Il famoso sabotaggio di una promessa dello sport americano
Sei anni fa Laremy Tunsil perse contratti milionari perché qualcuno gli rubò un video dal telefono: ora ci ha fatto un NFT
Nel football americano, come in tutti gli altri principali campionati sportivi del Nord America, il draft è uno dei momenti più importanti. A stagione appena finita, o non ancora iniziata, le squadre scelgono in un ordine prestabilito i migliori giocatori provenienti dai campionati scolastici, e quelle che fanno le selezioni migliori possono rafforzarsi al punto da cambiare i propri destini.
Nella National Football League (NFL) vengono selezionati ogni anno oltre 250 giocatori da tutto il paese, motivo per cui il draft si svolge nell’arco di tre giorni. Alcune edizioni vengono ricordate più di altre, per le aspettative sui giocatori o per qualche avvenimento particolare, come accadde sei anni fa con uno dei sabotaggi più eclatanti visti di recente nel mondo dello sport.
Laremy Tunsil, allora ventiduenne, avrebbe dovuto essere una delle prime scelte, se non la prima in assoluto: un privilegio che spetta ai giocatori ritenuti dei potenziali campioni. Tunsil aveva scelto di passare nel professionismo saltando l’ultimo anno all’Università del Mississippi, dove era stato costantemente uno dei migliori offensive tackle del football universitario.
Nei giorni del draft i giocatori non sanno né quando verranno chiamati né da chi, fino a quando il commissioner (il capo) del campionato pronuncia i loro nomi dal palco dell’evento, ampiamente seguito dalle televisioni nazionali. Tunsil si presentò all’Auditorium Theatre di Chicago — che quell’anno ospitava l’evento — abbastanza certo di salire sul palco fra i primi. Dieci minuti prima che il draft cominciasse, però, qualcuno violò il suo telefono e pubblicò tramite il suo profilo Twitter un vecchio video in cui si era ripreso a fumare marijuana con un bong attaccato a una maschera antigas.
LAREMY TUNSIL SMOKING OFF A GAS MASK pic.twitter.com/3hnGA9tK3r
— K (@ImNotLit) April 28, 2016
Il video risaliva a due anni prima e Tunsil non aveva mai avuto problemi con l’antidoping. Eppure quel video, pubblicato in quel momento, convinse molte squadre ritenute interessate a non selezionarlo. Senza che potesse fare niente, Tunsil rimase seduto per oltre un’ora all’Auditorium Theatre di Chicago, tra familiari e amici, vedendo passare davanti a sé dodici giocatori. Da prima o seconda scelta in assoluto, finì per essere chiamato alla tredicesima dai Miami Dolphins, una squadra in declino che non partecipava ai playoff da sedici anni. Non solo, da prima scelta Tunsil avrebbe potuto ottenere un bonus di almeno 20 milioni di dollari, cifra che in quell’ora di attesa calò fino a dimezzarsi. Il giocatore rimane tuttora associato a quel video, e c’è chi crede continui a penalizzarlo nella pur ottima carriera che sta avendo.
Il video della maschera antigas non fu la sola cosa che riemerse quel giorno. Dal suo profilo Instagram venne pubblicato anche lo screenshot di una conversazione avuta un anno prima con un membro dello staff di Ole Miss, la squadra di football dell’Università del Mississippi. Nella conversazione, Tunsil chiedeva dei soldi per pagare l’affitto. Una volta chiamato da Miami e salito sul palco del draft, si limitò ad ammettere gli errori fatti in passato. Nella successiva conferenza stampa, in evidente difficoltà, ammise di aver ricevuto soldi dalla sua ex squadra universitaria. Subito dopo fu portato via da una funzionaria della lega.
All’epoca i giocatori universitari non ricevevano compensi né dagli istituti né dagli sponsor, in quanto non considerati professionisti. Le università concedevano soltanto borse di studio e piccoli rimborsi spesa (soltanto da poco gli atleti possono guadagnare qualcosa tramite l’uso commerciale della propria immagine).
La vicenda fu uno scandalo per lo sport universitario americano, e fece venire a galla ancora una volta i problemi e le contraddizioni di quel mondo. Era risaputo infatti che i giocatori come Tunsil venivano pagati in nero per scegliere un’università al posto di un’altra, e talvolta ricevevano compensi anche durante le stagioni: bastava farlo in modo da non essere scoperti.
Il caso di Tunsil però non ebbe conseguenze. Nessuno, né il giocatore, né Ole Miss né i Miami Dolphins presentarono denuncia per la violazione. Tunsil volle dimenticare in fretta la vicenda per iniziare la sua carriera professionistica, che continua tuttora a Houston. L’Università del Mississippi fu inizialmente sospettata come responsabile della violazione, e fu accusata anche di pagare sistematicamente i migliori giocatori reclutati: in quegli anni, infatti, la sua squadra si era rafforzata talmente tanto da diventare una delle più quotate nella sua regione, in controtendenza con una storia fatta perlopiù di risultati mediocri.
Fu sospettato anche il patrigno di Tunsil, con il quale era in corso una causa per violenze reciproche. L’anno precedente, inoltre, il patrigno aveva rivelato che Tunsil aveva ricevuto pagamenti in nero dal suo agente sportivo, cosa che gli era costata una squalifica dal campionato. Successivamente, i sospetti per la pubblicazione del video e della conversazione privata si concentrarono proprio sull’ex agente sportivo, l’unico che aveva accesso ai profili online di Tunsil. Ma anche in quel caso non ci furono conseguenze.
A sei anni di distanza, Tunsil non sembra ancora intenzionato a scoprire o a far sapere chi sia stato. Il giocatore ha scritto mercoledì su Twitter: «Da sei anni mi chiedono di quel momento. In tutto questo tempo ho cercato di dimostrare qualcosa in campo, più che parlare. Lo scorso anno ho discusso della vicenda per la prima volta e ora, il giorno prima del draft, sto ufficialmente voltando pagina per lasciare quel momento nel passato». Tunsil ha annunciato di voler creare e mettere all’asta un Non-Fungible Token (NFT) del video della maschera antigas, con una parte del ricavato che andrà a beneficio delle persone condannate per reati legati all’uso o al possesso di cannabis.
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