Che differenza c’è tra le armi “difensive” e quelle “offensive”
Se ne sta parlando nella maggioranza di governo perché il M5S è contrario all'invio in Ucraina di armi pesanti
Negli ultimi giorni all’interno della maggioranza è nata una discussione relativa all’intenzione del governo di mandare nuove armi pesanti all’Ucraina, ipotesi su cui Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, si è detto fortemente contrario. Il governo aveva già deciso l’invio di armi attraverso due decreti interministeriali (che non prevedono quindi un passaggio parlamentare), ma ora sta valutando di inviare l’artiglieria pesante, un tipo di armamento che potrebbe essere assai utile agli ucraini nella guerra per il controllo del Donbass. Conte ha sostenuto che l’Italia non dovrebbe mandare armi che «possano travalicare il diritto di legittima difesa», ossia armi offensive, e ha chiesto al presidente del Consiglio Mario Draghi di riferire in Parlamento sulla questione.
Anche il leader della Lega, Matteo Salvini, ha mantenuto una posizione non lontana da quella del Movimento, dicendo che più che di armi bisognerebbe «ragionare di pace». Rispetto all’invio di armi offensive, ha detto: «È complicato, mica c’è il missile difensivo e il missile offensivo? Si entra nella soggettività». In realtà una differenza oggettiva c’è, pur non immediata da comprendere dal momento che spesso le armi difensive possono essere anche letali e usate per attaccare.
Semplificando, le armi difensive sono quelle impiegate da un paese solo per difendersi da un attacco nemico, mentre quelle offensive possono essere usate anche nella fase di attacco, per esempio per sostenere e portare avanti un’invasione militare.
È una distinzione che si comprende meglio con un esempio concreto, un’arma che l’esercito ucraino ha in dotazione e che si è rivelata estremamente utile per contrastare l’invasione russa: il missile anticarro Javelin. È un’arma maneggevole e portatile, di produzione statunitense, con un sistema di guida automatica a infrarossi e una gittata di due chilometri. Armi come questa sono molto efficaci, contribuiscono a rallentare l’avanzata nemica e sono in grado di perforare e distruggere un carro armato.
Sono quindi anche in grado di uccidere, ma questo non le rende armi “offensive”, perché se per esempio l’Ucraina decidesse di invadere a sua volta la Russia servirebbero poco: hanno una gittata relativamente ridotta e sono utili soltanto contro i mezzi blindati, non per un’offensiva su larga scala, poiché non sono in grado di causare grandi esplosioni né di provocare molti morti con un solo lancio.
Al contrario, le armi più pesanti e con una gittata superiore possono essere considerate offensive. Si trovano alcuni esempi nell’artiglieria che l’Ucraina ha in dotazione: i cannoni (più precisamente obici) di produzione sovietica D-20 da 152 millimetri, o il cingolato 2S1 Gvozdika, che monta un obice da 122 millimetri. Entrambi questi pezzi di artiglieria pesante hanno una gittata compresa tra i 15 e i 25 chilometri. Anche tra le armi che l’esercito italiano ha intenzione di inviare all’Ucraina ce n’è una simile, l’obice da 155 millimetri FH-70, insieme a mezzi blindati come l’Iveco LMV e alcuni missili antinave.
La questione delle armi difensive peraltro era emersa già nel 2015, sempre nell’ambito della crisi ucraina.
All’epoca era iniziata da poco meno di un anno la guerra nel Donbass, e l’Ucraina aveva chiesto agli Stati Uniti sistemi difensivi letali, provocando un dibattito sul concetto stesso di “armi difensive”. In un articolo di BBC del 5 febbraio 2015, si spiegava che possono essere considerate offensive tutti quei mezzi in grado di «invertire le sorti di una guerra»: jet da combattimento, artiglieria pesante o truppe di terra, per esempio. Al contrario, missili anticarro o mezzi leggeri non possono essere considerati offensivi.
Nelle prime fasi della guerra gli Stati Uniti e i paesi europei hanno inviato all’Ucraina prevalentemente armi difensive: Javelin, sistemi di difesa antiaerea portatili (MANPAD) e Switchblade, un particolare tipo di “drone kamikaze”, piccoli missili portatili a forma di aereo il cui obiettivo può essere scelto anche dopo il lancio, attraverso un tablet. Gli Switchblade non sono anticarro, ma danneggiano efficacemente le basi di artiglieria nemiche.
In queste ultime settimane, da quando l’esercito russo si è ritirato dal nord e una sua eventuale vittoria in Ucraina è cominciata a sembrare meno certa, sia gli Stati Uniti che diversi paesi europei hanno cominciato a fornire anche armi più pesanti e offensive, tra cui per esempio gli obici americani M777 da 155 millimetri che possono arrivare fino a 40 chilometri di gittata, a seconda delle munizioni impiegate.
L’argomento di chi è contrario all’invio di questo genere di armi è che potrebbero causare un’escalation e in ultima istanza un allargamento del conflitto anche negli altri paesi europei, allontanando l’ipotesi di una pace tra le parti. Il tipo di sostegno militare che si fornisce non è infatti una questione di poco conto durante una guerra: fin dalle prime fasi dell’invasione, il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che l’utilizzo o l’invio di jet militari – tra le armi offensive più efficaci e distruttive che ci siano – da parte di un paese terzo all’Ucraina sarebbe stata considerata una minaccia diretta alla Russia e un coinvolgimento diretto di quel paese.
Chi invece è a favore dell’invio di armi più pesanti sostiene che senza strumenti adeguati la guerra si trascinerà per molto tempo ancora, e ritiene improbabile che l’Ucraina possa ottenere condizioni soddisfacenti in un eventuale negoziato se non respinge l’avanzata russa nel Donbass, cosa che non può avvenire solamente con armi difensive.