L’atteso finale del basket universitario statunitense, con Paolo Banchero
Tra le tante storie delle finali NCAA, una delle più raccontate riguarda il giocatore italoamericano a cui sta riuscendo di tutto
Da sabato notte la città di New Orleans ospiterà la fase finale del torneo universitario statunitense di pallacanestro, che si tiene tradizionalmente nel mese di marzo e per questo è noto anche come March Madness, la “Follia di marzo”. È uno degli eventi sportivi più seguiti in Nord America e quest’anno lo è in modo particolare, perché sono rimaste quattro squadre tra le più vincenti e seguite del paese: Duke, North Carolina, Kansas e Villanova.
La prima è considerata in assoluto la miglior squadra universitaria americana degli ultimi anni. Non è la più titolata e non vince dal 2015 ma è costantemente competitiva e ha cresciuto alcuni dei migliori giocatori attualmente in NBA, da Kyrie Irving a Jayson Tatum, da Brandon Ingram a Zion Williamson, compagni di squadra a New Orleans. Per l’ultima stagione dopo 42 anni è allenata da “Coach K”, ovvero Mike Krzyzewski, leggendario allenatore universitario alla tredicesima fase finale in carriera, già vincitore di cinque titoli nazionali (che sono anche tutti quelli vinti da Duke.)
Nelle semifinali Duke affronterà subito North Carolina, squadra con cui condivide una delle maggiori rivalità nello sport universitario. Una ha sede a Durham, l’altra a Chapel Hill: entrambe in North Carolina, distanti tra loro appena mezzora di macchina.
North Carolina è stata soprattutto la squadra di Michael Jordan, ma anche di Vince Carter e Rasheed Wallace. Ha un titolo in più di Duke (6-5) e la sua ultima vittoria del campionato risale al 2017. Per il suo allenatore, Hubert Davis, è la prima fase finale nazionale alla prima stagione da capo-allenatore dell’università dove giocò da ragazzo, prima di finire in NBA tra New York e Dallas.
Ad aggiungere significato alla prima delle due semifinali in programma c’è il fatto che nonostante siano divise da una grandissima rivalità, Duke e North Carolina non si sono mai affrontate nella fase finale del torneo NCAA: giocano contro ogni stagione, almeno due volte, ma fin qui mai così in fondo al tabellone finale. E c’è di più: nell’incontro più recente tra le due, Duke è stata battuta in casa da North Carolina proprio all’ultima partita a Durham di Coach K, che quindi proverà a rifarsi.
L’altra semifinale la giocheranno Kansas e Villanova, che insieme fanno sei titoli universitari, gli ultimi rispettivamente nel 2008 e nel 2018. Kansas fu l’università di Wilt Chamberlain e Paul Pierce. È allenata da Bill Self, quattro volte alle Final Four e alla sua seconda finale. A Villanova, nei dintorni di Philadelphia, sono passati invece Kyle Lowry e Josh Hart, attualmente in NBA con Miami e Portland. Jay Wright, l’allenatore di Villanova, ha vinto due dei tre titoli nazionali nella storia dell’istituto, nel 2016 e nel 2018.
Le due semifinalisti vincenti si affronteranno nella finale di lunedì notte al Caesars Superdome di New Orleans, stadio da oltre 70mila posti che probabilmente verranno riempiti tutti visti i grandi seguiti che hanno le quattro squadre in corsa. Le maggiori attenzioni sono come al solito sui giocatori, molti dei quali verranno chiamati come prime scelte il prossimo giugno dalle trenta squadra di NBA nel tradizionale draft di fine stagione.
C’è per esempio Ochai Agbaji, di Kansas, unico tra i giocatori in lizza per il trofeo Naismith al miglior giocatore universitario della stagione ad essere ancora in corsa nel torneo. Tra chi ha vinto il trofeo Naismith in passato ci sono i più grandi di sempre: Michael Jordan, Kareem Abdul-Jabbar, Larry Bird e Patrick Ewing, ma anche giocatori più recenti come Tim Duncan, Anthony Davis e Blake Griffin. Il vincitore di quest’anno verrà annunciato domenica, a un giorno dalla finale.
Agbaji dovrebbe passare in NBA tra le prime venti chiamate, mentre tra le prime in assoluto, gli unici due giocatori presenti alla fase finale sono entrambi di Duke, a conferma della qualità della squadra. Uno è Adrian Griffin Jr., l’altro è Paolo Banchero, italoamericano che con ogni probabilità verrà chiamato tra i primi quattro, se non come primo in assoluto.
Banchero ha 19 anni e farà soltanto una stagione universitaria, il minimo previsto prima di poter passare in NBA. È nato a Seattle, figlio di una cestista americana, Rhonda Smith, in passato anche allenatrice universitaria, e di Mario Banchero, ex giocatore di football universitario alla University of Washington a Seattle. Il padre ha origini liguri e di lavoro, oltre ad allenare il figlio, importa salumi dall’Italia nello stato di Washington.
È tra i talenti più osservati da diversi anni a questa parte, per qualità fisiche e tecniche costantemente al di sopra della media per la sua età. A 19 anni è alto 2 metri e 8 centimetri, è un “lungo” bravo in tutto. In questa stagione ha tenuto una media di 17 punti, 7 rimbalzi e 3 assist a partita. Nell’ultimo mese gli è riuscito di tutto, raggiungendo il picco con i 22 punti segnati contro Texas Tech lo scorso 25 marzo, una prestazione che ha permesso a Duke di arrivare alla fase finale.
Prima di scegliere Duke, aveva ricevuto offerte da tutte le migliori università americane, comprese le tre con cui se la vedrà a New Orleans. Nel 2020 aveva ricevuto inoltre la cittadinanza italiana e lo scorso autunno ha confermato quello che va dicendo da anni: quando ci sarà l’occasione giocherà con la Nazionale italiana. Era già stato convocato l’anno scorso per il Torneo Preolimpico, ma aveva dovuto rifiutare per impegni accademici.