Gli scontri a Gerusalemme stanno mettendo in difficoltà il governo israeliano
Dopo le tensioni del fine settimana un piccolo partito arabo sta pensando di uscire dalla coalizione di governo, rischiando di farlo cadere
I violenti scontri degli ultimi giorni tra palestinesi e la polizia israeliana vicino alla moschea di al Aqsa, a Gerusalemme, stanno mettendo in difficoltà il governo israeliano del primo ministro Naftali Bennett, che da alcune settimane stava già attraversando una grossa crisi politica. Per via delle recenti tensioni, un gruppo parlamentare arabo ha minacciato di uscire dalla coalizione che sostiene il già debole governo, che ora rischia di cadere.
I primi scontri alla moschea di al Aqsa – il terzo luogo più sacro per l’Islam dopo Medina e la Mecca – si erano verificati venerdì, quando la polizia israeliana era entrata nel complesso dove erano riuniti molti palestinesi a pregare sostenendo di intervenire in risposta a un lancio di pietre e di altri oggetti. Gli scontri si sono ripetuti domenica, quando gli agenti delle forze dell’ordine hanno fatto irruzione nel complesso per disperdere alcuni manifestanti palestinesi che secondo le loro ricostruzioni avevano cominciato ad accumulare pietre poco prima dell’arrivo dei visitatori ebrei (che hanno diritto di visita all’adiacente “Spianata delle moschee”, ma non sono autorizzati a fermarvisi per pregare). In totale negli scontri sono state ferite almeno 150 persone palestinesi e ne sono state arrestate più di 300.
Le tensioni di questi giorni hanno portato la Lista Araba Unita (Ra’am) a decidere di sospendere la propria partecipazione alla coalizione di governo, che è sostenuto da una maggioranza eterogenea che va dai partiti di sinistra alla destra nazionalista ed è da tempo considerato molto fragile. Ra’am è il primo partito arabo indipendente a far parte di un governo israeliano e visto che le sedute in Parlamento saranno sospese fino al prossimo 8 maggio al momento la sua decisione non avrà alcun effetto sulla maggioranza. Se però Ra’am confermerà la sua decisione di uscire dalla coalizione, l’opposizione avrà una maggioranza di 64 seggi su 120, e potrà provocare facilmente la caduta del governo.
A inizio aprile, ancora prima dell’annuncio di Ra’am, la stabilità del governo era già stata messa in crisi dalla decisione di un’importante deputata dello stesso partito di Bennett, Idit Silman, di passare all’opposizione: Silman, della destra nazionalista israeliana, aveva citato divergenze irrisolvibili con il resto della maggioranza, culminate in una vicenda che riguardava il cibo che si può consumare negli ospedali pubblici durante il periodo pasquale. Adesso sembra piuttosto difficile che la coalizione di Bennett riesca a riottenere la maggioranza nella Knesset – il Parlamento israeliano – e al contempo non sembrano esserci numeri per formare una coalizione alternativa.
La crisi politica del governo provocata dalla decisione di Silman e dagli scontri del fine settimana è stata amplificata da una nuova serie di attacchi terroristici che negli ultimi tempi hanno colpito il paese con maggior frequenza.
A Gerusalemme, a complicare ulteriormente le cose c’è una coincidenza piuttosto significativa: per la prima volta dal 1991 i giorni della Pasqua cristiana – il cosiddetto triduo pasquale – vengono celebrati all’interno della stessa settimana della Pasqua ebraica, che quest’anno si festeggia a sua volta durante il mese sacro per i musulmani, il Ramadan.
Questa ricorrenza è notevole e unica al mondo per Gerusalemme, città sacra per tutte e tre le religioni: il rabbino Barnea Selavan, intervistato dal New York Times, sostiene che la ricorrenza di questi tre eventi simboleggi le molte culture di Gerusalemme e che in questo momento la città sia una «sinfonia di persone che si rivolgono a Dio». Al tempo stesso, però, l’accavallarsi delle festività religiose rischia di alimentare i numerosi conflitti presenti da decenni in città, come si è visto negli scontri di questi giorni.
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