Il criticato test a crocette del concorso per i docenti precari
La stragrande maggioranza non ha superato una prova scritta le cui modalità hanno provocato molte polemiche
La grande maggioranza dei docenti che hanno partecipato al concorso ordinario per l’assegnazione di oltre 32mila posti di ruolo riservati ai neolaureati e ai cosiddetti precari delle scuole medie e superiori è stata bocciata. I dati non sono ancora disponibili nel dettaglio perché le prove non sono ancora finite, ma le percentuali dei primi test diffuse da sindacati e associazioni che rappresentano i docenti sono molto simili: in quasi tutte le regioni oltre l’80 per cento dei partecipanti non ha superato la prova scritta.
Una quota così alta di bocciati, molti dei quali sono docenti precari con anni di esperienza, ha rinnovato i dubbi sul modello della prova, basata su domande a risposta multipla su un programma assai esteso, in sostanza un test a crocette. Dalla scorsa settimana, dopo i primi risultati, sono iniziate le contestazioni e le proteste di molti docenti contro il test. Le crocette, dicono, non misurano la preparazione di un docente né tanto meno le capacità di insegnare.
Il concorso era stato bandito il 20 aprile 2020 per assegnare 26mila posti di ruolo, cioè con un contratto a tempo indeterminato, diventati poi 32mila. Si erano presentati 483.583 candidati e candidate, che in molti casi aspettavano da anni il concorso per avere la possibilità di diventare di ruolo dopo tante supplenze e contratti a tempo determinato. Nei mesi successivi però il ministero non era riuscito a organizzare le prove per via dell’emergenza coronavirus. Secondo quanto previsto dal decreto Sostegni bis, il concorso prevedeva una prova scritta con più quesiti a risposta multipla, «destinati all’accertamento delle conoscenze e delle competenze del candidato sulla disciplina della classe di concorso per la quale partecipa, nonché sull’Informatica e la lingua inglese». Il test a crocette è stato introdotto perché garantisce concorsi veloci grazie a procedure snelle, con commissioni agili e poco personale di assistenza.
La prova viene valutata con un punteggio massimo di 100 punti. Per superarla ne servono 70. Le domande sono 50 e bisogna rispondere in 100 minuti, quindi una ogni due minuti. Vengono attribuiti 2 punti per ogni risposta giusta e zero per quelle sbagliate o non date: per raggiungere 70 punti serve in sostanza rispondere in modo corretto ad almeno 35 domande su 50. Chi passa la prova scritta affronta poi una prova orale. Il punteggio finale consente di formare la graduatoria definitiva che tiene conto anche della valutazione dei titoli conseguiti negli anni.
Molte delle domande del concorso iniziato il 14 marzo, dicono i docenti che hanno partecipato, erano basate esclusivamente sull’apprendimento di nozioni a memoria. Per esempio, uno dei quesiti chiedeva qual è l’azione numero 23 del piano nazionale per la scuola digitale. Oppure, a seconda della classe di concorso, si doveva riconoscere un romanzo da alcune righe citate, sapere cosa indicano le prime cifre di un codice a barre, attribuire una terzina a un canto di Dante. In tecnologia, era chiesto cosa succede se nell’acciaio aumenta la percentuale di carbonio, quali siano le proprietà della ghisa, il riciclo dell’alluminio, cosa indichi l’estensione “.sti” e cosa sia il derrick, una torre usata prevalentemente per le perforazioni petrolifere.
In alcuni casi, poi, le risposte multiple sembravano scelte con un’eccessiva semplificazione o con imprecisioni. In una lettera inviata a Orizzontescuola.it, una delle tantissime raccolte negli ultimi giorni da diversi siti che si occupano di scuola, Marta Giusti, candidata che non ha superato la prova, ha spiegato che una domanda relativa al filosofo Spinoza aveva quattro opzioni di risposta incomprensibili: «Spinoza era uno smacco. Lo avevo spiegato pochi giorni prima ed è, peraltro, uno dei miei filosofi preferiti. Non riuscivo a cogliere le sfumature tra le diverse opzioni, un abuso della parola “affezione” e di complicate subordinate intricava il discorso». Anche molti docenti che hanno superato la prova scritta hanno criticato il modello scelto per il concorso, sostenendo di avere avuto semplicemente più fortuna rispetto ai colleghi bocciati.
I risultati diffusi dai sindacati in molte regioni sono piuttosto chiari: le percentuali dei bocciati superano di molto il 50 per cento. In Puglia, nella classe di lettere, chiamata A022, hanno passato la prova 87 docenti sui 1.600 partecipanti, il 5,4 per cento. La percentuale è così bassa che non sono stati nemmeno coperti i posti disponibili, 93. Nella classe di tecnologia per la scuola media hanno passato il test 150 docenti su 2.000 partecipanti, il 7,5 per cento. Anche in molte altre regioni le percentuali sono simili. In Lombardia, sempre nella classe A022, in 964 hanno ottenuto almeno 70 punti: si erano presentati in 6.711. Anche in Friuli Venezia Giulia l’80 per cento dei candidati è stato bocciato, così come in Sardegna.
Luca Malgioglio, docente che fa parte del gruppo “La nostra scuola”, tra gli autori del manifesto per la nuova scuola, una serie di proposte per ripensare la scuola come un luogo di relazioni e crescita più che di semplice apprendimento, dice che alla pagina social del gruppo sono arrivate moltissime lamentele di colleghi che non sono riusciti a passare il concorso. «Con i test a crocette è anche una questione di fortuna. Il ministro Bianchi accusa la scuola di essere eccessivamente nozionistica e poi bandisce un concorso con una prova che si basa esclusivamente sulle nozioni», spiega. «È un sistema inadatto, troppo sbrigativo. Alcune domande hanno risposte incerte, altre imprecise, altre perfino troppo semplici. Sappiamo che per una commissione è più lungo e faticoso correggere elaborati da venti pagine, ma da quel tipo di prove si riesce a capire se davvero un docente ha assimilato la conoscenza e un’idea di come vuole trasmetterla agli studenti».
Docenti, sindacalisti e associazioni hanno chiesto al ministero di ripensare gli esami e di non prevedere più il test a crocette. Finora tutti i politici che hanno commentato gli esiti del concorso concordano con la richiesta dei docenti: nessuno vuole più le crocette.
Anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha ammesso che il sistema delle prove non è adeguato, ma ha dato la colpa a Lucia Azzolina, ministra del governo precedente. «Lo abbiamo ereditato dal passato, sono impegni presi in precedenza che vanno onorati», ha detto Bianchi. «Questo era l’ultimo passaggio di una storia precedente, che ha dimostrato tutti i limiti, non c’è dubbio». Una polemica a cui ha risposto Azzolina, che ha invitato Bianchi ad assumersi la responsabilità della decisione presa dal governo Draghi con il decreto del maggio 2021 che ha introdotto il test a crocette per tutti i concorsi.