Nei primi due mesi dell’anno è diminuita la dipendenza dal gas russo

A gennaio l'Italia ha importato il 43,8 per cento del gas russo in meno rispetto al gennaio 2021, ma l'indipendenza totale sarà possibile nel giro di tre anni

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(KWON JUNHO/Unsplash)

Nei primi due mesi dell’anno il paese da cui l’Italia ha importato la maggior quantità di gas naturale è stata l’Algeria e non la Russia, da cui invece storicamente ne importiamo di più. La riduzione della dipendenza dal gas russo è un tema al centro delle discussioni pubbliche in tutti i paesi europei in questi giorni, ma i dati aggiornati pubblicati dal ministero della Transizione ecologica mostrano come in Italia la riduzione fosse cominciata già prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

È ancora presto per capire se il sorpasso dell’Algeria sulla Russia, e quindi la riduzione della dipendenza dal gas russo, sarà solo temporaneo o se sarà confermato anche a marzo, in seguito all’invasione russa. È presto anche per capire cosa succederà nei prossimi mesi: il governo ha presentato un piano per ridurre la quantità di gas importata, ma i primi risultati si vedranno nel 2023 e fino ad allora sarà comunque molto complicato fare a meno del gas importato dalla Russia.

L’Italia usa moltissimo il gas per la produzione di energia (per il 42 per cento nel 2020), importandolo quasi tutto (il 95 per cento nel 2021), in larga parte dalla Russia (il 40 per cento delle importazioni di gas nel 2021). Negli ultimi anni gli altri paesi da cui l’Italia ha acquistato più gas sono stati l’Algeria (il 31 per cento delle importazioni nel 2021), il Qatar (9 per cento), l’Azerbaigian (10 per cento) e la Libia (4 per cento).

La dipendenza dal gas russo non è un problema soltanto italiano. Anche molti altri paesi europei importano la maggior parte del gas dalla Russia. Nel 2020, rispetto al totale del gas importato in tutta l’Unione Europea, il 38,1 per cento proveniva dalla Russia. Il secondo paese fornitore di gas è la Norvegia, che però conta solo per il 16 per cento, e poi in percentuali minori ci sono Algeria, Regno Unito e Qatar. Il paese che in proporzione importa più gas di tutti dalla Russia è la Germania, il 65,2 per cento del totale nel 2019, quando l’Italia ne importò il 43,3 per cento. La dipendenza energetica dei paesi europei dalla Russia è un problema di cui si è a conoscenza da anni, e finora da parte dell’Unione Europea non si è fatto molto per porvi rimedio.

Secondo i dati pubblicati dal ministero della Transizione ecologica, a gennaio l’Italia ha ridotto fortemente l’importazione di gas dalla Russia e cercato altri fornitori per assicurarsi il gas necessario alla produzione di energia. L’Italia ha consumato complessivamente 9,7 miliardi di metri cubi di metano, di cui 6,4 miliardi di metri cubi importati da altri paesi. Rispetto al gennaio dello scorso anno, c’è stato un significativo calo della quantità di gas importata dalla Russia: 1,7 miliardi di metri cubi contro i 3 miliardi dell’anno precedente, il 43,8 per cento in meno. Sono aumentate quasi tutte le altre forniture in arrivo da metanodotti e rigassificatori.

L’estrazione di gas in Italia, invece, è diminuita del 13,4 per cento rispetto a un anno fa: da 323 milioni di metri cubi segnalati nel gennaio 2021 a 279 milioni di metri cubi del gennaio scorso.

Anche a febbraio, secondo i dati non ancora certificati del ministero, l’Algeria è al primo posto per approvvigionamenti di gas naturale con 1,7 miliardi di metri cubi importati, contro 1,3 miliardi dalla Russia.

L’Algeria è anche il paese con cui il governo italiano ha già trovato un accordo per un aumento del gas importato: Eni farà un investimento per aumentare la produzione locale di gas, stagnante da alcuni anni, e poter così far crescere la quota destinata alle esportazioni.

Dal punto di vista infrastrutturale non servono investimenti: basterà il gasdotto che si usa già, il TransMed o “Enrico Mattei”, che parte dal deserto algerino, attraversa la Tunisia, e poi il mar Mediterraneo fino a Mazara del Vallo, in Sicilia, e risale l’Italia arrivando a Minerbio, in provincia di Bologna. Può trasportare circa 30 miliardi di metri cubi in un anno: nel 2021 ne trasportò 21 miliardi, quindi c’è margine per aumentare la fornitura. L’accordo dovrebbe prevedere 10 miliardi di metri cubi di gas in più in tempi brevi.

Anche in Qatar Eni vorrebbe investire per arrivare a un aumento delle importazioni (e così in Egitto). Nel caso del Qatar le forniture sono di gas naturale liquefatto (GNL), cioè di gas che viene condensato in modo che occupi meno spazio e possa dunque essere trasportato via nave. Di questo tipo di gas il Qatar è già il primo esportatore per l’Italia.

Il GNL arriva in Italia passando per uno dei tre rigassificatori attivi: il più grande è il Terminale GNL Adriatico ed è un impianto offshore: un’isola artificiale che si trova in mare al largo di Porto Viro, in provincia di Rovigo, e ha una capacità di produzione annuale di 8 miliardi di metri cubi di gas. Anche nel mar Tirreno, al largo della costa tra Livorno e Pisa, c’è un rigassificatore offshore: è una nave metaniera che è stata modificata e ancorata in modo permanente al fondale e immette gas in rete dal 2013. Il terzo rigassificatore in funzione è invece una struttura onshore, cioè sulla terraferma, e si trova a Panigaglia, in provincia di La Spezia.

Il GNL viene trasportato nelle navi a pressione poco superiore a quella atmosferica e a una temperatura di -162 °C. Nei rigassificatori torna allo stato gassoso grazie a un processo di riscaldamento controllato all’interno di un vaporizzatore, che ha un volume adeguato per permettere l’espansione del gas. Il riscaldamento avviene facendo passare il GNL all’interno di tubi immersi in acqua marina – che ha chiaramente una temperatura più alta.

– Leggi anche: Perché non costruiamo nuovi rigassificatori?

Anche dall’Angola e dal Repubblica del Congo si vorrebbe comprare gas liquefatto e il piano di Eni sarebbe realizzarvi due impianti per la liquefazione, per arrivare all’importazione dopo il 2023. Per ora comunque non c’è nulla di certo. In generale, secondo le previsioni del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, l’Italia potrebbe eliminare totalmente la sua dipendenza dal gas russo nel giro di tre anni.

Durante un’informativa alla Camera, Cingolani ha detto che servono investimenti in tempi brevi per garantire «nuova capacità di rigassificazione su unità galleggianti ancorate in prossimità di porti, realizzabile in 12-18 mesi (dall’ottenimento delle autorizzazioni)». Le navi metaniere potrebbero portare una quantità di gas tra 16 e 24 miliardi di metri cubi all’anno.