Una vittoria senza trionfo per Macron
A causa di un ottimo risultato dell'estrema destra, dell'alto tasso di astensione e della possibilità che arrivino tempi non semplici, come lo stesso presidente rieletto ha ammesso
Il presidente uscente Emmanuel Macron ha ottenuto un secondo mandato con il 58,5 per cento dei voti contro il 41,5 per cento di Marine Le Pen. Macron è diventato anche il primo presidente francese a essere rieletto negli ultimi 20 anni (l’ultima volta accadde con Jacques Chirac, nel 2002). Osservatori e giornalisti francesi hanno però parlato di una vittoria «senza trionfo» e «senza gloria», segnata dallo storico risultato dell’estrema destra, da un alto tasso di astensione e dalla possibilità che arrivino tempi non semplici: dal punto di vista sociale, economico e anche politico, come lo stesso Macron ha riconosciuto nel suo discorso di domenica sera alla Tour Eiffel, dopo la conferma della sua vittoria: «Gli anni a venire, di sicuro, non saranno tranquilli».
Nel 2017, per il suo discorso della vittoria, Macron aveva raggiunto da solo il Louvre in mezzo a una folla trionfante. Stavolta al Champ-de-Mars, vicino alla Tour Eiffel, il presidente appena eletto era circondato da bambini e accompagnato dalla moglie. Nessuna folla esultante intorno a lui: le persone presenti erano soprattutto molto sollevate, scrive Le Monde.
Dopo aver condotto una campagna senza entusiasmo, iniziata di fatto solo dopo il primo turno, ci sono diverse questioni di cui il nuovo presidente dovrà tenere conto.
Marine Le Pen, innanzitutto, non ha perso prendendo la metà dei voti di Macron come nel 2017 (quando il risultato fu 66,1 contro 33,9). La candidata dell’estrema destra, riconoscendo la propria sconfitta, ha comunque parlato di una «storica vittoria» per la sua area politica: «Le idee che rappresentiamo stanno raggiungendo nuove vette», ha detto, aggiungendo che il risultato mostra una «grande sfiducia» del popolo francese nei confronti di Macron, sfiducia che il nuovo presidente «non può ignorare».
L’altro fatto significativo di queste presidenziali è l’astensione che, dicono gli osservatori, potrebbe essere il sintomo di una fragilità democratica molto preoccupante. Il tasso di astensione è stato del 28 per cento, pari cioè a tredici milioni e seicentomila elettori: non era mai stato così alto al secondo turno di un’elezione presidenziale francese, ad eccezione del 1969, quando gli elettori di sinistra si rifiutarono in massa, su invito di Jacques Duclos, candidato comunista eliminato al primo turno, di scegliere tra Georges Pompidou e Alain Poher.
Domenica sera, al Champ-de-Mars, dove si erano radunate diverse migliaia di persone, Macron ha dimostrato di essere consapevole delle condizioni della sua rielezione. Ha parlato esplicitamente degli astenuti («Il loro silenzio ha significato il rifiuto di fare una scelta a cui anche noi dovremo rispondere») e si è subito rivolto anche a coloro che lo hanno votato non per un sostegno diretto, ma solo per opposizione all’avanzata dell’estrema destra: «Voglio ringraziarli. Questo voto mi obbliga per gli anni a venire». E ancora: «Sono il custode del loro senso del dovere, del loro attaccamento alla Repubblica e del rispetto per le differenze che si sono manifestate in queste settimane».
Macron dovrà preoccuparsi anzitutto di quello che è successo a sinistra. Secondo una prima analisi dei flussi elettorali condotta da Ipsos, il 42 per cento di chi al primo turno aveva votato per Jean-Luc Mélenchon (sinistra radicale) al secondo ha dato la propria preferenza al presidente uscente; il 17 per cento ha invece votato per Marine Le Pen, mentre il 41 per cento scheda bianca o si è astenuto.
Il risultato di queste presidenziali è dunque quello di un paese diviso in tre, se si tiene conto del risultato del primo turno: un blocco di centrodestra (quello di Macron, che ha assimilato i vecchi partiti di governo), affiancato da due poli all’estrema destra e all’estrema sinistra. Macron ha vinto soprattutto grazie alla «maturità politica dei francesi, che hanno saputo, a volte tappandosi il naso, mobilitarsi per rifiutare le chimere del populismo di estrema destra», scrive Libération. Ma il 41,2 per cento dell’estrema destra e il 22 per cento ottenuto al primo turno dall’estrema sinistra mostrano anche le difficoltà che Emmanuel Macron dovrà affrontare.
Macron vorrà infatti realizzare un progetto che vuole essere insieme «umanista», «repubblicano», «sociale», «ecologico», «basato sul lavoro» e che mira a promuovere «l’indipendenza» della Francia promuovendo l’Europa, ma non sarà semplice. Dovrà trovare anche il modo di rivolgersi ai dipartimenti d’oltremare, che in alcuni casi hanno dato a Marine Le Pen più del 60 per cento dei voti.
Gli osservatori scrivono che a Macron non sarà concesso alcun tempo di grazia, da oggi in poi, e che l’opposizione nei suoi confronti comincerà da subito. Domenica sera ci sono già state manifestazioni di protesta in diverse città francesi in cui lo slogan principale era, appunto, «Macron vattene».
Durante la sua campagna elettorale, Macron aveva detto di voler cambiare metodo, di voler coinvolgere di più le persone e i cosiddetti corpi intermedi, come i sindacati, nelle proprie future decisioni avviando un grande «dibattito permanente».
Nel merito, e sempre durante la campagna elettorale, il presidente aveva nominato diversi «progetti prioritari»: una serie di misure per sostenere il potere d’acquisto dei francesi, che è stato uno dei grandi temi di questa campagna presidenziale, la riforma delle pensioni, che è una delle misure principali del suo programma ma anche una delle più controverse. Ha poi promesso di varare le riforme del sistema sanitario, della giustizia e della scuola (aumentando «in modo significativo» gli stipendi degli insegnanti). Sarà però centrale capire come Macron, eletto dalla fascia più anziana della popolazione, inserirà nelle proprie priorità i giovani e le loro istanze sociali e ambientaliste.
Come andrà il suo prossimo mandato dipenderà molto da come andranno le elezioni legislative che si terranno su doppio turno il 12 e il 19 giugno. In Francia il presidente della Repubblica ha molti poteri, ma per sfruttarli appieno ha bisogno di una maggioranza all’Assemblea Nazionale, il parlamento. Il presidente, infatti, nomina il primo ministro, e su suo suggerimento i ministri.
In passato è accaduto diverse volte che il presidente della Repubblica e il capo del governo appartenessero a partiti diversi (la cosiddetta “cohabitation”). L’ultima è stata tra il 1997 e il 2002, quando il presidente era Jacques Chirac, leader del centrodestra, e il primo ministro era Lionel Jospin, capo del Partito Socialista. In questa situazione i poteri del presidente della Repubblica sono molto limitati, al punto, sostengono alcuni esperti, da rendere la Francia una repubblica parlamentare di fatto.
In questi ultimi giorni Jean-Luc Mélenchon ha avviato la propria campagna elettorale chiedendo ai francesi di “eleggerlo” primo ministro votando la coalizione di cui è a capo. Domenica sera, il leader della sinistra radicale francese ha tenuto un breve discorso in cui ha attaccato sia Macron sia Le Pen, rilanciando di nuovo il suo progetto per le legislative: «Il terzo turno inizia stasera», ha detto.
La stessa Le Pen ha annunciato che proseguirà con il suo lavoro: «Più che mai, porterò avanti il mio impegno nei confronti della Francia e dei francesi. Stasera diamo il via alla grande battaglia elettorale per le elezioni legislative». Va poi tenuto conto del fatto che i partiti tradizionali della politica francese, socialisti e repubblicani, sebbene abbiano ottenuto scarsissimi risultati alle presidenziali restano comunque radicati in molte aree della Francia e potrebbero dunque contribuire alla frammentazione dei risultati alle legislative.
Quasi tutte le misure promesse da Macron potranno essere attuate solo se il presidente otterrà anche la maggioranza in Assemblea Nazionale: per farlo, scrivono diversi osservatori francesi, dovrà cercare di sviluppare un proprio progetto e non puntare sull’opposizione a un progetto altrui, cosa che di fatto gli ha garantito la rielezione. I commenti che circolano in queste prime ore sui giornali sono piuttosto unanimi: non sarà semplice.