Il tripartitismo francese, con due estremi
È il sistema politico uscito dal primo turno delle presidenziali francesi, che ha sancito il fallimento dei partiti tradizionali e mandato al ballottaggio Macron e Le Pen
Il prossimo 24 aprile si terrà il secondo turno delle presidenziali francesi e saranno Emmanuel Macron e Marine Le Pen ad andare al ballottaggio, proprio come nel 2017. Il presidente uscente è progredito di 3,6 punti rispetto ai risultati del primo turno delle elezioni di cinque anni fa. Marine Le Pen di 2,1 punti. La storia sembra ripetersi, ha commentato Le Monde, ma solo in apparenza.
Un nuovo tripartitismo
Non è una novità, ma i risultati dei due partiti che hanno dominato tradizionalmente la politica francese sono stati disastrosi. La candidata del Partito Socialista (PS), Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, ha ottenuto solo l’1,74 per cento dei voti: i quotidiani francesi parlano letteralmente della «scomparsa» dei Socialisti. Hidalgo è arrivata addirittura dietro al comunista Fabien Roussel (2,31 per cento). E la candidata di Les Républicains (il partito di Sarkozy), Valérie Pécresse, si è fermata al 4,79 per cento, lontanissima dalla percentuale ottenuta cinque anni fa da François Fillon (20,01 per cento).
Incapaci di rinnovare la loro offerta, Les Républicains e il Partito Socialista hanno anche male interpretato il significato delle loro vittorie alle elezioni comunali, regionali e dipartimentali degli ultimi cinque anni, con il risultato che si è creata una dualità tra dimensione locale e dimensione nazionale. Diversi analisti dicono che i partiti tradizionali stanno scomparendo a livello nazionale per ragioni strutturali, non tanto per il profilo delle persone che hanno scelto di candidare.
Nel 2017 Macron si era presentato da indipendente, aveva evitato qualsiasi definizione, diceva di non essere «né di destra né di sinistra», aveva mescolato apprezzamenti alle riforme di mercato con appelli all’unità sociale mettendo in crisi, soprattutto, parte della sinistra moderata di cui aveva raccolto i voti. Dopodiché, una volta diventato presidente, la politica di Macron si era spostata decisamente a destra impedendo, di fatto, l’emergere in quell’area politica di un avversario o un’avversaria credibile.
Il risultato è stata una lenta ma graduale trasformazione dello spazio politico in cui il bipartitismo non solo ha lasciato il posto al tripartitismo, ma in cui i tre blocchi che ne sono i protagonisti sono in qualche modo inediti: un blocco di centrodestra che ha assorbito la destra, un blocco di sinistra che per due giri di elezioni presidenziali non è stato guidato dal Partito Socialista ma dall’estrema sinistra de La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, e un terzo blocco rappresentato dall’estrema destra di Marine Le Pen. «Abbiamo un polo centrale che ha assimilato i vecchi partiti di governo, e due poli, all’estrema destra e all’estrema sinistra, che si stanno consolidando causando anche la scomparsa di ogni alternanza moderata», ha detto la politologa Chloé Morin.
Una delle conseguenze di questa nuova ricomposizione è una maggiore incertezza, rispetto al passato, sul trasferimento di voti in vista del secondo turno: «L’ondata che ha colpito il panorama politico francese cinque anni fa è tornata a spazzare via tutte o parte delle tradizionali forze repubblicane, mettendo in piedi un gioco di trasferimenti di voti dall’esito incerto in vista del secondo turno», ha commentato Le Monde.
Emmanuel Macron è consapevole che la scheda elettorale con il suo nome sarà utilizzata da alcuni elettori ed elettrici per bloccare l’estrema destra. Ma sa anche che questo non potrà essere sufficiente.
Un nuovo arbitro
I risultati del primo turno del Partito Socialista e Les Républicains, sommati alla debolezza di Yannick Jadot – il candidato dei Verdi che ha preso il 4,58 per cento e che è stato vittima del meccanismo del “voto utile” a favore di Jean-Luc Mélenchon – danno a Macron un bacino di potenziali voti per il secondo turno molto più debole rispetto al 2017. «L’apostolo del superamento delle divisioni si ritrova ora molto solo a difendere il campo della Repubblica e della ragione», ha scritto Libération.
Domenica sera, vari candidati e candidate hanno fatto discorsi in cui hanno ammesso la sconfitta, e in cui hanno dato indicazioni su chi votare al secondo turno: il presidente uscente. Tra loro, Pécresse, Hidalgo, Yannick Jadot e Fabien Roussel.
Allo stesso tempo il crollo dei partiti storici priva Macron di un trasferimento quasi automatico di voti. La sfida per il presidente uscente sarà dunque quella di riattivare una forma di “fronte repubblicano”, strategia che ha messo in atto domenica sera. Nel suo discorso a commento dell’esito del primo turno, Macron ha infatti scelto di rivolgersi «a tutti coloro che vogliono lavorare per la Francia. Sono pronto a inventare qualcosa di nuovo per riunire convinzioni e sensibilità diverse», e ha invitato i cittadini e le cittadine a fondersi in un «grande movimento politico di unità e di azione per il nostro paese». Ha poi chiamato per nome tutti i suoi avversari del primo turno elogiando la loro indicazione di voto «per bloccare l’estrema destra».
La vera incognita, per Macron, saranno i sostenitori e le sostenitrici di Jean-Luc Mélenchon, che negli ultimi cinque anni si sono mobilitati con molta forza contro la politica economica, sociale o sanitaria del presidente uscente.
L’area politica dell’estrema sinistra, che vale oggi il 21,95 per cento, è dunque di fatto diventata l’arbitro del futuro confronto tra Le Pen e Macron. Mélenchon, parlando ai suoi elettori, ha già detto che non va dato «nemmeno un voto a Madame Le Pen», senza però esporsi con un’indicazione di voto esplicita per Macron. Come nel 2017, dove aveva mancato di poco la qualificazione al secondo turno (19,58 per cento), Mélenchon ha annunciato di voler consultare la sua base sull’atteggiamento da avere in vista del ballottaggio.
Nel 2017, secondo Ipsos, più della metà degli elettori di Mélenchon aveva votato Macron per fermare Le Pen. Ma oggi, «l’assicurazione sulla vita rappresentata da una sfida con l’estrema destra non c’è più», dice Le Monde. È dunque credibile pensare che molti cittadini e cittadine di sinistra accettino di nuovo questo compromesso? O il rifiuto suscitato da Macron sarà troppo grande per spingere gli elettori a votarlo solo per fermare Marine Le Pen?
Macron è particolarmente odiato e il suo mandato è stato segnato da grandi manifestazioni e proteste sociali: questo, secondo molti osservatori, renderà più difficile per parte della sinistra votare il presidente uscente al secondo turno. Il grosso pericolo, per Macron, sarà dunque l’astensione degli elettori di Mélenchon.
Il notevole risultato di Marine Le Pen
Marine Le Pen, a differenza di Macron, ha invece una riserva di voti assicurata, quelli di Eric Zemmour, il candidato di estrema destra che ha ottenuto il 7,05 per cento e che, come ampiamente previsto, ha già detto ai suoi elettori di votare per la candidata di Rassemblement National al secondo turno.
Questa è la terza volta che l’estrema destra arriva al secondo turno delle elezioni presidenziali (la prima fu nel 2002, con il padre di Marine Le Pen, Jean-Marie Le Pen). Ma questa volta sono tutti concordi nel sostenere che ha una reale possibilità di successo.
Il risultato di Le Pen – che ha guadagnato due punti rispetto al 2017 – appare infatti ancor più notevole perché, per la prima volta, ha avuto una concorrenza all’interno del proprio spazio politico. E nonostante le sue due candidature, l’estrema destra è nettamente avanzata.
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Le Pen ha condotto la sua campagna con abilità. A dispetto di coloro che erano convinti che il principale motore della mobilitazione degli elettori di estrema destra fossero insicurezza, immigrazione e identità, Le Pen ha scelto la strategia della prossimità, dimostrandosi vicina agli elettori e puntando sul potere d’acquisto che, secondo i sondaggi, è una delle maggiori preoccupazioni dei francesi. Questo significa che Le Pen ha giustamente considerato sufficientemente ancorate nell’opinione pubblica le sue politiche identitarie e sovraniste, tanto da non aver bisogno di metterle in primo piano e potersi invece concentrare su una tematica molto più sentita e attuale.
Dopo l’annuncio dei risultati del primo turno, Le Pen ha tenuto un discorso proponendosi come l’antitesi del presidente uscente. Ha invitato ad unirsi a lei «tutti coloro che non hanno votato per Emmanuel Macron» promettendo agli elettori «ascolto e attenzione» e cercando di trasformare la debolezza di Macron, definito il «presidente dei ricchi», nella sua forza.