La Moldavia sarà la prossima?
Nel piccolo paese dell'Europa orientale questa domanda se la stanno facendo in molti, dopo l'invasione russa in Ucraina: e trovare una risposta non è semplice
di Luca Misculin con foto di Valentina Lovato
L’invasione russa dell’Ucraina sta provocando molta preoccupazione tra i governi dei paesi che il presidente russo Vladimir Putin ritiene essere sotto la sua sfera di influenza: il timore è infatti che Putin possa decidere di non fermarsi all’Ucraina, e spostare le proprie truppe in altri territori.
«Tutti i miei amici si sono fatti un piano», racconta Tatiana (nome di fantasia), che ha 25 anni e vive a Chișinău, la capitale della Moldavia, un piccolo e povero paese che condivide un lungo confine con l’Ucraina. Fino al 1991 la Moldavia faceva parte dell’Unione Sovietica e oggi una piccola parte del suo territorio è occupata da una autoproclamata repubblica filorussa, la Transnistria. «È una cosa che ti tiene sempre in allerta. Esci la sera, bevi una birra, ma sei sempre lì a pensare: e se questi invaderanno la Moldavia? Bisogna stare pronti», dice Tatiana.
Politici e attivisti in Moldavia ritengono che la paura sia stata un elemento fondamentale che ha spinto i moldavi ad accogliere un numero enorme di profughi ucraini: temono, insomma, che i prossimi a trovarsi in una condizione simile saranno proprio loro.
Molti stanno cominciando a pianificare una eventuale partenza, occupandosi di questioni molto concrete. Tatiana per esempio ha raccontato che sua madre ha avviato le pratiche per fare il passaporto al gatto, visto che nell’Unione Europea gli animali domestici possono entrare soltanto con un documento che certifichi le vaccinazioni che gli sono state somministrate.
Negli ultimi due secoli la Moldavia ha vissuto quasi sempre sotto la dominazione russa, prima zarista e poi sovietica.
Chișinău è stata ricostruita quasi interamente dopo la Seconda guerra mondiale secondo i dettami dell’architettura sovietica, e nei suoi larghi boulevard circondati da palazzoni squadrati si sente spesso parlare russo, la seconda lingua più diffusa nel paese dopo il romeno. La Russia di Vladimir Putin ha coltivato estesi legami con il Partito dei Socialisti della Repubblica di Moldavia, che ha vinto due delle ultime tre elezioni parlamentari ed espresso il presidente dal 2016 al 2020.
Dopo la sorprendente vittoria della filo-europeista Maia Sandu alle ultime elezioni presidenziali, la Russia aveva reagito aumentando i prezzi delle forniture di gas, che fino a quel momento erano calmierati per via dei buoni rapporti fra i due governi, e facendo dichiarazioni sempre più minacciose su un ulteriore avvicinamento all’Unione Europea. Avvicinamento che nei fatti è poi accaduto: nell’ottobre del 2021 la Commissione Europea ha prestato 60 milioni di euro alla Moldavia per fare fronte all’aumento dei prezzi del gas russo: di fatto, un contributo al pagamento delle bollette dei moldavi.
Pochi giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, Sandu ha chiesto ufficialmente che la Moldavia diventasse un paese candidato a entrare nell’Unione Europea.
Secondo alcuni analisti la Russia potrebbe cercare di fare in Moldavia quello che verosimilmente non le è riuscito in Ucraina: invadere il paese per imporre rapidamente un governo fantoccio appoggiato dai partiti filorussi. E magari usare il territorio moldavo per aprire un nuovo fronte nella guerra contro l’Ucraina, da sud.
Al momento le forze russe distano circa 150 chilometri in linea d’aria dal confine moldavo. Da una parte l’occupazione del paese permetterebbe alla Russia di controllare un corridoio che arriverebbe fino ai confini della Romania, cioè dell’Unione Europea; dall’altra parte però rischierebbe di allargare troppo le operazioni militari russe, che già in Ucraina stanno soffrendo per grossi errori militari e problemi nel proteggere le linee dei rifornimenti.
Non tutti concordano sul fatto che la Moldavia rischi davvero di essere invasa. Nel ristrettissimo circolo di funzionari e diplomatici stranieri che vivono a Chișinău esiste una corrente di pensiero secondo cui la Russia non avrebbe alcun interesse ad occupare la Moldavia, un paese povero di risorse naturali, senza una tradizione industriale o turistica, le cui menti più brillanti emigrano sistematicamente verso l’Europa.
Anche lo stesso governo moldavo sembra condividere lo stesso ragionamento, almeno pubblicamente. «Non vediamo ragioni perché la Moldavia diventi l’obiettivo di un’aggressione militare», ha detto la settimana scorsa il ministro degli Esteri moldavo Nicu Popescu.
Altri analisti sono convinti che Putin abbia smesso da tempo di ragionare in termini che l’Europa occidentale considera razionali, e che predire le sue prossime mosse sia diventato quasi impossibile. Ad ogni modo una invasione delle forze russe è considerata una possibilità concreta da diversi moldavi, che raccontano di valigie pronte in caso di un attacco improvviso e di una generale difficoltà a vivere la propria vita in maniera normale e ordinaria.
«Anche se da noi non sparano e non ci arrivano le bombe in testa, tutta questa agitazione e questa aria di guerra non ci rendono sereni», spiega Iulia Sestakowski, la rettrice di uno studentato a Căușeni, nel sud della Moldavia, totalmente riconvertito per fare spazio ai profughi in arrivo dall’Ucraina: «Possiamo aspettarci qualsiasi cosa in qualunque momento». Căușeni si trova ad appena 15 chilometri dalla Transnistria e a 90 chilometri da Odessa, il principale porto ucraino sul Mar Nero, che è presumibilmente uno dei prossimi obiettivi militari russi in Ucraina.
Anche in Moldavia, però, c’è chi semplicemente non vede un pericolo, perché condizionato dalla propaganda russa. «Due settimane fa la mia famiglia si è riunita per un compleanno e la situazione è stata molto tesa», ha raccontato Valentina Munteanu, una studentessa universitaria moldava che da molti anni vive e studia in Italia. «I miei parenti rimasti in Moldavia sono divisi fra quelli che sono preoccupati e quelli che continuano a dire che è tutto falso. Più sono anziani e più fanno fatica a slegarsi da una mentalità filorussa, anche perché sono abituati a guardare la tv russa e quindi a considerare Putin come un personaggio positivo».
I moldavi abituati a reperire informazioni dalla tv o dai giornali non hanno molta scelta. I media indipendenti moldavi sono pochi e con scarsi mezzi a disposizione. Diversi canali televisivi privati sono legati a partiti o imprenditori filorussi. «Questi canali parlano raramente della guerra in Ucraina, e non mostrano nemmeno le immagini dei bombardamenti», ha spiegato di recente l’esperta di media moldavi Anastasia Nani alla Columbia Journalism Review.
I più giovani, soprattutto nelle città, tendono invece a informarsi su Telegram, un social network enormemente popolare nei paesi dell’Europa orientale e più difficile da controllare rispetto a giornali e televisioni. «Abbiamo giornalisti che gestiscono canali privati e ogni giorno fanno una selezione di notizie con una serie di link: se un giovane moldavo segue le notizie, lo fa in questo modo» racconta Teodora Druchek, che ha 18 anni, vive nel centro di Chișinău e fra qualche mese inizierà l’università all’Aia, nei Paesi Bassi. «Fra i miei amici non conosco nessuno che sostenga Putin».
A volte la consapevolezza dei più giovani di vivere in una realtà parallela sfocia nel cinico sarcasmo dei meme o nelle battute sulla guerra.
«In caso di un’invasione russa, il governo moldavo si troverebbe costretto a impiegare i carri armati per fermare le forze russe. A quel punto l’esercito moldavo potrebbe rispondere: “quale dei due dovremmo usare?”», racconta divertita Druchek. L’esercito moldavo è uno dei più piccoli e arretrati nella regione, e avrebbe pochissime possibilità di opporre difesa in caso di un eventuale attacco russo.
Per destabilizzare la Moldavia potrebbe bastare molto meno di un’invasione. In caso di occupazione russa di Odessa, per esempio, le autorità moldave si aspettano un flusso di profughi di poco meno di un milione di persone in un mese, contro i circa 360mila arrivati finora. L’opinione che circola fra le persone che si occupano di accoglienza in Moldavia è che il sistema attuale collasserebbe, creando grossi problemi al governo filoeuropeista di Maia Sandu, con qualche possibile passo indietro del percorso di avvicinamento della Moldavia all’Unione Europea.