Il lockdown di Shanghai ci riguarda
Le rigide limitazioni applicate in Cina contro la nuova ondata di coronavirus stanno bloccando il trasporto delle merci e avranno effetti sulle esportazioni
I rigidi lockdown applicati a Shanghai e in altre aree della Cina per contenere la diffusione del coronavirus avranno nuove importanti conseguenze per i commerci mondiali. Le limitazioni imposte in oltre una ventina di città cinesi stanno mettendo in crisi il sistema dei trasporti delle merci, complicando una situazione già complessa a causa della pandemia.
Nonostante i lockdown e gli altri provvedimenti della strategia “zero COVID”, parzialmente rivista nelle ultime settimane, i casi positivi in Cina sono continuati ad aumentare sensibilmente. Mercoledì sono stati rilevati quasi 26mila casi positivi, l’incremento giornaliero più alto dall’inizio della pandemia. Shanghai è l’area più colpita, con 20mila casi segnalati solo nell’ultimo giorno, un nuovo record per la città.
A fine marzo, le autorità cinesi avevano previsto di sottoporre a lockdown circa metà della città di Shanghai per alcuni giorni, necessari per effettuare test di massa tra la popolazione. In seguito il lockdown avrebbe dovuto interessare l’altra metà della città, per testare il resto della popolazione.
Il piano era stato cambiato in seguito al marcato aumento dei casi positivi, spingendo le autorità locali a estendere per un tempo indefinito le limitazioni. Salvo particolari emergenze, gli abitanti di Shanghai devono rimanere chiusi in casa, mentre le strade principali vengono sorvegliate dalla polizia per assicurarsi che il divieto di uscire sia rispettato il più possibile.
Già a fine marzo Maersk, la grande compagnia di trasporto merci danese, aveva segnalato che il prolungarsi del lockdown a Shanghai avrebbe avuto forti ripercussioni sui camion che trasportano i container tra diverse città cinesi e il porto. La stima era di una riduzione di almeno il 30 per cento del traffico dei camion, ma il protrarsi delle limitazioni sta portando a un blocco ancora più rilevante.
Il problema non riguarda solamente Shanghai. Nell’ultima settimana i lockdown pieni o parziali hanno riguardato almeno 200 milioni di persone in 23 città cinesi. Le stime non comprendono le aree in cui sono stati eseguiti test di massa sulla popolazione, con blocchi temporanei di interi quartieri dove spesso vivono milioni di persone.
Le amministrazioni locali che adottano lockdown e blocchi di altro tipo dispongono di solito la chiusura degli svincoli autostradali verso le loro città, rendendo molto difficili le consegne delle merci. Le chiusure sono raramente coordinate tra province diverse, di conseguenza le aziende di logistica faticano a rispettare le spedizioni e non possono far circolare i loro camion.
Le interruzioni per ora riguardano il mercato interno della Cina, ma è prevedibile che nelle prossime settimane ci saranno ripercussioni a livello internazionale, considerato l’alto volume e la grande varietà di esportazioni derivanti dalle imprese cinesi. Praticamente tutte le merci vengono deviate da Shanghai ad altre zone della Cina, alcune delle quali non attrezzate a sufficienza per gestire una grande quantità di esportazioni.
Seppure con alcuni rallentamenti, il porto di Shanghai è rimasto comunque attivo, con regole per operai e il resto del personale molto rigide: al termine di ogni turno, devono comunque rimanere nell’area del porto, in modo da ridurre i contatti con l’esterno e il rischio di essere contagiati. Non sono state ancora rilevate code di imbarcazioni al porto come era avvenuto in altre fasi della pandemia, ma il blocco di buona parte dei trasporti su strada sta comunque comportando una riduzione di circa un terzo dei volumi di merci spostate rispetto alle prime settimane di marzo.
Tra fine marzo e inizio aprile il governo cinese aveva avviato una parziale revisione della strategia “zero COVID”, con una riduzione delle limitazioni più rigide e la richiesta alle amministrazioni locali di effettuare più velocemente i test di massa, in modo da ridurre la durata dei lockdown. Nel complesso, le restrizioni applicate in Cina sono comunque molto più severe di quelle adottate in Occidente contro il coronavirus, soprattutto durante l’ultima ondata dovuta alla variante omicron.
Negli ultimi due anni la strategia “zero COVID” aveva permesso alla Cina di mantenere molto basso il numero di contagi, per lo meno stando alle rilevazioni ufficiali, e di registrare appena 3 morti per milione di abitanti, contro i 2.630 per milione in Italia. Contro questa ultima ondata il sistema non ha per ora funzionato altrettanto efficacemente, con il più alto aumento di casi positivi mai registrato nel paese dall’inizio della pandemia. Nei prossimi giorni altre città cinesi potrebbero quindi decidere nuove limitazioni, peggiorando ulteriormente il problema del trasporto delle merci, con ripercussioni sui prezzi di numerosi beni e materie prime per numerosi paesi importatori, compresi quelli occidentali.