Emma Hayes, che ha costruito il Chelsea
La storia dell’allenatrice di calcio più famosa d’Inghilterra, vicina al terzo titolo nazionale consecutivo nonostante le sanzioni contro Roman Abramovich
Ci sono poche squadre di calcio al mondo che possono dire di aver avuto vent’anni di crescita ininterrotta come il Chelsea. Dal 2003, anno in cui fu acquistato dall’oligarca russo Roman Abramovich, ha vinto tutto il possibile ed è diventato un grande club europeo al pari di tanti altri più longevi e vincenti. Da circa un mese, però, il Chelsea sta pagando le origini dei suoi successi e si trova nel periodo più difficile della sua storia recente.
Il club è finito tra i beni che il governo britannico ha congelato ad Abramovich, tra gli oligarchi vicini al presidente russo Vladimir Putin sanzionati dall’Occidente in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Le fonti di entrate principali del club, come la vendita di biglietti e merchandising, sono state bloccate, mentre le spese sono state limitate: la squadra non può rinnovare i contratti – a meno di clausole prestabilite – e deve organizzare le trasferte stando sotto a un limite di spesa piuttosto basso. Abramovich non può nemmeno cedere le proprietà, come aveva annunciato di voler fare, e può solo attendere.
Tra tutte le squadre che compongono il Chelsea fra giovanili e professionisti, sono le due principali a subire maggiormente le sanzioni: quella maschile, di cui si è parlato molto in queste settimane, e quella femminile. Quest’ultima è la meno raccontata delle due, ma ha moltissimo da perdere: nell’ultimo decennio è passata da una dimensione amatoriale a essere la miglior squadra d’Inghilterra e tra le più interessanti in Europa.
La rapida crescita del Chelsea femminile quattro volte campione d’Inghilterra e finalista dell’ultima finale di Champions League è opera soprattutto di Emma Hayes, allenatrice inglese di 45 anni la cui importanza è paragonabile a quella avuta nel calcio maschile da Alex Ferguson e Arsène Wenger, storici allenatori di Manchester United e Arsenal per oltre vent’anni.
Hayes sta continuando a condurre il Chelsea nelle recenti difficoltà, e in questa situazione è riuscita a ritornare al primo posto in classifica superando di un punto l’Arsenal nelle ultime giornate. Per il momento, le preoccupazioni riguardano soprattutto il futuro della squadra. Sono infatti cinque le calciatrici in rosa vicine alla scadenza a cui non potrà essere rinnovato il contratto: se queste dovessero accettare le offerte di altre squadre, e se le restrizioni dovessero rimanere a lungo, il Chelsea non avrebbe modo di rimpiazzarle. Hayes però rimane fiduciosa, come ha detto di recente alla stampa inglese: «È un momento difficile per tutti, non soltanto per noi. Io faccio l’allenatrice, questo è il mio lavoro, e il mio lavoro è preparare la squadra. Tutta la mia concentrazione è rivolta lì».
Prima di Hayes, il Chelsea femminile era una squadra amatoriale, nata negli anni Novanta in modo indipendente e successivamente affiliata al club maschile con l’arrivo di Abramovich. Anche con la nuova e ricchissima proprietà russa, la squadra continuò a pagare lo scarso sostegno che il calcio femminile aveva all’epoca, anche in Inghilterra. Nel 2009 rischiò di scomparire per i tagli imposti dalla società e venne salvata soltanto da una donazione personale dell’allora capitano della squadra maschile, John Terry, che per il gesto fu nominato presidente.
Nei primi mesi del 2012 Hayes era ancora disoccupata. Negli anni precedenti aveva fatto un po’ di tutto. Nata e cresciuta nei dintorni di Londra, era stata calciatrice ma aveva dovuto terminare la carriera per un grave infortunio. Aveva però continuato a occuparsi di calcio e sport, e nei primi anni Duemila si trasferì negli Stati Uniti per conoscere e lavorare nel sistema calcistico locale, già all’epoca uno dei più efficienti al mondo.
Allenò e diresse diverse squadre universitarie e amatoriali con ottimi risultati. Salvo una parentesi di due anni in Inghilterra da assistente dello storico allenatore dell’Arsenal Vic Akers, Hayes si formò perlopiù negli Stati Uniti. Lì allenò e contribuì al successo di alcune delle più grandi calciatrici americane, su tutte Megan Rapinoe, penultimo Pallone d’Oro femminile, che selezionò nel 2009 dai campionati universitari nel suo periodo da allenatrice delle Chicago Red Stars.
Nel 2010 la stagione con Chicago iniziò male e si concluse dopo cinque giornate di campionato con l’interruzione del contratto. Hayes decise quindi di tornare in Inghilterra e prendersi un periodo di pausa. Restò nel mondo del calcio facendo delle consulenze per alcune squadre americane, ma la maggior parte del tempo la passò a lavorare nell’attività di famiglia, un’agenzia cambiavalute a Covent Garden, dove per due anni si occupò della migrazione digitale dell’attività.
Nel frattempo il campionato femminile inglese era stato ristrutturato e una delle squadre fondatrici, il Chelsea, non riusciva a essere competitiva. Nel 2012 contattò Hayes, che accettò e iniziò un lungo progetto di restaurazione che inaspettatamente, visti i trascorsi, trovò in Roman Abramovich uno dei principali sostenitori.
Unendo una certa visione imprenditoriale con la conoscenza del gioco, negli ultimi dieci anni Hayes è stata una manager oltre che una semplice allenatrice, come ha ricordato una delle sue calciatrici più fedeli, Katie Chapman, al Guardian: «È lei che ha costruito questo Chelsea, dalla lavanderia per le divise alla mensa fino ai campi di allenamento. Ora è una squadra professionistica a tutti gli effetti, ma tutto quello che c’è ora è stato conquistato negli anni».
Dopo le prime stagioni in cui lottò per non retrocedere, il Chelsea ha vinto il suo primo campionato nel 2015 e poi altri tre, diventando la squadra più vincente in Inghilterra, contando anche le cinque coppe nazionali. Le prime vittorie sono state alimentate dalla proprietà con alcuni degli acquisti più costosi nella storia del calcio femminile, come quelli di Pernille Harder dal Wolfsburg e di Samantha Kerr dalle Chicago Red Stars per cifre comprese tra i 300 e i 400mila euro.
Nella passata stagione è diventata la prima squadra inglese in vent’anni a giocare una finale di Champions League femminile, persa nettamente 4-0 contro il Barcellona, ma considerata un punto di inizio per le ambizioni europee, un ambito in cui le squadre inglesi fanno ancora fatica a essere competitive.
Hayes è una delle tante figure che hanno accompagnato il calcio femminile dalla sua dimensione amatoriale a quella professionistica, nata dall’interesse aumentato rapidamente negli ultimi anni. Così come tante calciatrici sono state altro in questi anni, oltre che calciatrici, Hayes ha tenuto il calcio come passione spostandosi tra realtà diverse e talvolta anche tra professioni diverse.
In mezzo a tutto questo, ha superato anche la perdita di un figlio. Nel 2018 fu assente alla partita in cui il Chelsea vinse il campionato, perché incinta e vicina al parto. Due giorni dopo partorì ma, come previsto in precedenza dai medici, uno dei due gemelli non sopravvisse. «Le mie giocatrici hanno conosciuto la situazione della mia gravidanza soltanto prima delle ultime partite della stagione», rivelò quell’anno. «Dissi che non volevo lo venissero a sapere dalla stampa. Ricordo la tristezza nelle loro facce, perché sapevano che avevo attraversato un momento difficile. Alcune di loro mi risposero che avrebbero vinto il titolo per me, il prima possibile».