La spesa militare globale ha raggiunto il suo massimo dal 1949
La crescita era già iniziata nel 2015, anche a causa dell'invasione russa della Crimea: nel 2021 ha superato i 2mila miliardi di dollari
Secondo un rapporto diffuso lunedì dal centro di ricerca Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), tra i più autorevoli e rispettati al mondo riguardo alla misurazione di commerci di armi e spese militari, nel 2021 la spesa militare complessiva di tutti i paesi del mondo ha superato la soglia dei 2mila miliardi di dollari annui, per la prima volta dal 1949 (cioè da quanto l’istituto ha iniziato a misurare questo dato). Secondo gli autori del rapporto, la guerra in Ucraina accelererà ulteriormente l’aumento di queste spese, soprattutto per gli investimenti che verranno fatti per sviluppare nuove tecnologie militari.
Rispetto al 2020, nel 2021 la spesa militare globale è cresciuta dello 0,7 per cento, raggiungendo così i 2.113 miliardi di dollari (quasi 2mila miliardi di euro), equivalenti al 2,2 per cento del PIL globale.
Secondo il rapporto, i cinque paesi con le spese militari più alte nel 2021 sono stati Stati Uniti, Cina, Russia, India e Regno Unito: messe insieme, le loro spese militari ammontano al 62 per cento di quelle globali. Gli Stati Uniti sono il paese con la spesa più alta: 801 miliardi di dollari (circa 749 miliardi di euro) nel 2021, equivalenti al 3,5 per cento del PIL (in Italia siamo all’1,41 per cento, meno della metà) e al 38 per cento della spesa militare globale. Sull’aumento della spesa del 2021 ha avuto un peso notevole lo sviluppo di nuove tecnologie nucleari.
Al secondo posto, con l’equivalente di oltre 274 miliardi di euro, c’è stata la Cina, che rispetto al 2020 ha aumentato le proprie spese militari del 4,7 per cento: sono 27 anni, comunque, che la Cina sta aumentando le proprie spese militari, e da questo dipende anche l’aumento di quelle di altri paesi della regione del Pacifico, soprattutto l’Australia, che si sentono minacciati dalla sua presenza e intendono contrastarne l’espansione. Anche la Russia ha aumentato la propria spesa militare nel 2021, anno in cui ha preparato la propria invasione dell’Ucraina.
Complessivamente il rapporto del SIPRI conferma un trend di crescita ricominciato nel 2015 dopo una flessione durata qualche anno, e che ha diverse cause: in Europa è legato soprattutto all’invasione e annessione russa della Crimea nel 2014, che ha contribuito a rendere più forte la percezione della presenza di minacce da cui difendersi. I fatti in Crimea hanno inoltre spinto più paesi membri della NATO (da 2 che erano nel 2014 a 8 nel 2021) a portare le proprie spese militari al 2 per cento del PIL, come peraltro previsto dagli impegni con l’alleanza.
Uno degli aspetti più interessanti del dato descritto dal SIPRI, comunque, è che è considerato in crescita: Lucie Béraud-Sudreau, tra gli autori del rapporto, ha detto a Bloomberg che su questo peserà particolarmente la guerra in Ucraina, che porterà l’aumento della spesa militare globale a «intensificarsi e ad accelerare», contrariamente alla gradualità che normalmente contraddistingue cambiamenti di questo tipo. Dopo l’invasione iniziata lo scorso febbraio altri paesi membri della NATO si sono infatti detti pronti ad aumentare le proprie spese militari fino al 2 per cento del PIL, Italia compresa.
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Il rapporto del SIPRI permette anche di farsi un’idea di come potrebbe essere fatto, concretamente, l’aumento di queste spese militari. Negli Stati Uniti come in diversi paesi europei sembra che la priorità sia continuare a modernizzare i propri eserciti e investire nello sviluppo di nuove tecnologie, più che semplicemente acquistare armi esistenti da altri paesi e aumentare numericamente il proprio arsenale.
Béraud-Sudreau ha detto a Bloomberg che anche da questo punto di vista la guerra in Ucraina avrà un peso: tra le altre cose, le difficoltà avute dall’esercito russo hanno mostrato quanto sia fondamentale avere mezzi moderni e di alta qualità, linee di comunicazione sicure e criptate e un’organizzazione logistica efficiente.
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