Gli enormi problemi del lockdown a Shanghai
La Cina fatica a contenere i contagi in una delle sue città più grandi, dove da settimane milioni di abitanti sono obbligati a rimanere in casa, spesso senza cibo e in condizioni durissime
Nonostante il rigido lockdown avviato a fine marzo, a Shanghai i casi positivi al coronavirus rilevati continuano a essere in forte crescita, con aumenti senza precedenti dall’inizio della pandemia. Nella sola giornata di domenica nella città, tra le più popolose in Cina con circa 25 milioni di abitanti, sono stati rilevati oltre 26mila contagi. Milioni di persone sono costrette da settimane a rimanere chiuse in casa, con grandi difficoltà nel reperire cibo, medicinali e altri beni di prima necessità. Lunedì in alcune aree di Shanghai è stato deciso un parziale allentamento delle limitazioni, ma le autorità locali non hanno fornito informazioni su come e quando sarà rimosso il lockdown.
L’ondata di contagi di Shanghai è la crisi sanitaria più grande per il governo cinese dai tempi di Wuhan, la città dove furono identificati i primi casi di COVID-19 a inizio 2020.
All’epoca la situazione era stata tenuta sotto controllo grazie a un lockdown molto rigido e a una rapida identificazione dei casi positivi, consentendo di sperimentare quella che sarebbe poi diventata nota come strategia “zero COVID” in Cina e in diversi altri paesi orientali. A differenza di allora, oggi le autorità sanitarie si devono però confrontare con omicron, una variante molto più contagiosa delle versioni del coronavirus di inizio pandemia, contro la quale le tecniche di totale isolamento non si stanno rivelando sufficienti.
Lockdown
Shanghai aveva già sperimentato alcune forme di lockdown a inizio marzo, che avevano interessato solo alcuni quartieri della città, la cui superficie complessiva è circa cinque volte quella di Roma. I casi positivi erano però continuati ad aumentare e a fine marzo le autorità locali avevano deciso di chiudere la parte orientale della città per riaprirla dopo alcuni giorni di test, procedendo poi alla chiusura per qualche giorno della parte ovest. I test a tappeto avevano però portato a identificare molti casi positivi, per quanto quasi tutti asintomatici, inducendo l’amministrazione locale a disporre un lockdown di tutta la città e a tempo indeterminato.
La decisione era stata annunciata con scarso preavviso, senza consentire alla popolazione di organizzarsi con scorte di cibo e altri beni essenziali. Da inizio aprile la situazione sembra essere via via peggiorata, anche se è molto difficile avere informazioni affidabili da Shanghai, in parte a causa delle forti censure imposte dal governo cinese ai mezzi di comunicazione.
Soprattutto su Weibo, il principale social network cinese, sono via via comparsi messaggi e post di persone disperate, impossibilitate a uscire di casa e in grande difficoltà nel procurarsi cibo e altri rifornimenti. Il governo ha disposto l’invio di aiuti, con la consegna di razioni per chi è isolato, ma stando alle informazioni che circolano sui social network le consegne avvengono di rado e non ci sono risorse per una città così estesa e con così tanti abitanti.
I rifornimenti, per lo più sacchi con verdure e qualche altro alimento, hanno etichette che segnalano l’impegno del governo cinese e delle amministrazioni locali nel distribuire gli aiuti. In una foto circolata sui social network di alcune buste distribuite in una regione diversa da quella di Shanghai è per esempio leggibile un’etichetta propagandistica con scritto: “Il Partito comunista della Cina è buono”.
«El Partido Comunista de China es bueno»
La propaganda ya la pegan incluso a las bolsas de alimentos básicos que las Autoridades distribuyen a las personas que están confinadas, y pasando hambre en algunos casos.
Tendrán que dar gracias y todo. pic.twitter.com/gJrKH1iTNf— Zigor Aldama 齐戈 (@zigoraldama) April 9, 2022
Gruppi di acquisto
Non potendo fare affidamento sui rifornimenti delle autorità, molte persone si sono industriate organizzando gruppi di acquisto, un fenomeno simile a quello che si era verificato a Wuhan a inizio pandemia e in altre città del mondo dove erano stati applicati rigidi lockdown. Gruppi di vicini, a volte interi condomini, si mettono d’accordo su WeChat e altri sistemi di messaggistica, facendo ordini per la consegna di pane, latte e altri alimenti. I negozi con merce ancora disponibile segnalano i loro prodotti sui social network, cercando di coordinare le proprie attività con quelle dei fattorini che effettuano le consegne.
I fattorini sono però pochi e molti servizi per le consegne faticano a soddisfare la domanda, nonostante abbiano annunciato un potenziamento dei loro servizi nelle ultime settimane. Anche per questo sono importanti gli ordini collettivi: consentono di ottimizzare le consegne di più materiale, che viene poi smistato tra i partecipanti. Oltre ai social network e alle chat, vengono impiegati fogli di calcolo condivisi per organizzare gli ordini e ridurre gli sprechi.
In alcuni casi sono gli stessi fattorini a segnalare i negozi con più rifornimenti, in modo che possano essere organizzate consegne anche al di fuori dei canali ufficiali. Per molti di loro il vero problema è poter riposare qualche ora tra un turno di consegne e un altro.
Entrando in contatto con i clienti, non possono rientrare nelle loro case e non possono nemmeno utilizzare i centri dove sono raccolte le persone positive. Molti fattorini dormono quindi in luoghi riparati all’aperto, sotto i ponti e i cavalcavia con un sacco a pelo e pochi altri averi. L’alta domanda consente loro di avere buoni ricavi, ma il lavoro è comunque difficile è c’è sempre il rischio di non poter effettuare una consegna, nel caso in cui gli amministratori di un quartiere abbiano adottato regole più rigide.
L’entità delle limitazioni è infatti decisa almeno in parte delle autorità responsabili di singole aree di Shanghai.
La città è stata divisa in migliaia di piccole zone a ciascuna delle quali è attribuito un livello di gravità, tra tre disponibili. Lunedì 11 aprile una parziale riduzione delle limitazioni ha per esempio interessato circa 7.500 aree, nelle quali non erano stati rilevati nuovi contagi nelle due settimane precedenti. Nel caso in cui riemerga anche un solo singolo caso positivo, le autorità locali devono reintrodurre le limitazioni più severe e disporre la chiusura della propria area di competenza.
Uffici e fabbriche
Le forti limitazioni generalizzate riguardano anche il settore finanziario, uno dei più importanti di Shanghai. Già a inizio marzo, banche di investimenti e aziende di intermediazione finanziaria avevano proposto ai loro dipendenti di vivere in ufficio, così da poter continuare a lavorare senza il rischio di rimanere isolati a casa. Le adesioni, su base volontaria, hanno riguardato numerose persone che ormai da settimane vivono accampate nei loro uffici in modo da garantire per lo meno i servizi minimi ai clienti.
Alcuni di loro hanno detto al Wall Street Journal che nei primi giorni potevano tornare a casa per recuperare abiti puliti e lavarsi, ma che dopo l’introduzione del lockdown vero e proprio sono dovuti rimanere sempre in ufficio. C’è chi si è organizzato con sacchi a pelo e tende, altri ricavandosi qualche spazio nelle aree comuni, e utilizzando la caffetteria per prepararsi i pasti.
Negli impianti industriali è successo qualcosa di simile, con l’organizzazione di “bolle” di operai isolati dal resto della popolazione, in modo da ridurre il rischio di contagi e proseguire con la produzione. Il modo in cui sono organizzati i distretti industriali in Cina, con dormitori adiacenti alle fabbriche e negozi per gli impiegati, ha favorito la gestione di queste bolle, anche se non sono mancati i disagi. Negli stabilimenti meno organizzati gli operai hanno dovuto dormire per terra, con sacchi a pelo e tende, oppure in alberghi vicini agli impianti.
Al porto di Shanghai, tra i più importanti della Cina, è stato applicato lo stesso sistema delle bolle, ma c’è stato comunque un rallentamento delle attività. A causa dei blocchi stradali, i camion che trasportano i container da e verso il porto non possono sempre raggiungere le aree di carico e scarico, rendendo impossibile il trasferimento delle merci. Il problema, iniziato su scala locale, avrà ripercussioni su scala globale come era avvenuto in altre fasi della pandemia. La Cina è uno dei principali esportatori al mondo e molti paesi, compresi quelli occidentali, dipendono dalle sue fabbriche per la produzione di innumerevoli prodotti.
Malcontento
Il prolungarsi del lockdown a Shanghai, senza prospettive certe sulla sua fine, ha portato ad alcune proteste e segni di esasperazione da parte degli abitanti della città. In un video condiviso sui social network si vedono persone raccolte in un centro per positivi che chiedono di poter tornare a casa e condurre l’isolamento per conto proprio.
¡Queremos ir a nuestras casas!
Los ataques de ansiedad se multiplican entre quienes son enviados a los campos de cuarentena de Shanghái, China, que son contagiados pero asintomáticos. pic.twitter.com/Gup5Ilq109— Zigor Aldama 齐戈 (@zigoraldama) April 10, 2022
I test a tappeto condotti nei giorni scorsi hanno fatto sì che emergessero migliaia di casi positivi, nella quasi totalità asintomatici. Le regole, che possono variare a seconda delle zone della città, prevedono che i positivi siano ospitati in appositi centri fino al momento in cui superano l’infezione virale. In molti quartieri i centri per ospitare i positivi non erano però preparati a un afflusso così alto di persone, costrette a dormire in terra o in mezzo ai cantieri approntati per aumentare la capacità degli stessi centri.
Un altro video circolato molto online mostra una signora su una barella, che dopo avere ricevuto le prime cure è stata sostanzialmente abbandonata a sé stessa ed essendo positiva non può tornare a casa.
El confinamiento de Shanghái está dejando imágenes difíciles de creer en la capital económica de China. Aquí un hombre y una paciente que, tras recibir tratamiento, están desesperados porque no pueden volver a su casa. "No es nuestro problema", les dicen.https://t.co/WRyfReg8lc
— Zigor Aldama 齐戈 (@zigoraldama) April 9, 2022
Il governo cinese ha inviato l’esercito in alcune zone di Shanghai per tenere sotto controllo la situazione, e soprattutto assicurarsi che le persone positive rispettino l’isolamento nei centri dedicati a questo scopo. Le forze dell’ordine usano particolari bastoni simili a forconi per fermare le persone che non rispettano le regole, anche nel caso in cui non stiano indossando le mascherine all’aperto nelle aree comuni dei loro complessi abitativi, dove possono scendere per ricevere le consegne o buttare la spazzatura.
Molti proprietari di cani hanno segnalato di non poterli portare all’aperto e di conseguenza si sono industriati per farli muovere e provvedere ai loro bisogni. La possibilità di poter uscire per qualche minuto con il proprio cane dipende molto dalle regole applicate dai responsabili delle singole aree in cui è stata divisa la città. Chi ha scelto di far rispettare alla lettera le limitazioni impedisce qualsiasi attività all’esterno, comprese quelle per gli animali domestici. I proprietari di cani e gatti hanno inoltre segnalato di non trovare facilmente il cibo per i loro animali, sempre a causa delle difficoltà nel reperire i beni di prima necessità.
Governo
Vari analisti ritengono che le numerose inefficienze nella gestione della crisi sanitaria a Shanghai possano avere ripercussioni sulla popolarità del presidente cinese, Xi Jinping. Per quasi due anni il governo cinese aveva sostenuto che la strategia “zero COVID” fosse l’unica soluzione possibile per tenere sotto controllo i contagi ed evitare decessi causati dal coronavirus.
I lockdown molto rigidi hanno in effetti permesso alla Cina di registrare 4.638 morti dall’inizio della pandemia, con due soli decessi nell’ultimo anno. In molti hanno però sollevato dubbi sull’affidabilità dei dati, che dipende non solo dai criteri con cui sono raccolte le informazioni da medici e ospedali, ma anche dal modo in cui sono classificate le cause di morte.
La variante omicron, più contagiosa delle precedenti, ha evidentemente reso più difficile il contenimento dei contagi con i metodi “zero COVID”. Il governo cinese ne ha ripensati alcuni nelle ultime settimane, ma con risultati al di sotto delle aspettative. Con le inefficienze è aumentato lo scontento tra la popolazione, un segnale preoccupante per Xi, che tra pochi mesi cercherà di ottenere un terzo mandato da presidente. Salvo un netto miglioramento della situazione, Xi non potrà usare parte della propaganda sulla superiorità del modello cinese per contrastare la pandemia rispetto a quello occidentale.
I lockdown hanno inoltre interessato altre aree della Cina e i loro abitanti potrebbero essere ispirati dalle notizie da Shanghai, per quanto fortemente censurate, per organizzare a loro volta proteste e ribellioni. È improbabile che avvengano manifestazioni di massa, ma una lenta e costante protesta potrebbe nuocere alla leadership di Xi nel breve-medio periodo. La propaganda sta intanto cercando di arginare il problema, con articoli sui giornali controllati dal governo che parlano del successo delle politiche contro il coronavirus volute da Xi Jinping.
Nelle prossime settimane, il governo potrebbe decidere di allentare alcune delle limitazioni più rigide finora applicate per provare a ridurre la circolazione del coronavirus. Non ci sono comunque notizie circa un ridimensionamento della strategia “zero COVID”, per quanto parzialmente rivista, che implicherebbe riconoscere errori compiuti negli ultimi mesi nella gestione della pandemia.