Non è così facile mettere un rigassificatore nel porto di Piombino
Occuperebbe una parte rilevante del porto già usata da alcune aziende, e comporterebbe nuove e inevitabili misure di sicurezza
Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha annunciato che l’Italia si doterà di due nuovi rigassificatori in aggiunta ai tre già operativi: il primo sarà sistemato all’interno del porto di Piombino, in provincia di Livorno. È una soluzione inedita in Italia, più rapida e meno costosa rispetto al posizionamento di navi a diversi chilometri dalla costa. Il governo vuole procedere in tempi brevi per ridurre la dipendenza dell’Italia dal gas naturale russo nel giro di pochi mesi. Se da un lato la necessità di trovare nuovi approvvigionamenti richiede decisioni tempestive e compromessi, dall’altro questa soluzione comporta conseguenze significative per il porto e quindi per la città.
La conferma della scelta di Piombino è arrivata mercoledì 6 aprile durante l’audizione del ministro Cingolani alla commissione Affari esteri, alla Camera. Cingolani ha detto che la nave sarà ormeggiata all’interno del porto per uno o due anni, il tempo di completare il punto di innesto alla tubazione del gas al largo della costa: «con un po’ di buon senso e anche di buonafede nel disegno del progetto, tutto è stato pensato per avere costi ridotti al minimo ed essere reversibile sulla scala della transizione ecologica, 2030-2032. Poi si vedrà».
Lunedì 11 aprile il governo ha fatto un accordo con il governo algerino per un aumento delle forniture di gas dall’Algeria: entro il 2024 l’Italia riceverà dall’Algeria circa 9 miliardi di metri cubi di gas in più all’anno, rispetto ai 22,6 miliardi di metri cubi importati nel 2021. L’Algeria è oggi il secondo paese per forniture di gas all’Italia dopo la Russia, che solo lo scorso anno aveva esportato verso l’Italia circa 29 miliardi di metri cubi di gas. Per ridurre la dipendenza dalla Russia servono quindi altri fornitori.
– Leggi anche: Cosa fare con il gas dell’Adriatico
Uno dei modi per trovare nuovi fonti di approvvigionamento è rivolgersi al mercato non coperto dai gasdotti. In questo caso lo strumento indispensabile per acquistare gas dall’estero sono appunto i rigassificatori, che riportano il gas naturale liquefatto allo stato gassoso. Il gas naturale viene trasportato da apposite navi metaniere: reso liquido, cioè trasformato in gas naturale liquefatto, in sigla GNL o LNG, occupa un volume circa 600 volte inferiore e una metaniera può trasportarne una quantità molto maggiore.
Il GNL viene trasportato nelle navi a pressione poco superiore a quella atmosferica e a una temperatura di -162 °C. Nei rigassificatori torna allo stato gassoso grazie a un processo di riscaldamento controllato all’interno di un vaporizzatore, che ha un volume adeguato per permettere l’espansione del gas. Il riscaldamento avviene facendo passare il GNL all’interno di tubi immersi in acqua marina – che ha chiaramente una temperatura più alta.
– Leggi anche: Perché non costruiamo nuovi rigassificatori?
Tornato allo stato gassoso, il gas può essere immesso nei gasdotti della rete di fornitura di un territorio e da lì distribuito nelle case, nelle aziende e impiegato nelle centrali elettriche a gas per la produzione di energia.
In Italia ci sono tre rigassificatori, due in mare e uno sulla terraferma. Il più grande è il Terminale GNL Adriatico ed è un impianto offshore: un’isola artificiale che si trova in mare al largo di Porto Viro, in provincia di Rovigo, e ha una capacità di produzione annuale di 8 miliardi di metri cubi di gas. Anche nel mar Tirreno, al largo della costa tra Livorno e Pisa, c’è un rigassificatore offshore: è una nave metaniera che è stata modificata e ancorata in modo permanente al fondale e immette gas in rete dal 2013. Ha una capacità di trattamento annuale di 3,75 miliardi di metri cubi; appartiene a Snam per il 49,07 per cento, alla società di investimento First Sentier Investors per il 48,24 per cento e alla società di noleggio e gestioni di navi metaniere Golar LNG per la parte restante. Il terzo rigassificatore in funzione è invece una struttura onshore, cioè sulla terraferma, e si trova a Panigaglia, in provincia di La Spezia.
La gestione del rigassificatore di Piombino sarà affidata a Snam, che all’inizio di marzo, insieme a Eni, aveva ricevuto dal governo l’incarico di trovare due metaniere da trasformare in rigassificatori.
Rispetto agli altri due rigassificatori operativi offshore, quello di Piombino sarà una soluzione ibrida: una nave metaniera, ma attraccata a una delle banchine del porto. In questo modo si eviteranno tempi e costi di installazione di un gasdotto per collegare la rete di distribuzione alla nave al largo, come nel caso di Livorno dove il rigassificatore è dotato di un gasdotto lungo 39 chilometri, in gran parte sottomarino.
Inizialmente era stata valutata la possibilità di posizionare il nuovo rigassificatore in rada, a poca distanza dal porto. Quando Cingolani ha parlato della soluzione in banchina, in molti a Piombino hanno espresso perplessità e timori sui possibili problemi legati alla sicurezza e soprattutto sulle conseguenze per l’attività portuale. Piombino non è un porto piccolo: nel 2021 ha registrato 2,8 milioni di passeggeri, 12.603 navi, 82mila camion spediti via mare e 4,2 milioni di tonnellate di merce. Prima della pandemia, i turisti erano più di 3,5 milioni all’anno.
Il principale problema di avere un rigassificatore fermo in un porto è che le banchine dove è ormeggiato diventano di fatto inutilizzabili per altre attività.
Secondo le previsioni, a Piombino il rigassificatore potrebbe essere ospitato nella parte a ovest del porto, dove si sono appena insediate nuove attività economiche come PIM (Piombino Industrie Marittime). Per Luciano Guerrieri, presidente dell’autorità portuale del Mar Tirreno settentrionale che governa i porti di Livorno, Piombino, Portoferraio e Capraia, la soluzione è problematica, se non impossibile. Guerrieri ha detto che il ministro Cingolani «sembra aver scambiato la disponibilità del territorio a realizzare un rigassificatore, nel quadro di garanzie senza avere danni e ripercussioni per le attività, con un sì totale». Nonostante la posizione critica, Guerrieri ha comunque chiarito che qualsiasi valutazione approfondita si dovrà basare su un progetto concreto e non su ipotesi.
Il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, ha detto che il governo non può ignorare la necessità di tutelare l’economia del territorio. Secondo Ferrari, collocare una nave lunga 300 metri nella parte del porto in cui si è insediata un’azienda che sta assumendo lavoratori rischia di compromettere il rilancio della città dopo anni di crisi economica legata al declino delle acciaierie.
Il comune aveva puntato proprio su quell’area del porto per un rilancio economico, occupazionale e sociale. «Un rigassificatore lì significherebbe congelare tutto questo per altri due anni e Piombino e i suoi abitanti non possono permetterselo», ha detto Ferrari. «Siamo disponibili solo a patto che non si sacrifichi l’economia del porto e sia sostenuta la riconversione ambientale».
Durante una riunione con i rappresentanti di Snam, della Regione e dell’Autorità portuale, il sindaco ha spiegato che il comune non sarebbe stato contrario al rigassificatore a patto di avviare le bonifiche dell’area industriale e risolvere la vertenza dell’acciaieria Jsw, in crisi da anni.
L’Usb, l’Unione Sindacale di Base, ha diffuso una nota per criticare la scelta di posizionare il rigassificatore nel porto: sarebbe un problema per la sicurezza, avrebbe effetti sul turismo e garantirebbe poca occupazione, perché secondo le previsioni verranno assunti soltanto 20 lavoratori con alta specializzazione. Tra le altre cose, l’Usb ricorda che i lavoratori stanno aspettando un piano industriale da quando è stato spento l’altoforno delle acciaierie, nell’aprile del 2014. «Le multinazionali sono venute e andate via senza che il governo abbia mosso un dito per noi lavoratori», si legge nella nota.
Nelle prossime settimane Cingolani sarà a Piombino per discutere del progetto e delle richieste del comune. Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha aggiunto un’ulteriore possibile compensazione, cioè il prolungamento della strada statale 398, atteso da decenni, che consentirebbe alle auto di raggiungere il porto senza passare dal quartiere Fiorentina e dalle strade vicino al centro della città.
C’è anche una questione legata alla sicurezza. Come ha ricordato il giornalista Mauro Zucchelli in un articolo pubblicato sul Tirreno, la normativa relativa alle distanze di sicurezza prevede un divieto di molte attività nel raggio di due miglia nautiche dalle coordinate esatte del rigassificatore. A Livorno, per esempio, l’ordinanza 137 del luglio 2013 vieta la navigazione, la sosta, l’ancoraggio, la pesca e qualsiasi altra attività di superficie o subacquea nel raggio di due miglia nautiche. Ci sono due altri livelli di protezione, da due a quattro miglia e da quattro a otto miglia nautiche. Dalle informazioni emerse finora, sembra che il tema della sicurezza sarà affrontato soltanto nelle prossime fasi del progetto.