La strana economia di Axie Infinity
È un videogame molto popolare soprattutto in Asia, in cui si dovrebbe guadagnare giocando, grazie agli NFT: non sta funzionando tanto bene
Axie Infinity è un videogioco sviluppato dallo studio vietnamita Sky Mavis, in cui i giocatori fanno combattere tra di loro delle creature digitali, chiamate “Axie”. Il gioco si basa sulla blockchain e prevede lo scambio di criptovalute per alimentare la sua economia.
Ciascun Axie è infatti un NFT, un Non-Fungible Token, ovvero un certificato digitale che attesta la proprietà e l’autenticità di un prodotto sulla blockchain, la tecnologia su cui si basano le criptovalute e i servizi annessi. In quanto NFT, gli Axie possono essere generati o scambiati con altri utenti in cambio di criptovalute. La prima versione del videogioco risale al 2018 ma Axie Infinity ha visto la sua diffusione aumentare nel corso dell’ultimo anno, seguendo il crescente interesse per gli NFT. Assieme alla popolarità, sono cresciute anche le polemiche, che riguardano soprattutto il controverso modello economico del videogioco.
– Leggi anche: Gli NFT, spiegati
Oggi Axie Infinity è uno degli esempi più noti del modello “play-to-earn” (“gioca per guadagnare”). In questo tipo di videogame, gli utenti devono fare un investimento iniziale per poter cominciare a giocare e, potenzialmente, incassare le ricompense per le proprie vittorie. Nel caso di Axie Infinity, questi guadagni sono espressi in una criptovaluta interna al videogioco, chiamata Smooth Love Potion (SLP).
L’idea alla base del modello “play-to-earn” è di trasformare i videogiochi in un mezzo di sostentamento per chi li utilizza. In un’intervista dello scorso ottobre Arianna Simpson, dirigente dell’azienda di venture capital Andreessen Horowitz, che ha investito su Axie Infinity, ha presentato questo tipo di prodotto come una naturale evoluzione del settore: «Se posso giocare a un videogame, divertendomi e facendo anche soldi, beh è ovvio che vorrò farlo, no?».
Per un po’ il sistema è sembrato funzionare. Lo scorso settembre, il sito di news tecnologiche Rest of World ha raccontato come in alcuni paesi del sud-est asiatico, come le Filippine, Axie Infinity fosse in grado di garantire entrate mensili superiori al salario minimo nazionale. I guadagni garantiti dal “play-to-earn”, però, risentono dell’andamento delle criptovalute, un settore altamente instabile: dopo mesi di crescita continua, nel corso del 2022 le entrate del gioco sono diminuite (scendendo anche al di sotto del salario minimo filippino).
Lo scorso 23 marzo, inoltre, il videogioco è stato vittima di un attacco hacker che ha causato uno dei furti di criptovalute più gravi nella storia del settore, in cui sono stati rubati beni e valute per 625 milioni di dollari.
I responsabili dell’attacco sono riusciti nel loro intento colpendo Ronin, una blockchain pensata per fare da intermediario tra il videogioco e la blockchain principale, Ethereum. Tramite Ronin, ha spiegato il sito The Verge, «gli utenti potevano depositare Ethereum o dollari statunitensi, comprare degli NFT o della valuta interna al gioco, oppure vendere i propri asset digitali e ritirare i propri soldi».
Ronin è un tipo di blockchain particolare, chiamata «sidechain», che fa da ponte con la blockchain principale. Siccome le criptovalute sono spesso isolate e non possono interagire tra di loro, questi “bridge” sono diventati un punto fondamentale nel sistema. Purtroppo, però, sono spesso l’anello debole della catena: secondo Wired, «gli attacchi ai “ponti” della blockchain sono diventati molto più comuni negli ultimi anni».
La notizia dell’attacco, confermato il 29 marzo dall’azienda stessa, è stata un brutto colpo per i molti giocatori che avevano fatto del videogioco un mezzo di sostentamento. Secondo alcuni, però, i problemi del prodotto precedevano l’attacco degli hacker e si fondano piuttosto sul modello economico su cui si basa il videogame.
Questa settimana, le autorità americane hanno fatto sapere che i responsabili dell’attacco potrebbero essere hacker di stato nordcoreani.
Crypto colonialismo
Per poter cominciare a giocare ad Axie Infinity, ogni nuovo utente deve comprare almeno tre Axie: all’apice del successo del gioco, lo scorso autunno, questa spesa poteva superare i mille dollari, mentre oggi è scesa attorno ai trecento. Questa barriera economica all’ingresso ha favorito l’ascesa di un sistema in cui alcuni utenti – grandi possessori di NFT nel videogioco – affittano i propri Axie agli altri giocatori, in cambio di una fetta dei loro guadagni («tra il 30 e il 75 per cento», secondo il co-fondatore del videogioco Aleksander Larse). I giocatori che possiedono e affittano i propri NFT sono detti “manager”, i loro clienti “scholar” (studiosi).
Questa divisione in classi risulta peggiorata dalla particolare diffusione degli utenti di Axie Infinity: il 40 per cento dei giocatori risiede nelle Filippine, mentre poco più del 6 per cento in Venezuela; a seguire ci sono Thailandia e Brasile, che insieme contano poco meno del 10 per cento degli utenti totali. Tra le prime cinque nazioni in cui il videogame è più utilizzato, gli Stati Uniti sono l’unico paese occidentale, con il 5 per cento del totale.
Queste dinamiche di accentramento dei beni e sfruttamento di aree del mondo in via di sviluppo hanno spinto alcuni osservatori a parlare di «crypto colonialismo», termine con cui si indicano le «tecnologie basate sulla blockchain che permettono nuove forme di sfruttamento di risorse dal Sud del mondo. Queste appropriazioni includono terra, forza lavoro, dati e altre risorse necessarie a favorire la crescita economica da altre parti». Nel caso dei giochi “play-to-earn”, questi beni risultano necessari per giocare e, soprattutto, per poter accedere a un’attività che, per alcune persone, è la principale forma di sostentamento economico.
Axie Infinity è un chiaro esempio di un fenomeno che si estende ad altre applicazioni della blockchain. Olivier Jutel, ex giornalista oggi ricercatore presso l’Università di Otago in Nuova Zelanda, ha notato come «il mondo in via di sviluppo sia diventato il terreno di prova per tecnologie che mettono alla prova l’indipendenza dei paesi di questa area, perpetrano eredità coloniali di estrazione di valore e contribuiscono all’hype mediatico che è fondamentale per gonfiare il valore delle criptovalute».
Anche un recente editoriale di Coin Desk, sito di news specializzato nel settore, ha affrontato il tema del crypto colonialismo, specie in paesi come El Salvador, che sotto la guida del presidente della Repubblica Nayib Bukele ha spinto per l’adozione di Bitcoin e altre criptovalute.
Crescita obbligata
I problemi di Axie Infinity non sono solo legati alla sicurezza informatica. Secondo Bloomberg, infatti, gli utenti attivi tutti i giorni sul videogioco erano scesi del 45 per cento dal picco di novembre prima della notizia del furto, arrivando a 1,48 milioni. Un calo che va a colpire un’altra criticità del sistema “play-to-earn”, ovvero la necessità di avere un continuo flusso di nuovi utenti – e quindi nuovi investimenti in SLP – per mantenere in piedi l’economia del gioco.
I giocatori, in particolare gli “scholar”, sono spinti a usare i loro Axie per guadagnare SLP, che poi vengono spesi per produrre (o comprare) nuovi Axie, in un ciclo che «è un metodo garantito per creare inflazione», come ha spiegato un esperto di economia interna ai videogiochi a The Verge. Un sistema simile è sostenibile solo se la domanda di SLP e Axie cresce di continuo: gli utenti di Axie Infinity avevano smesso di farlo ben prima del furto dei 625 milioni di dollari.
Finora Sky Mavis ha risposto all’attacco hacker ricevendo un nuovo round di investimenti da 150 milioni di dollari, con cui ripagare gli utenti derubati. Ma ha anche lanciato una nuova versione del gioco, Axie Infinity: Origin, in cui agli utenti è permesso combattere con gli Axie gratuitamente, senza investimento iniziale e senza profitto, eliminando di fatto il “guadagno” dal modello “gioca-per-guadagnare”.