C’è un grande progetto per gli orfani dei femminicidi
Iniziato in tutte le regioni d'Italia da poco, diviso in quattro grandi aree per la durata di 4 anni, e considerato uno dei più ambiziosi finora
di Alessandra Pellegrini De Luca
In varie regioni del Nord Italia, ad aprile, è stato presentato Orphan of Femicide Invisible Victim (Orfani di Femminicidio Vittime Invisibili), un progetto da 1 milione e 750mila euro dedicato al sostegno psicologico, educativo, economico e giuridico dei minori orfani di femminicidi, figli cioè di donne uccise da coniugi o partner o ex. Il progetto riguarda 5 regioni – Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino-Alto Adige, e Veneto – ed è l’ultimo di una serie di progetti contenuti in un’ampia iniziativa di scala nazionale, che nel suo complesso è considerata una delle iniziative più ambiziose di sostegno agli orfani dei femminicidi finora in Italia.
L’iniziativa generale – di cui Orphan of Femicide Invisible Victim fa parte – si chiama “A braccia aperte” ed è stata promossa da Con i bambini, l’organizzazione che gestisce il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Il fondo è nato nel 2016 da un protocollo d’intesa tra il governo, alcune associazioni del terzo settore e Acri, associazione di fondazioni non profit di origine bancaria. Il fondo viene alimentato annualmente con versamenti delle fondazioni, alle quali è riconosciuto un credito d’imposta (cioè uno sconto fiscale), e ha un valore complessivo di 600 milioni di euro: tramite bandi, questo fondo ha già finanziato oltre 400 progetti sulla povertà educativa, scelti volta per volta da un comitato composto da rappresentanti del governo, delle stesse fondazioni, di varie organizzazioni del terzo settore e da enti pubblici e di ricerca.
In questo caso il bando prevedeva 10 milioni di euro per finanziare progetti di sostegno agli orfani dei femminicidi da 0 a 21 anni e alle loro famiglie affidatarie, per un arco di tempo di 4 anni su tutto il territorio italiano: è un obiettivo ambizioso, e il reale impatto di questo progetto si vedrà con tutta probabilità man mano che andrà avanti. Anche perché in Italia gli orfani di femminicidi sono ancora una questione molto sottovalutata, non esistono protocolli di intervento comuni e omogenei su tutto il territorio, e anche le stime su quanti siano gli orfani sono ancora molto parziali e incomplete. Il bando è nato in parte anche per colmare queste lacune.
Sono stati selezionati 4 progetti, concepiti come “cordate”, spiega Simona Rotondi, vice coordinatrice dei bandi e delle iniziative di Con i bambini, in grado di coprire tutto il territorio nazionale e tutte e 20 le regioni: «In Italia quest’iniziativa non ha precedenti per estensione», dice Rotondi.
I quattro progetti sono iniziati tra agosto e dicembre del 2021. Ognuno è condotto da un’organizzazione capofila e composto da vari partner locali, per un totale di 90 soggetti in tutta Italia. Il progetto Orphan of Femicide Invisibile Victim, l’ultimo a essere partito, è quello relativo alle regioni del nord-est: è guidato dalla Cooperativa sociale Iside, con sede a Venezia, durerà 4 anni (come gli altri tre) e coinvolgerà 19 partner tra associazioni, servizi sociali, centri antiviolenza, università ed enti pubblici.
Concretamente, i quattro progetti hanno due obiettivi principali, da raggiungere attraverso strategie comuni che sono state pianificate nel corso di diversi incontri avvenuti durante quattro mesi, dopo la chiusura del bando.
Il primo è individuare e intercettare gli orfani dei femminicidi presenti sul territorio grazie alla rete di partner locali dei quattro progetti: «antenne», dice Rotondi, in grado di raccogliere bisogni e necessità. Non si sa, al momento, quanti siano di preciso in Italia gli orfani dei femminicidi, che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza definisce «il volto nascosto della violenza di genere». L’associazione Con i bambini stima che siano circa 2mila, ma sono dati parziali e considerati incompleti: «Uno dei nostri obiettivi è anche creare una specie di osservatorio nazionale», dice Rotondi.
L’emersione del fenomeno, per così dire, sarà anche quella che permetterà di dare una dimensione ai fondi previsti, e di capire se sono o meno sufficienti a far fronte al problema, soprattutto tenendo conto del secondo e ambizioso obiettivo del progetto, cioè l’attuazione di una serie di programmi e azioni per sostenere gli orfani: percorsi con psicologi e neuropsichiatri infantili, ma anche iniziative per il diritto all’educazione. Tra queste ci sono sia borse di studio che attività di sostegno nelle fasi di transizione tra cicli scolastici, come sessioni individuali in cui confrontarsi per la scelta del liceo a cui iscriversi, e programmi per l’inserimento nel mondo del lavoro, per esempio con tirocini.
Si prevedono anche percorsi di assistenza legale e giuridica: Elena Biaggioni, avvocata dalla rete dei centri antiviolenza D.i.Re, coinvolta nel progetto, spiega che «oltre al trauma psicologico – spesso questi bambini hanno assistito all’uccisione della propria madre – gli orfani di femminicidi si trovano a dover gestire situazioni concretamente molto complicate come questioni di successione, o di debiti o di mutui».
I progetti prevedono anche iniziative ricreative, come l’accesso agevolato a soggiorni e campi estivi, e percorsi personalizzati per scoprire e coltivare le proprie inclinazioni individuali «consigliando l’iscrizione a corsi sportivi o di teatro, per fare qualche esempio concreto: l’idea è che siano il più possibile percorsi personalizzati, man mano che vanno avanti», spiega Rotondi.
Tra le azioni previste dai quattro progetti ci sono anche percorsi di sostegno alle famiglie – con assistenza domiciliare, assistenza giuridico-legale e percorsi psicoterapici – e in alcuni casi iniziative di sensibilizzazione: il progetto Orphan of Femicide, per esempio, prevede anche alcuni percorsi di formazione per giornalisti e addetti alla comunicazione sul racconto dei crimini domestici e delle vicende degli orfani.
Nel complesso, diversi esperti del settore ascoltati dal Post descrivono la serie di progetti appena iniziati anche come un modo per creare una comunità e una rete di risorse attorno agli orfani di femminicidi, rete percepita come ancora molto mancante.
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I quattro progetti finanziati da Con i bambini attuano e in parte integrano misure previste dai pochi provvedimenti esistenti sulla tutela e il sostegno degli orfani di femminicidio in Italia: tra questi il più importante è forse la Legge 4 del 2018, che tutela i figli non economicamente autosufficienti di vittime di femminicidio.
Tra le altre cose, la legge prevede il diritto alla provvisionale – cioè un anticipo sul risarcimento definitivo dovuto alla persona offesa, in questo caso pari ad almeno il 50 per cento del danno totale – ma anche l’accesso a un Fondo che finanzia percorsi di formazione e di inserimento lavorativo. Oppure la legge prevede che nei confronti del famigliare per il quale è chiesto il rinvio a giudizio per omicidio venga sospeso il diritto alla pensione di reversibilità (quella che ricevono i familiari superstiti di un parente deceduto), che per un certo periodo di tempo verrà percepita dai figli della vittima.
Secondo Rotondi, sono tutele fondamentali ma largamente insufficienti rispetto ai bisogni complessivi degli orfani di femminicidi. Oltre al fatto che le procedure per accedere a queste tutele sono spesso complicate, richiedono molta documentazione e le famiglie o chi tutela i minori possono aver bisogno di assistenza.
Prima della Legge 4 c’era stato anche il progetto europeo Switch Off, promosso nel 2015 dalla rete D.i.Re, e dalle Università di Napoli, di Cipro e dall’Università Mykolas Romeris, in Lituania, col sostegno dell’Unione Europea: serviva a fare una primissima riflessione su chi erano gli orfani di femminicidi e quali erano le loro condizioni: «Fu praticamente la prima volta in cui se ne parlò, ma c’è ancora moltissimo lavoro da fare», dice Biaggioni della rete D.i.Re.
Francesca Garisto, avvocata penalista del CADMI – la Casa delle Donne Maltrattate di Milano, il primo centro antiviolenza in Italia, e uno dei partner del progetto Orphan of Femicide – è mamma affidataria di una ragazza orfana di femminicidio: parlando del progetto, ha detto che in Italia «manca ancora tutto» per poter gestire nel modo giusto tutte le difficoltà degli orfani di femminicidio e delle famiglie che li accolgono. «Ci sono difficoltà enormi, legate non solo all’accogliere ma anche al sapersi relazionare con un minore gravemente traumatizzato».
Garisto, la cui figlia adottiva è oggi una donna adulta, descrive la sua esperienza come difficile ma anche «grandiosa» dal punto di vista umano, anche grazie al sostegno ricevuto dai professionisti che ha avuto intorno nei momenti più difficili del suo percorso: «Molte di queste difficoltà non sono affrontabili da soli, senza un sostegno adeguato, sia per gli orfani che per chi se ne prende cura: credo che sia un progetto fondamentale».