Dieci risposte sulla guerra in Ucraina
A domande che forse vi siete fatti, o avete sentito fare, sull'«espansione della NATO», sulla presenza dei nazisti in Ucraina e sui fatti di piazza Indipendenza del 2014
Nelle ultime quattro settimane, da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, ci sono stati alcuni temi che più di altri sono finiti nel dibattito pubblico: alcuni rilevanti e centrali per capire il conflitto, altri molto più marginali ma spinti dalla propaganda di parte, soprattutto quella russa. Alcune domande ricorrenti hanno riguardato la cosiddetta «espansione a est della NATO», ritenuta da una certa corrente di pensiero una “provocazione” che avrebbe spinto la Russia a invadere legittimamente l’Ucraina; oppure la presunta presenza massiccia di nazisti tra i combattenti e i politici ucraini, che avrebbe dato motivo al presidente russo Vladimir Putin di avviare quel processo che lui ha chiamato più volte «denazificazione» del paese; oppure la natura delle proteste del 2014 a Kiev, che sono state definite da qualcuno un «colpo di stato».
In ordine, un po’ di risposte.
1. È vero che in Ucraina ci sono i nazisti?
In Ucraina, come in tutti i paesi europei, sono presenti gruppi e partiti di estrema destra. L’Ucraina ha anche una lunga storia di collaborazionismo col regime nazista tedesco durante la Seconda guerra mondiale. Oggi però i gruppi neonazisti fanno parte di una frangia estremamente minoritaria della politica ucraina. Alle elezioni parlamentari del 2019 vinte dall’attuale presidente Volodymyr Zelensky – che fra l’altro è ebreo – il principale partito neofascista, Svoboda, ha preso il 2,15 per cento dei voti.
Il controverso Battaglione Azov, una milizia incorporata nell’esercito ucraino che ha posizioni esplicitamente neonaziste, prima della guerra contava appena qualche centinaio di membri. Molti analisti concordano sul fatto che il presidente russo Vladimir Putin abbia accusato le istituzioni ucraine di connivenza con i neonazisti per fare leva su un sentimento di orgoglio ancora oggi molto diffuso in Russia per il contributo dato dall’Unione Sovietica a sconfiggere la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale.
2. Perché la Russia parla di “genocidio” nel Donbass?
Dal 2014 in gran parte del Donbass, una regione nell’Ucraina orientale, è in corso una guerra fra combattenti filorussi finanziati e armati dalla Russia e l’esercito ucraino. In questi anni la Russia ha accusato più volte l’Ucraina di avere preso di mira, nel corso dei combattimenti, i civili russofoni del Donbass. Lo stesso Putin e i portavoce del governo russo hanno parlato più volte di «genocidio», ma senza fornire prove o dati a sostegno della loro tesi. Una missione speciale dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), una organizzazione di cui fa parte anche la Russia, è attiva nell’Ucraina orientale dal 2014 e non ha mai segnalato alcuna prova di attacchi deliberati dell’esercito ucraino nei confronti dei civili russofoni. Le accuse di genocidio portate avanti dal governo russo sembrano insomma essere un pretesto per giustificare l’invasione dell’Ucraina.
3. È vero che fra 2013 e 2014 in Ucraina c’è stato un colpo di stato?
È molto difficile descrivere quello che successe all’epoca come un colpo di stato. In estrema sintesi, nel novembre del 2013 il governo ucraino guidato dal filorusso Viktor Yanukovich decise a sorpresa di abbandonare i negoziati per stipulare un accordo commerciale e politico con l’Unione Europea. Yanukovich accettò invece un prestito da circa 13 miliardi di euro – necessari per sistemare le traballanti finanze ucraine – dalla Russia, con cui si impegnò a rafforzare i propri legami. A questa decisione seguirono per mesi proteste di piazza partecipate da centinaia di migliaia di persone, che diventarono anche violente: erano i giorni della cosiddetta “rivoluzione di piazza Indipendenza”.
Il governo Yanukovich cercò di reprimere le proteste con la violenza, ma non ci riuscì. Nel febbraio del 2014, al culmine delle tensioni, Yanukovich lasciò il paese e si rifugiò in Russia. Tre mesi dopo il filoeuropeo Petro Poroshenko vinse con ampio margine le elezioni presidenziali.
L’elezione dell’attuale presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non è direttamente legata a quegli eventi: nel 2019 Zelensky vinse a sorpresa le elezioni presidenziali con una piattaforma politica trasversale, superando sia i candidati filorussi sia quelli più esplicitamente filoeuropei, come lo stesso Poroshenko.
4. Putin ha attaccato l’Ucraina per via di una “provocazione” della NATO?
Alcuni analisti ritengono che la progressiva adesione alla NATO di diversi paesi dell’Europa orientale che facevano parte dell’Unione Sovietica o del Patto di Varsavia sia stata un errore e di fatto una provocazione nei confronti della Russia, perché avrebbe alimentato la sua percezione di essere accerchiata da paesi ostili. Errore o meno, la NATO non ha portato avanti una «espansione», almeno non nel senso con cui viene interpretata da molti la parola, implicando una conquista militare o un atto contro la volontà dei paesi coinvolti. Gli stati che hanno aderito all’alleanza negli ultimi quindici anni hanno chiesto volontariamente di farlo. L’ultimo, la Macedonia del Nord, lo ha fatto in seguito a un referendum popolare.
Molte di queste richieste, a detta dei governi che le hanno presentate, sono arrivate in risposta a una politica estera sempre più aggressiva da parte della Russia. Fin dall’invasione dell’Ossezia del Sud nel 2008, la Russia ha mostrato di volere riprendere a condizionare la vita economica, politica e sociale dei paesi che fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica avevano fatto parte della sua area di influenza: e ha mostrato di essere disposta a usare la forza, dove necessario. Diversi osservatori ritengono che anche l’invasione dell’Ucraina vada inquadrata nella volontà della Russia di tornare a contare di più negli equilibri mondiali, più che in una logica di blocchi contrapposti come avveniva durante la Guerra Fredda.
5. Quanto era vicina l’Ucraina ad entrare nella NATO, prima della guerra?
Non era affatto vicina. La NATO aveva promesso all’Ucraina che un giorno sarebbe entrata nell’alleanza con gli accordi di Bucarest, firmati nel 2008: ma fu una promessa molto vaga, che non aveva un limite di tempo e che non dava l’avvio a nessuna concreta procedura di ammissione. Come ha scritto di recente il New York Times, fu anche una promessa azzardata, forzata dall’allora presidente statunitense George W. Bush mentre gli altri paesi membri erano preoccupati di come avrebbe reagito la Russia, che ha sempre considerato l’Ucraina come un pezzo centrale della propria area di influenza. Da allora non ci sono stati reali passi in avanti.
– Leggi anche: La promessa della NATO all’Ucraina che nessuno ha intenzione di mantenere
Dal 2014 in poi, in particolare, le prospettive dell’Ucraina di entrare nella NATO si sono ridotte praticamente a zero. La NATO prevede una clausola di difesa collettiva che obbliga l’alleanza a intervenire militarmente in difesa di uno stato membro, se attaccato: ma l’Ucraina è da otto anni in guerra con i separatisti filorussi nel Donbass, e un eventuale intervento della NATO avrebbe verosimilmente provocato un conflitto su scala molto maggiore.
6. Come è iniziata la guerra in Crimea e nel Donbass?
Nel febbraio del 2014, pochi giorni dopo che Yanukovich aveva lasciato l’Ucraina e mentre in diverse città del paese si tenevano manifestazioni filoeuropee, la Russia invase la penisola della Crimea, una regione dove abitavano molte persone russofone nel sud dell’Ucraina che la Russia riteneva minacciate dagli eventi in corso. All’inizio il governo russo negò ogni coinvolgimento nell’invasione: le truppe russe arrivarono in Crimea indossando divise verdi senza segni di riconoscimento, e poche settimane dopo organizzarono un referendum sull’annessione alla Russia con urne trasparenti e soldati russi che pattugliavano i seggi. Il Sì (la posizione favorevole all’annessione) vinse con percentuali superiori al 95 per cento. Putin ammise che l’annessione della Crimea era stata compiuta da forze russe soltanto nel 2015.
Circa un mese dopo il referendum in Crimea, gruppi di separatisti filorussi attaccarono parti della regione di Luhansk e di Donetsk, circa un terzo dell’intero Donbass, una regione nell’Ucraina orientale. Da allora la Russia ha sobillato, armato e finanziato i separatisti permettendo che prendessero il controllo amministrativo del territorio. Dal 2014 ad oggi il conflitto nel Donbass è proseguito, sebbene con intensità minore, causando comunque migliaia di morti.
7. È vero che la NATO ha organizzato esercitazioni militari in Ucraina?
Negli ultimi tempi l’esercito ucraino ha tenuto diverse esercitazioni militari sul proprio territorio, insieme a diversi alleati occidentali. Nel settembre del 2021 quattromila dei suoi soldati hanno partecipato a una esercitazione congiunta con truppe europee, statunitensi e africane organizzata in collaborazione con l’esercito statunitense. Due mesi prima ce n’era stata un’altra in collaborazione con gli eserciti di Stati Uniti, Polonia e Lituania, oltre a una esercitazione navale nel Mar Nero guidata dalla Bulgaria che aveva coinvolto diversi paesi europei fra cui l’Ucraina.
Nessuna di queste esercitazioni era stata formalmente organizzata nell’ambito della NATO. A gennaio, quando erano iniziate le tensioni fra l’Occidente e la Russia, gli Stati Uniti avevano comunque fatto sapere che per venire incontro alle richieste della Russia sarebbero stati disponibili a ridurre le esercitazioni militari congiunte con le forze ucraine.
8. È vero che in Ucraina è illegale parlare russo?
Non esattamente. Nel 2019 il presidente uscente Poroshenko promosse e fece approvare dal Parlamento ucraino una legge che imponeva ai dipendenti pubblici di conoscere l’ucraino, una lingua vicina al russo ma repressa durante gli anni dell’Unione Sovietica. La stragrande maggioranza degli ucraini è bilingue, e per alcuni la lingua madre è il russo: fra di loro c’è anche Volodymyr Zelensky, che infatti nel 2019 si oppose all’approvazione della legge.
Negli anni seguenti però Zelensky non l’ha smantellata né ha impedito che nel gennaio del 2021 entrasse in vigore una misura, prevista dalla legge del 2019, che obbliga negozi e ristoranti a rivolgersi ai clienti in ucraino, a meno che i clienti chiedano esplicitamente di parlare russo. La questione della lingua è assai delicata e controversa, e negli ultimi anni è stata spesso strumentalizzata dalla propaganda russa. Un sondaggio del 2019 realizzato da un rispettato istituto di ricerca ucraino ha indicato che il 69 per cento degli ucraini è a favore di una prevalenza della lingua ucraina nella vita pubblica dello stato.
9. Gli Stati Uniti possiedono laboratori di armi biologiche nell’Europa dell’Est?
No. Il governo degli Stati Uniti collabora da anni con quello ucraino per la gestione e lo smaltimento di sostanze considerate tossiche, ma non esiste alcuna prova che il programma abbia una natura militare, e l’amministrazione statunitense ha smentito più volte di «gestire oppure operare laboratori chimici e biologici in Ucraina». La macchina della propaganda russa aveva messo in circolazione notizie false su presunti laboratori statunitensi in Ucraina già due anni prima dell’inizio della guerra.
Sappiamo con certezza, invece, che la Russia ha appoggiato un regime che negli anni scorsi ha fatto largo uso di armi chimiche, come quello siriano di Bashar al Assad, e ha usato agenti chimici per avvelenare dissidenti russi in giro per il mondo, come nel caso di Alexei Navalny.
10. Putin sta compiendo crimini di guerra?
Per il diritto internazionale, attacchi deliberati e sistematici da parte di un esercito verso obiettivi civili sono un crimine di guerra, così come l’uso di armi particolari. Dall’inizio della guerra in Ucraina sono emerse diverse prove che la Russia stia compiendo crimini di guerra, come il bombardamento dell’ospedale di Mariupol, e che non stia rispettando il principio di proporzionalità nell’uso della forza, come regolato dal diritto internazionale in caso di conflitto armato.
Ma come accaduto in passato con molte altre guerre, è raro che i responsabili di crimini di guerra ricevano sanzioni e condanne per le loro azioni. Provare le eventuali responsabilità per questi crimini sarà un processo lungo e complicato, che potrebbe non portare nemmeno a incriminazioni formali e processi, né di leader militari né di esponenti del governo russo.
Il 16 marzo la Corte internazionale di giustizia, il principale tribunale dell’ONU, ha ordinato alla Russia di «sospendere immediatamente le operazioni militari», ma la decisione non ha provocato alcuna conseguenza concreta sul conflitto.