Ci sono voluti 14 anni per finire il primo impianto eolico nel mare italiano
È stato inaugurato a Taranto dopo anni di ritardi dovuti principalmente ai ricorsi presentati dal comune, contrario al progetto
Giovedì mattina a Taranto è stato inaugurato il primo parco eolico realizzato nel mare italiano. Si chiama Beleolico ed è formato da dieci turbine. Ha una potenza complessiva di 30 megawatt ed è in grado di produrre fino a 58 mila megawattora all’anno, pari al fabbisogno annuo di energia elettrica per circa 60mila persone. Secondo le stime dell’azienda che l’ha costruito, l’impianto resterà operativo per almeno 25 anni e consentirà di risparmiare 730mila tonnellate di CO2. I lavori per la posa delle pale eoliche sono iniziati ad agosto 2021 e sono stati relativamente brevi, senza complicazioni rilevanti.
Il problema, piuttosto, è stato il percorso amministrativo necessario per ottenere tutte le autorizzazioni: da quando è stata presentata la prima proposta, nel 2008, ci sono voluti 14 anni.
Il parco eolico è stato costruito nella rada esterna del porto di Taranto, chiamata Mar Grande. Solitamente gli impianti realizzati in mare sono definiti “offshore”, in questo caso è più appropriato chiamarlo “near shore”, perché la distanza dalla costa va da 100 metri fino a due chilometri e mezzo in un’area di 131mila metri quadrati. L’altezza dei pali posizionati in mare è variabile, da 40 a 52 metri. Ogni palo è fatto di acciaio, ha un diametro di 4,5 metri e un peso complessivo di 400 tonnellate.
Le torri, suddivise in quattro segmenti, sono alte 80 metri e i rotori, forniti dall’azienda Ming Yang Wind Power, il più grande produttore cinese di pale eoliche, hanno un diametro di 135 metri. La sottostazione elettrica, cioè il punto in cui l’energia prodotta dal parco eolico viene immessa nella rete di distribuzione gestita da Terna, si trova a circa tre chilometri, sulla terraferma, vicino alla strada statale ionica 106. Il progetto Beleolico è stato realizzato da Renexia, società del gruppo Toto, con un investimento complessivo di 80 milioni di euro.
Il parco eolico inaugurato a Taranto è il primo di questo tipo realizzato nel mare italiano. Negli ultimi anni sono stati presentati altri 40 progetti e di questi almeno 22 hanno già fatto alle capitanerie di porto la domanda di concessione.
Come riportato dal Sole 24 Ore, secondo il censimento di Terna le richieste di collegamento alla rete si concentrano a sud e nel nordest della Sardegna (7.520 megawatt), nel Canale di Sicilia (per la Sicilia 7.329), al largo della Puglia, del Molise e della Basilicata (in tutto 11.568 megawatt), attorno alla Calabria (1.733) e nello stretto di Messina davanti a Reggio Calabria. Marginali le coste di Campania, Lazio e Abruzzo (2mila megawatt), Marche e Toscana (599) e regioni del Nord Italia (900 megawatt).
L’obiettivo del ministero della Transizione ecologica è ambizioso: il piano nazionale energetico (PNIEC) prevede di raggiungere entro il 2030 una capacità produttiva di 114 gigawatt da fonti rinnovabili compresi l’idroelettrico, il fotovoltaico, le centrali a biomasse e quelle geotermiche.
Al momento in Italia sono operativi impianti per 56 gigawatt di potenza complessiva. Per raggiungere gli obiettivi del piano si dovranno realizzare impianti per altri 58 gigawatt di potenza, 6,3 gigawatt all’anno per i prossimi nove anni, un ritmo significativo soprattutto se si considera che il percorso per ottenere le autorizzazioni è spesso lungo, complicato e incerto.
Il caso del parco eolico di Taranto è un chiaro esempio delle difficoltà politiche e burocratiche che devono affrontare le aziende per portare avanti progetti di questo tipo in Italia: oltre alle normali procedure, infatti, solitamente servono diversi anni di attesa per arrivare all’esito di ricorsi presentati da amministrazioni locali, aziende concorrenti o associazioni contrarie ai progetti.
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Dalla presentazione del progetto, nel 2008, fino all’inaugurazione di oggi, il parco eolico Beleolico di Taranto ha dovuto superare diversi ricorsi.
Uno dei primi pareri contrari arrivò dalla Soprintendenza, secondo cui le pale eoliche nella rada del porto di Taranto, una città molto industrializzata per via della presenza dell’Ilva, avrebbero causato «la significativa alterazione del paesaggio, mortificando la visione del mare e dall’orizzonte marino dai complessi monumentali presenti nell’area industriale e dall’insediamento residenziale di Lido Azzurro». Anche la Regione Puglia inizialmente fu contraria al progetto, che ottenne le autorizzazioni definitive il 24 luglio del 2012.
Pochi mesi dopo, il 13 dicembre 2012, nella capitaneria del porto di Taranto ci fu la conferenza dei servizi conclusiva che portò, il 10 gennaio 2013, al rilascio della concessione demaniale marittima, un passaggio essenziale per l’inizio dei lavori. Senza nessun altro ricorso, nel giro di poco tempo Renexia avrebbe potuto avviare il cantiere.
Tuttavia, il 5 aprile del 2013 il Consiglio comunale di Taranto approvò una mozione per esprimere il parere contrario alla costruzione del parco eolico, un provvedimento che diede inizio a una serie di ricorsi al tribunale amministrativo della Puglia (TAR).
Il 9 aprile dello stesso anno arrivò il parere positivo dell’azienda sanitaria, e l’ARPA, l’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, comunicò la compatibilità del progetto. Anche l’autorità di bacino della Puglia diede il via libera, così come Terna, che autorizzò la connessione del parco eolico alla rete di distribuzione dell’energia.
La prima autorizzazione ministeriale risale al 13 giugno 2013, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale di un decreto del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture contro cui, nell’ottobre dello stesso anno, il comune di Taranto presentò un ricorso al TAR. La sentenza arrivò il 10 marzo 2014, quando i giudici del tribunale amministrativo respinsero la richiesta del comune, che però non si arrese e presentò ricorso al Consiglio di Stato. Nel frattempo, in attesa di un parere definitivo, l’azienda non potè aprire i cantieri.
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Secondo il comune di Taranto, la concessione delle autorizzazioni per gli impianti “near shore” spettava alla Regione e non al ministero. Un altro rilievo presentato dal comune fu l’assenza della Provincia di Taranto durante la prima conferenza dei servizi, la riunione in cui il progetto viene discusso da tutti gli enti locali coinvolti.
Entrambi i reclami furono respinti il 9 giugno 2015 con la sentenza del Consiglio di Stato. Nel primo caso i giudici rilevarono che la legge non faceva riferimento agli impianti “near shore”, ma soltanto a quelli “on shore”, sulla terraferma, autorizzati dalle Regioni o dalle Province, e agli impianti “offshore”, come nel caso di Taranto, autorizzati dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Sul mancato coinvolgimento della Provincia, fu chiarito che l’ente non diede «espressamente tale autorizzazione» e non espresse il suo dissenso. In sostanza, la mancata opposizione al progetto è stata considerata come un’approvazione.
Nel 2015 iniziarono le ricognizioni in mare per capire come allestire il cantiere e nel 2016 il GSE, il Gestore dei servizi elettrici, una società che si occupa di fonti rinnovabili controllata dal ministero dell’Economia, pubblicò le graduatorie delle cosiddette aste rinnovabili che assegnarono una serie di incentivi al progetto.
Nel 2017 la società Beleolico chiese una proroga per rimandare l’inizio dei lavori lamentando la mancanza di due autorizzazioni.
La proroga definitiva venne concessa il 27 maggio del 2021. Lo scorso settembre sono iniziati i lavori che in realtà non sono ancora conclusi, perché sono state installate otto turbine sulle dieci previste. Il cantiere si è fermato più volte per via di problemi alla nave per l’installazione dei pali in mare e a gennaio a causa del forte vento. I lavori sono durati meno di un anno rispetto ai tredici serviti per ottenere le autorizzazioni e gli incentivi.