Karabakh sotto il controllo della Russia e di cedere tutto il resto delle aree occupate all’Azerbaijan: già allora c’erano state grandi proteste contro Pashinyan, che è primo ministro dal 2018.
Le proteste erano ricominciate a metà aprile di quest’anno, quando Pashinyan aveva detto in parlamento di voler formalizzare un reale accordo di pace con l’Azerbaijan. Non è chiaro quali sarebbero i termini dell’accordo, ma Pashinyan aveva lasciato intendere che si sarebbero concentrati più che altro sui diritti degli armeni che vivevano nel Nagorno-Karabakh e non più sullo status del territorio (che quindi resterebbe fuori dal controllo armeno). Pashinyan, che aveva già annunciato l’inizio di negoziati col governo azero a inizio aprile, aveva detto che «non c’erano alternative» a un accordo.
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