Come le scuole Montessori sono diventate un privilegio
Sono frequentate soprattutto da bambini di famiglie agiate: c'entra anche il modo in cui Montessori decise di commercializzare le sue scoperte, a inizio Novecento
di Roberta Cavaglià
A più di cento anni dall’apertura del primo centro in cui veniva applicato il suo innovativo sistema educativo, la pedagogista e scienziata italiana Maria Montessori e il suo metodo continuano ad avere un notevole successo, con scuole “Montessori” in tutto il mondo. Col tempo, però, quella che la giornalista Jessica Winter ha definito sul New Yorker la «crociata di Montessori a favore dei più poveri e dei più deboli della società» ha progressivamente perso vigore.
Oggi in molti paesi occidentali le scuole Montessori sono popolari e diffuse soprattutto tra le fasce più ricche della popolazione, anche a causa di scelte fatte dalla stessa Montessori, che fu portata a privilegiare l’aspetto commerciale del suo metodo.
Il metodo ideato da Maria Montessori a inizio Novecento e utilizzato ancora oggi si basa sull’idea che il bambino debba essere libero di giocare e sperimentare in autonomia per sviluppare appieno le sue capacità fisiche, psicologiche e sociali. Per favorire questo processo, il bambino deve trovarsi in un ambiente dove può scegliere di giocare con gli oggetti che più richiamano la sua attenzione: ognuno di questi oggetti ha un fine educativo ed è facilmente raggiungibile dal bambino. In questo sistema, l’insegnante non si occupa quindi di organizzare le lezioni, ma di preparare la stanza e i materiali per i bambini della classe e successivamente decidere come aiutarli individualmente in base al loro rapporto con il gioco.
Montessori sviluppò questo approccio durante i suoi anni come assistente volontaria alla clinica psichiatrica universitaria di Roma, dove entrò in contatto sia con bambini con problemi psichici o disabilità che con giovani malnutriti o abbandonati dalle proprie famiglie, e successivamente durante il suo periodo come condirettrice della scuola magistrale ortofrenica di Roma, il primo istituto italiano per gli insegnanti che si occupavano dell’educazione di bambini con problemi mentali (all’epoca chiamati “frenastenici”).
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Nel 1906, grazie al sostegno di un gruppo di finanziatori privati, Montessori aprì la prima Casa dei Bambini, un centro che rispecchiava la sua idea di scuola a misura di bambino e che si trovava nel quartiere San Lorenzo di Roma, una delle zone più povere della città. In poco tempo, come ha scritto Winter, «le scuole [montessoriane] si moltiplicarono in Italia e in tutta Europa, spesso trovando terreno fertile nelle regioni con una forte presenza socialista. Nella Casa dei Bambini di Napoli, alcuni degli alunni erano così poveri da non sapere utilizzare coltello e forchetta; in Francia, le classi che utilizzavano il metodo Montessori erano riservate ai bambini che erano stati traumatizzati durante la Prima guerra mondiale».
Con l’esperimento delle Case per Bambini e il loro successo internazionale, la vita di Montessori «prese un’altra direzione», spiega al Post la giornalista e scout letteraria italiana Cristina De Stefano, che ha raccontato la vita di Montessori nel suo ultimo libro “Il bambino è il maestro”. Da quel momento Montessori smise di insegnare all’Università di Roma, dove aveva iniziato a tenere corsi pochi anni prima, per concentrarsi sul suo metodo e la sua diffusione.
«Ben presto le élite italiane ma soprattutto anglosassoni si interessarono al suo metodo e Montessori – che è sempre stata una professionista della raccolta fondi – andò dove c’erano i soldi per finanziare i suoi esperimenti», aggiunge De Stefano. Dopo aver visitato le Case dei Bambini, molti visitatori stranieri divulgarono inoltre il metodo Montessori nei loro paesi d’origine: è il caso, ad esempio, dell’educatrice statunitense Helen Parkhurst, che diresse a lungo alcune scuole montessoriane negli Stati Uniti e ne utilizzò i princìpi per ideare un proprio sistema educativo, il piano Dalton. Negli Stati Uniti, la prima scuola montessoriana privata venne aperta da Frank Vanderlip, il fondatore della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti, e da sua moglie: contava dodici studenti; l’apertura della prima scuola pubblica montessoriana risale invece al 1967.
Allo stesso tempo, la necessità di mantenersi in assenza di uno stipendio fisso spinse Montessori a esercitare un controllo sempre più stretto sul suo metodo. Come ha sottolineato anche Winter nel suo articolo, «[Montessori] mantenne un monopolio personale sul percorso di formazione e certificazione degli insegnanti [e] amministrò con mano ferma la distribuzione dei suoi testi e dei suoi giocattoli educativi», proteggendoli inoltre con dei brevetti internazionali.
Secondo De Stefano, parte degli sforzi che Montessori fece per proteggere il suo lavoro riguardano anche il rapporto tra la scienziata e il figlio Mario. Durante il suo periodo alla scuola magistrale ortofrenica, Montessori ebbe infatti una relazione con il condirettore dell’istituto, partorì di nascosto e affidò il bambino alle cure di un’altra famiglia. «Nel 1913 Maria Montessori recupera il figlio adolescente, che non vede praticamente da quando è nato», racconta De Stefano. «Mario è un adolescente che è cresciuto senza la madre e lei, come scrive nel suo diario, vuole costruire un impero da lasciargli in eredità, quasi un risarcimento per averlo abbandonato appena nato per seguire la sua vocazione professionale. Da quel momento sarà perciò più attenta a costruire un movimento che, attraverso la produzione del materiale didattico e la formazione degli insegnanti, darà da vivere anche al figlio, e alla famiglia che presto lui formerà».
Ancora oggi per aprire una scuola pubblica montessoriana è necessario seguire un complesso iter amministrativo che richiede, tra le altre cose, l’assunzione di docenti specializzati nell’insegnamento del metodo Montessori e l’acquisto di specifici arredi e materiali didattici. Secondo il sito ufficiale dell’Opera Nazionale Montessori, in Italia «il costo dell’arredo può oscillare dai 5.000 ai 10.000 euro, a seconda del fornitore», mentre quello di «un set iniziale di materiale didattico oscilla dai 5.000 ai 10.000 euro».
La ricerca di questi fondi rende spesso molto difficile l’apertura di classi montessoriane nelle scuole pubbliche, che quindi sono in numero decisamente inferiore rispetto a quelle private: l’American Montessori Society, una delle principali organizzazioni che si occupa di promuovere il metodo Montessori negli Stati Uniti, stima che solo il 10 per cento delle scuole che utilizzano questo sistema nel paese siano pubbliche.
Questo fa sì che in molti paesi le scuole Montessori abbiano alti costi d’ammissione, e che siano frequentate soprattutto da bambini che appartengono a famiglie agiate.
Al di là dell’aspetto economico, oggi l’educazione montessoriana continua a creare interesse in molti genitori a causa del grande numero di ricerche che ne dimostrano gli effetti positivi sui bambini sia a livello cognitivo che sociale. Riprendendo una di queste ricerche, nel 2011 l’autore Peter Sims ha coniato l’espressione “Montessori mafia” per indicare una sorta di élite creativa composta da manager e imprenditori che durante l’infanzia avevano frequentato istituti che utilizzavano il metodo Montessori e che conta al suo interno anche i fondatori di grandi aziende digitali come Wikipedia, Google e Amazon.
Tra questi, il fondatore di Amazon Jeff Bezos, uno degli uomini più ricchi del mondo, ha poi creato la Bezos Academy, un’operazione filantropica per fondare asili e materne che usano il metodo Montessori in giro per gli Stati Uniti.