La Cina sta ripensando la strategia “zero-COVID”
La variante omicron e i rischi per l'economia stanno spingendo il governo cinese ad ammorbidire un poco le regole più severe
Da lunedì scorso parte di Shanghai, la capitale finanziaria della Cina, è in un nuovo lockdown a causa di un marcato aumento dei casi positivi al coronavirus. La nuova chiusura consentirà alle autorità sanitarie di compiere test a tappeto fino al prossimo primo aprile, quando il lockdown sarà tolto e applicato a un’altra parte della città, sempre per effettuare test su tutti gli abitanti entro il 5 aprile.
La scelta di imporre chiusure di breve durata mentre si eseguono i test è uno dei primi segni di una revisione della cosiddetta strategia “zero-COVID”, applicata in Cina dall’inizio della pandemia e con alterni successi.
Shanghai sta facendo i conti con una nuova ondata di COVID-19 da circa un mese: martedì ha rilevato oltre 4.400 nuovi casi positivi, il numero più alto mai registrato nell’area metropolitana. Per gli standard di molti paesi occidentali, dove nei mesi scorsi erano stati registrati decine di migliaia di casi giornalieri, la quantità di contagi può apparire ridotta, ma non per il governo cinese che in questi due anni ha cercato di evitare la circolazione del coronavirus praticamente ad ogni costo, isolando da subito i contagiati e imponendo rigide quarantene e lockdown prolungati di intere città.
Questa strategia “zero-COVID” aveva dato buoni risultati nelle prime fasi della pandemia, almeno secondo i dati ufficiali.
In due anni nel paese sono stati riscontrati complessivamente meno di 100 casi per milione di persone, contro i quasi 240mila per milione dell’Italia. I decessi per COVID-19 in Cina sono stati circa 3 per milione, contro i 2.630 per milione in Italia.
Isolare e bloccare interi quartieri, se non intere città, ha però avuto un grande costo per la Cina. A fasi alterne, per mesi interi distretti industriali e finanziari non hanno potuto lavorare, causando un grave danno economico al paese e al resto del mondo, che si è dovuto confrontare con una ridotta disponibilità di beni prodotti da uno dei più grandi esportatori al mondo. Il governo cinese vuole evitare di dover ricorrere nuovamente a lunghi periodi di chiusure, specialmente trovandosi davanti a condizioni diverse rispetto a quelle del 2020 e della prima metà del 2021.
L’esperienza di molti paesi occidentali con la variante omicron ha mostrato quanto sia difficile contenere una versione molto più contagiosa del coronavirus, rispetto alle precedenti. Quasi tutti i paesi europei e gli Stati Uniti hanno faticato a farlo, sia per la rapidità di diffusione della variante sia per la necessità di non tornare ad applicare lockdown e altre pesanti limitazioni. La protezione offerta dai vaccini e i sintomi meno gravi della COVID-19 da omicron (soprattutto tra i vaccinati) hanno portato a ondate con un altissimo numero di contagiati, ma in proporzione molti meno casi gravi rispetto alle precedenti.
Con sfumature diverse, i paesi occidentali hanno sperimentato una forma di convivenza con il virus, come è stata definita da molti esperti, pur mantenendo le necessarie cautele per evitare nuovi peggioramenti. Il governo cinese non ritiene praticabile la convivenza con il coronavirus alle attuali situazioni, di conseguenza sta cercando un modo per modificare la strategia “zero-COVID” senza abbandonarla completamente.
I cambiamenti sperimentati nelle ultime settimane nelle aree di maggiore diffusione del coronavirus in Cina hanno riguardato soprattutto la gestione dei casi positivi. Chi è contagiato e ha sintomi lievi non deve più farsi ricoverare negli ospedali, ma deve comunque isolarsi in centri dedicati. La durata dell’isolamento è stata rivista e in molti casi ridotta e si stanno sperimentando nuove strategie di test, come quella in due fasi di Shanghai, per evitare la chiusura delle città.
Dopo un lungo periodo in cui il governo aveva imposto l’impiego dei soli tamponi molecolari, ora è più semplice acquistare kit fai-da-te per farsi un test antigenico in casa. Nel caso in cui il test risulti positivo è però obbligatorio effettuarne uno molecolare.
Altre regole legate alla “zero-COVID” sono invece rimaste in vigore, a dimostrazione della cautela con cui le autorità cinesi stanno rivedendo le politiche di contenimento della pandemia.
I viaggi da e verso la Cina continuano a essere pesantemente limitati, e chi arriva nel paese deve sottoporsi a una quarantena di due settimane in alberghi e altre strutture indicate dalle autorità sanitarie. Si continuano a effettuare test a campione o a tappeto, a seconda dei casi, in alcuni quartieri delle città e se si risulta positivi si deve obbligatoriamente raggiungere una delle strutture per l’isolamento. Le chiusure dei negozi e delle scuole continuano a essere applicate, così come le limitazioni agli spostamenti.
Il presidente cinese Xi Jinping il 18 marzo aveva confermato di non voler abbandonare la strategia “zero-COVID”, ma aveva aggiunto che la Cina si sarebbe «sforzata per ottenere il massimo della prevenzione e del controllo al minor costo e minimizzando l’impatto dell’epidemia sullo sviluppo sociale ed economico». Dall’inizio della pandemia nel 2020, Xi non aveva mai citato i costi economici delle strategie per contenere la diffusione del coronavirus, secondo gli analisti un ulteriore segnale sulla scelta di rivedere parte delle politiche in un momento delicato per l’economia cinese e globale.
Xi confida di poter raggiungere questo obiettivo in primo luogo eseguendo ancora più velocemente i test quando necessario, effettuandoli su aree più ristrette e responsabilizzando maggiormente i governatori delle singole province cinesi. Ci potranno inoltre essere casi di lockdown parziali, dove alcune fabbriche e aziende potranno continuare a lavorare, a patto di eseguire con maggior frequenza i test per identificare e isolare eventuali casi positivi.
La quantità di nuovi contagi continua a essere relativamente alta, se confrontata con i precedenti due anni. Il 19 marzo la Cina ha comunicato due nuovi decessi, i primi da quasi un anno.
Nelle prossime settimane le autorità sanitarie cinesi valuteranno gli effetti delle modifiche alla “zero-COVID” e potranno applicare ulteriori cambiamenti, soprattutto in base a come evolverà la situazione nel caso di un’ulteriore diffusione della variante omicron.