L’Indonesia vieterà le esportazioni di olio di palma

È un problema per i moltissimi paesi che lo usano per la produzione di alimenti industriali, ma anche di cosmetici e biocarburanti

(EPA/ Dedi Sinuhaji via ANSA)
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Venerdì il presidente indonesiano Joko Widodo ha annunciato il divieto di esportazione dell’olio di palma prodotto in Indonesia per assicurare la disponibilità di alimenti e olio per cucinare nel paese, a fronte della scarsità di materie prime già in corso da alcuni mesi e aggravata dalle conseguenze della guerra in Ucraina. L’olio di palma è un grasso vegetale estremamente versatile ed economico, usatissimo nel settore alimentare e in quello cosmetico. L’Indonesia ne è il principale produttore: l’annuncio del divieto di esportazione ha già cominciato a far aumentare il costo degli altri oli vegetali e si stima che potrà avere grosse conseguenze sul prezzo di molti alimenti in vari paesi del mondo.

Già all’inizio dell’anno l’Indonesia, un paese di circa 275 milioni di abitanti, aveva limitato le esportazioni e aveva messo un tetto alla vendita di olio di palma ai residenti per via della carenza di olio da cucinare. L’invasione della Russia, poi, ha compromesso la coltivazione di girasoli e la produzione di olio di semi di girasole in Ucraina, il paese che ne esportava di più in tutto il mondo, provocando un aumento della richiesta e dei costi di altri tipi di oli vegetali, come quello di semi di soia. In questi mesi il prezzo dell’olio di palma crudo in Indonesia è aumentato fino al 40 per cento, aggravando ulteriormente il problema dell’inflazione.

Nel suo annuncio, Widodo ha detto che il divieto serve per assicurare la disponibilità di prodotti alimentari nel paese e per fare in modo che le scorte di olio per cucinare sul mercato interno siano «abbondanti e accessibili» per tutti. Il divieto entrerà in vigore giovedì 28 aprile e al momento non si sa per quanto tempo durerà.

Molti paesi dipendono dall’Indonesia per le proprie scorte di olio di palma, un grasso usato sia per friggere che per la preparazione di dolci a livello industriale, ma anche per la produzione di biocarburanti e per ottenere shampoo, saponi e detergenti, visto che facilita la produzione della schiuma. Circa il 60 per cento di tutto l’olio di palma esportato a livello mondiale proviene dall’Indonesia, e il principale produttore indonesiano produce un terzo di tutto l’olio vegetale esportato nel mondo. L’80 per cento dell’olio di palma impiegato in Pakistan e Bangladesh proviene dall’Indonesia, che fornisce anche la metà di tutto quello utilizzato in India.

Per queste ragioni vari economisti e analisti ritengono che il divieto di esportarlo provocherà un forte aumento dei costi degli altri oli vegetali e avrà grosse ripercussioni in molte parti del mondo, a partire dai paesi che sono già a rischio di subire una grave crisi alimentare per via della scarsità dei raccolti e della crescita dei prezzi di grano e fertilizzanti come conseguenza della guerra in Ucraina. Secondo Rasheed JanMohd, responsabile dell’associazione delle aziende pakistane che lavorano oli a scopo alimentare (PEORA), «tutti i paesi ne risentiranno».

Come ha spiegato ad Al Jazeera Trinh Nguyen, economista della banca d’affari Natixis ed esperta di sudest asiatico, il divieto avrà un grosso impatto anche sulla Malesia, che è il secondo paese produttore di olio di palma dopo l’Indonesia.

Negli ultimi tempi la Malesia stava già facendo i conti con la scarsità di manodopera dovuta alle restrizioni imposte per la pandemia da coronavirus, che hanno impedito a molti migranti che solitamente lavoravano nelle piantagioni di arrivare nel paese. Secondo Nguyen adesso i produttori malesiani potranno esportare i propri prodotti a prezzi più alti, ma difficilmente riusciranno a soddisfare la grande richiesta con così poche risorse.

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