Il governo della Florida contro Disney World
Il regime fiscale di cui godeva da anni è stato revocato dal Congresso per le critiche di Disney a una legge contro i temi LGBTQIA+ nelle scuole
Il Congresso della Florida ha approvato un provvedimento per revocare il regime fiscale speciale di cui gode il complesso di parchi di divertimento Disney World, che si trova a sud-ovest di Orlando: la decisione è stata largamente vista come una ritorsione per le critiche mosse dall’azienda alla nuova legge statale, che impedisce di affrontare nelle scuole temi legati alla comunità LGBTQIA+. La legge è stata approvata prima dal Senato della Florida mercoledì e poi dalla Camera giovedì, e venerdì è stata infine firmata dal governatore Ron DeSantis: entrerà in vigore il primo giugno del 2023.
La Walt Disney Company è l’azienda privata più influente dello stato e Disney World attira ogni anno decine di milioni di turisti. Negli ultimi mesi la società si era già scontrata con il governo locale, a maggioranza Repubblicana, quando aveva cercato di imporre l’obbligo di vaccinarsi contro il coronavirus per i propri dipendenti, un’iniziativa bloccata dal governatore Ron DeSantis. Adesso perderà, per motivazioni politiche e ideologiche, i privilegi che per 55 anni le avevano consentito di gestire in autonomia l’enorme area occupata dal complesso a sud-ovest di Orlando.
Lo scontro tra Disney e il governo della Florida era cominciato a inizio marzo, durante le discussioni per la proposta di legge chiamata informalmente “Don’t say gay” (“non dire gay”), che tra le altre cose proibisce di parlare di orientamento sessuale e di identità di genere nelle scuole primarie fino alla terza elementare e limita le discussioni sui temi legati alla comunità LGBTQIA+ dalla terza elementare in su. Inizialmente Disney non si era esposta contro la legge ma, dopo aver ricevuto numerose critiche e pressioni dai suoi circa 75mila dipendenti in Florida, si era scusata e aveva sospeso le donazioni che devolve ogni anno ai politici dello stato, di entrambi gli schieramenti politici.
A fine marzo, dopo la firma della legge da parte di DeSantis, Disney aveva diffuso un comunicato in cui diceva che il provvedimento «non avrebbe mai dovuto essere votato» e sosteneva il proprio impegno per «difendere i diritti e la tutela delle persone LGBTQ+ della famiglia Disney», delle comunità in Florida e in tutto il paese. Dal canto loro, i Repubblicani e DeSantis avevano accusato Disney di «essersi approfittata troppo a lungo» dei privilegi concessi dal governo della Florida, di voler «governare lo stato», oltre che di voler portare avanti un programma di ideologia «woke», una parola che definisce l’atteggiamento di chi è particolarmente attento e impegnato contro le ingiustizie sociali, di genere e di etnia. Per questo, il governo locale aveva minacciato di revocare lo status fiscale speciale di Disney World.
– Leggi anche: Disneyland Paris ha trent’anni
I privilegi a cui si fa riferimento sono quelli relativi al Reedy Creek Improvement District, uno tra i moltissimi distretti speciali che esistono in Florida e che possono gestire in maniera autonoma i propri spazi. Il distretto di Reedy Creek fu istituito nel maggio del 1967 per convincere la Walt Disney Company a costruire un parco di divertimento: per oltre cinquant’anni ha garantito a Disney il controllo del territorio, oltre a sconti fiscali e finanziamenti agevolati per lo sviluppo di servizi e infrastrutture che potessero essere usati anche da tutti i residenti e attirare turisti.
Nel 1967, quando fu istituito il distretto, nella zona non c’era molto. Oggi il complesso di Disney World si estende su due contee e include sei parchi di divertimento, oltre a centri sportivi e commerciali e a 18 alberghi con 24mila stanze. In base a un documento reso disponibile da Disney, nel 2021 l’azienda ha pagato più di 780 milioni di dollari (722 milioni di euro) in tasse statali e locali; secondo le stime di alcuni esperti citati dal New York Times, comunque, il regime speciale che verrebbe cancellato con la nuova legge permetteva a Disney di risparmiare milioni di dollari in tasse ogni anno.
Per ora non è molto chiaro cosa comporterà concretamente la cancellazione del regime speciale di Reedy Creek (alcuni esponenti Repubblicani sentiti da CNN hanno detto che studieranno i dettagli nei prossimi mesi). L’abolizione dei privilegi potrebbe tradursi in tasse più alte per i residenti, che dovrebbero farsi carico almeno in parte dei costi di manutenzione delle strade o di servizi come la polizia locale e la raccolta rifiuti dell’area. Disney potrebbe chiedere di ottenere nuovamente un regime speciale, oppure decidere di ridurre gli investimenti destinati all’espansione del parco.
– Leggi anche: Cosa si intende per “woke”