L’importanza della logistica in una guerra
E che ruolo ha avuto nelle prime settimane di invasione in Ucraina, quando la Russia ha mostrato una serie di errori di calcolo e inefficienze
Dall’inizio dell’invasione a oggi la guerra in Ucraina si è trasformata: l’esercito russo è stato a lungo in stallo e si è trovato di fatto costretto a ridurre i fronti di guerra ritirandosi dalle città del nord, rinunciando almeno nel breve periodo all’obiettivo di conquistare la capitale Kiev e di provocare nel paese un cambio di governo favorevole alla Russia. Questo cambio di strategia è stato provocato tra le altre cose dalla disorganizzazione russa in un settore che durante una guerra ha un’importanza fondamentale: la logistica.
Varie analisi concordano sul fatto che a monte dell’invasione ci sia stato un errore di valutazione dello stato maggiore russo, che riteneva di poter ottenere una vittoria rapida in pochi giorni e aveva quindi modulato l’organizzazione logistica a supporto dell’offensiva in accordo con questa convinzione. Quest’ultima scelta, una volta fallito l’obiettivo nei primi giorni di guerra, ha ridotto notevolmente il potenziale di attacco delle linee offensive, che erano pensate per una sorta di “guerra lampo” e non per un attacco esteso e di lunga durata.
Che la logistica sia un aspetto cruciale di una campagna militare è un fatto noto praticamente da quando gli esseri umani hanno iniziato a uccidersi l’un l’altro con eserciti e battaglie. Quando il generale prussiano Von Moltke riuscì a vincere contro i francesi nel 1870, grazie anche alla più efficace e ramificata rete ferroviaria con cui erano trasportati i soldati prussiani, disse: «Non costruiamo più fortezze, costruiamo ferrovie».
La logistica, in poche parole, è quell’insieme di attività che organizzano e movimentano i flussi di materiali in un’azienda, ente o struttura di qualsiasi tipo.
Più nello specifico, in ambito bellico, la logistica riguarda lo spostamento delle forze armate. Assolve però anche a un compito altrettanto importante: mantenere le truppe ben rifornite di tutto quello che occorre, dall’attrezzatura alle vettovaglie alla sostituzione dei mezzi guasti, installando per esempio ospedali da campo e officine alle spalle del fronte (in gergo militare questa zona viene chiamata “retrovie”). Le unità nelle retrovie, quindi, devono provvedere a qualsiasi genere di necessità che abbiano le truppe al fronte, ma per farlo è necessario che tra queste e le retrovie ci sia un efficace sistema di comunicazione, e soprattutto che le retrovie dispongano di una quantità di personale e materiali adeguati per rifornire l’esercito e fargli raggiungere l’obiettivo prestabilito.
In un articolo della scorsa settimana, il Washington Post ha spiegato come questo meccanismo, nell’esercito russo, non abbia funzionato fin dai primi giorni perché è mancato il supporto adeguato nel caso il piano iniziale – conquistare Kiev in breve tempo – fosse fallito. Secondo Michael Kofman, analista del centro studi statunitense CNA, la Russia «non ha organizzato in maniera appropriata la logistica necessaria per un piano B efficace, ossia combattere una vera e propria battaglia in quello che è il paese più grande dell’est Europa dopo la Russia».
Un primo problema è stato proprio l’estensione dell’Ucraina, che è grande circa il doppio dell’Italia ed è il più grande paese europeo per estensione territoriale, se si esclude la Russia. L’esercito russo è abituato a sfruttare la rete ferroviaria per le sue linee logistiche, ma se nel Donbass ha potuto farlo dopo le conquiste di Kherson e Melitopol, a nord non è riuscito a prendere il controllo degli snodi ferroviari più importanti. Perciò è stato costretto a utilizzare il trasporto su gomma, più complicato da organizzare soprattutto se bisogna farlo lungo le strette strade di campagna dell’Ucraina settentrionale, dalle retrovie al fronte e viceversa. Inoltre, lo stato maggiore russo aveva deciso prima dell’inizio dell’invasione che il supporto logistico sarebbe stato leggero e ridotto, funzionale a un’offensiva rapida.
Per avere una dimensione, un gruppo tattico di battaglione russo è composto solitamente da circa 700-900 soldati di fanteria e da alcune decine di mezzi corazzati. Di questi 700-900, circa 150 sono considerati di supporto logistico, ossia personale sanitario, ingegneri, autisti, meccanici e altri ruoli che esulano dai combattimenti. Anche considerando ulteriore supporto da altre unità nelle vicinanze, il rapporto tra soldati di supporto e di combattimento resta estremamente basso: secondo l’ex tenente colonnello statunitense Alex Vershinin, l’esercito statunitense impiega circa 10 soldati di supporto per ogni soldato di combattimento.
A questi problemi se ne sono poi aggiunti altri, che si sono resi evidenti soprattutto nelle zone di Kiev e Chernihiv. I lunghi convogli di rifornimenti e di personale di supporto sono stati lasciati spesso senza unità di combattimento né mezzi corazzati a protezione, sostanzialmente esposti agli attacchi della resistenza ucraina. Inoltre, sia secondo l’intelligence americana sia secondo vari analisti indipendenti, alle forze russe è mancata una catena di comando chiara.
Andrew Galer, direttore associato dell’agenzia privata di intelligence Janes, sostiene che la struttura di comando russa sia nella migliore delle ipotesi «confusa». A testimonianza di quanto sia disfunzionale ci sono le insolite morti di alti ufficiali dell’esercito, dice Galer, tra cui anche alcuni generali, che di solito non rischiano di restare uccisi durante le campagne militari perché non frequentano le linee più avanzate del fronte. In questo caso però si sarebbero visti costretti a spingersi fin lì proprio per assicurarsi di persona che gli ordini arrivassero ai livelli più bassi delle truppe.
Tutta questa sequenza di inefficienze si spiega a monte con due grossi errori di valutazione dello stato maggiore russo: il primo è di aver scelto come piano iniziale una “guerra lampo” in un paese che invece si è rivelato più preparato del previsto a resistere; il secondo è di aver predisposto il supporto logistico solamente sulla base di quel piano iniziale, senza immaginare più scenari e senza preparare l’esercito in modo che fosse in grado di rimodulare le esigenze logistiche una volta fallita la “guerra lampo”.
Dalla fine della Guerra fredda in poi le esigenze logistiche degli eserciti in Europa sono cambiate.
Dalla Seconda guerra mondiale agli anni Novanta, la minaccia militare tra i due blocchi contrapposti era misurabile e in una qualche misura prevedibile. Da una parte c’era la NATO e dall’altra i paesi del Patto di Varsavia, e ciascuno dei due schieramenti possedeva un certo numero di informazioni sulle dotazioni militari dell’altro. Nel capitolo sulla logistica del libro The Oxford Handbook of War, Matthew Uttley e Christopher Kinsey scrivono: «La Guerra fredda divenne un teatro strategico prevedibile per la pianificazione logistica e operativa, riducendo la logistica a una preparazione […] incentrata semplicemente su calcoli e risoluzioni di problemi tecnici intorno ai movimenti su larga scala di truppe e materiale nell’Europa occidentale».
Ma dopo la Guerra fredda gli scenari sono profondamente cambiati e di conseguenza hanno dovuto farlo anche gli eserciti e il supporto logistico. Sempre Uttley e Kinsey delineano una serie di requisiti che dovrebbero avere i sistemi logistici militari, in particolare la capacità di prevedere che piega stanno prendendo le operazioni militari e adattando il supporto di conseguenza, cosa che probabilmente le forze russe non sono riuscite a fare:
Affinché la logistica militare sia davvero efficace, al personale è richiesta una capacità intellettuale e materiale di anticipare e reagire agli eventuali ostacoli che potrebbero danneggiare il piano operativo. […] Il personale logistico richiede le informazioni per anticipare ed esaminare le eventuali operazioni future, prevedendo tutto il necessario in termini di uomini, attrezzature e servizi ed evitando gli ostacoli che i sistemi logistici inevitabilmente incontrano.
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