C’è un nuovo capo alla Procura di Milano
È Marcello Viola, ex procuratore generale di Firenze: il suo compito sarà anche di riportare tranquillità dopo i gravi scontri interni
Marcello Viola è il nuovo procuratore capo di Milano. È stato eletto giovedì dal CSM, il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei magistrati. È la prima volta, dopo molti anni, che per guidare la Procura di Milano viene scelto un capo non proveniente dalla procura stessa. Il CSM punta, con la nomina di un esterno, a sedare, o almeno a tentare di farlo, i vari scontri che hanno diviso negli ultimi anni i magistrati milanesi.
Marcello Viola prende il posto di Francesco Greco, andato in pensione a novembre 2021. Anche Greco, nei mesi precedenti alla sua uscita, era stato al centro di tensioni soprattutto per il caso della diffusione dei verbali sulla presunta loggia segreta Ungheria di cui aveva parlato un testimone del caso Eni, Piero Amara.
Amara nel 2019 raccontò al pubblico ministro Paolo Storari di far parte di una loggia massonica segreta, una specie di nuova P2, denominata Loggia Ungheria, a cui sarebbero stati iscritti moltissimi magistrati (si chiamerebbe Ungheria dalla piazza romana dove abita, appunto, uno dei giudici che secondo Amara aderirebbero alla loggia). Amara parlò di una rete intricatissima in tutta Italia. Storari trasmise al suo capo, Francesco Greco, l’interrogatorio di Amara. Secondo Storari, a quel punto iniziò un periodo di inerzia. In sostanza ciò che era scritto nell’interrogatorio di Amara si fermò in qualche cassetto. Il sospetto, avanzato poi da alcuni giornali, era che non si volesse dar molto seguito a quell’interrogatorio per timore che le sue rivelazioni stravolgessero il processo Eni-Nigeria mettendo in difficoltà l’accusa. Il processo si concluse poi con l’assoluzione di tutti gli imputati perché «il fatto non sussiste».
Storari decise di consegnare una copia del fascicolo, non firmato e su un documento digitale, a un magistrato che ormai con il Tribunale di Milano non c’entrava più niente, Piercamillo Davigo. La situazione peggiorò ulteriormente quando tre buste, non si sa spedite da chi, contenenti copie del fascicolo di Amara, furono consegnate al giudice Nino Di Matteo e a due giornalisti del Fatto Quotidiano e di Repubblica.
Da allora le tensioni in Procura a Milano non sono mai cessate.
Da novembre a oggi la reggenza è stata affidata al procuratore aggiunto più anziano, Riccardo Targetti, che si è molto scontrato, negli ultimi tempi, con l’altro procuratore aggiunto, Fabio De Pasquale, che lo ha accusato di depotenziare il suo ufficio, il pool affari esteri. A sua volta Targetti, che andrà in pensione tra meno di un mese, ha recentemente stilato un parere non favorevole alla conferma di De Pasquale come vice. A tutto questo si aggiungono malumori tra i magistrati per i diversi incarichi di lavoro.
Il plenum, e cioè la riunione plenaria del CSM, composto da 27 membri, ha scelto ieri tra tre nomi. Viola, che è attualmente procuratore generale di Firenze, ha avuto 13 voti a favore. Hanno votato per lui i cosiddetti consiglieri laici, cioè quelli nominati dal Parlamento (quattro di centrodestra e tre indicati dal Movimento 5 Stelle), i quattro consiglieri di Magistratura indipendente, la corrente conservatrice della magistratura a cui è iscritto lo stesso Viola, e i consiglieri Sebastiano Ardita (ex di Autonomia e Indipendenza, la corrente fondata da Piercamillo Davigo e che poi ha abbandonato per contrasti proprio con il fondatore) e Nino Di Matteo, che è stato collega di Viola a Palermo.
Per Giuseppe Amato, procuratore di Bologna, hanno votato i tre componenti della corrente Unità per la costituzione, definita di area centrista. Per Maurizio Romanelli, unico candidato interno alla Procura milanese, hanno votato i cinque magistrati di Area, la corrente di sinistra, e Ilaria Pepe di Autonomia e Indipendenza. Tre membri del Csm si sono astenuti mentre il vicepresidente del CSM David Ermini non ha partecipato al voto (così come naturalmente anche il capo dello Stato che ne è il presidente).
Marcello Viola ha 65 anni e, a parte un breve periodo in Sardegna, ha trascorso la maggior parte della sua esperienza lavorativa in Sicilia: è stato giudice e pm antimafia a Palermo e procuratore capo a Trapani prima di assumere la carica di procuratore generale a Firenze.
Viola, che tra i tre era il candidato più anziano, tre anni fa era il candidato più accreditato alla successione di Giuseppe Pignatone a capo della Procura di Roma. Poi però il suo nome venne accostato a quello di Luca Palamara, l’ex magistrato ora radiato e rinviato a giudizio per corruzione, accusato di aver usato la sua funzione giudiziaria e di segretario dell’Associazione nazionale magistrati (un organismo di rappresentanza della magistratura) per orientare nomine nelle Procure.
Il nome di Viola venne fatto più volte durante una cena all’Hotel Champagne di Roma, intercettata dai magistrati di Perugia che indagavano su Palamara, alla quale parteciparono lo stesso Palamara, Luca Lotti, ex ministro per lo Sport molto vicino a Matteo Renzi, e Cosimo Ferri, magistrato, leader di Magistratura indipendente. I tre parlavano della nomina a capo della Procura di Roma, sostenendo che per i loro interessi la scelta migliore sarebbe stata proprio Viola. Il magistrato era del tutto estraneo a queste manovre né sapeva nulla di quella cena e soprattutto di essere il candidato preferito da Palamara, ma il fatto che il suo nome fosse più volte citato nelle intercettazioni lo escluse dalla selezione per la Procura romana.
L’episodio è stato ricordato ieri durante la discussione del Csm. Alessandra Dal Moro, rappresentante di Area, ha detto: «Da parte di Viola mai è intervenuta una pubblica presa di distanza da quelle parole e da quelle intercettazioni, a parte i chiarimenti dati a noi in consiglio. Ma io sono cresciuta sapendo che essere definito “vicino” o “affidabile” è un insulto. E di un insulto si chiede solitamente conto». Nino Di Matteo ha replicato dicendo: «Viola non può essere vittima per sempre di un episodio di cui non è stato protagonista, visto che mai sono emersi non dico rapporti significativi ma reali contatti tra Viola e le altre figure citate».
Dopo l’elezione Marcello Viola ha detto: «Sono onorato e ringrazio il Csm per questa nomina così importante. È una nomina che mi responsabilizza molto e sono consapevole del fatto che quello di guidare la Procura di Milano sia un incarico particolarmente delicato, ma metterò il massimo impegno nello svolgere il ruolo direttivo che mi è stato assegnato come ho sempre fatto».
L’arrivo di un capo esterno alla Procura di Milano è senz’altro la fine di un’era. Resta da vedere se con la sua nomina le tensioni interne si placheranno. Nino Di Matteo durante la discussione ha detto che la figura di Viola era quella giusta per «una Procura in cui addirittura non si parlano nemmeno tra di loro».