Quando servirà una quarta dose
Oltre agli immunodepressi, si discute sull'estensione ai più anziani di un ulteriore richiamo, ma al momento ci sono poche evidenze scientifiche
Il nuovo aumento di positivi al coronavirus delle ultime settimane in numerosi paesi, compresa l’Italia, ha riaperto il confronto tra scienziati e politici sull’opportunità di somministrare una quarta dose dei vaccini contro il virus. Il tema è dibattuto, anche se a oggi non ci sono evidenze scientifiche per sostenere che un ulteriore richiamo da subito possa migliorare la protezione contro la COVID-19 nella popolazione in generale, mentre ci sono buoni motivi precauzionali per somministrare una quarta dose alle persone immunodepresse e con altri problemi al sistema immunitario.
A rischio
Alla fine dello scorso febbraio, per esempio, il ministero della Salute italiano aveva autorizzato la somministrazione di una quarta dose per questa categoria di persone. Gli immunodepressi possono ricevere nuovamente un vaccino a mRNA (di Pfizer-BioNTech o Moderna) purché sia trascorso un intervallo minimo di 120 giorni dal primo richiamo. Le somministrazioni sono state avviate all’inizio di marzo, ma riguarderanno comunque una porzione molto limitata dei già vaccinati, escludendo per ora altre categorie a rischio, come gli anziani.
La scorsa settimana il ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva chiarito la scelta del governo: «In questo momento non ci sono evidenze scientifiche che portano a dirci “quarta dose per tutti”, questo è lo stato delle conoscenze in questo momento. […] Stiamo valutando anche una ipotesi di estensione della quarta dose alle fasce generazionali più avanzate, quindi comunque dentro a un ambito di fragilità».
Speranza aveva poi spiegato che la valutazione avrebbe comunque richiesto tempo, ma che le dosi nel caso di una estensione a una fascia più ampia della popolazione non mancheranno.
All’inizio dell’anno, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) aveva già segnalato dubbi sulla necessità di procedere con una quarta dose di vaccino per tutti. Come in altre occasioni nel corso della pandemia, l’EMA aveva invitato i governi europei ad attendere nuovi studi e analisi che fornissero qualche evidenza scientifica sull’utilità di un ulteriore richiamo. L’approccio da allora non è sostanzialmente cambiato e nel frattempo alcuni studi in merito sono stati pubblicati, senza esiti imprevisti.
Dati
Una delle prime analisi sulla quarta dose era stata realizzata tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 tra il personale sanitario di un ospedale in Israele, sottoposto a un’ulteriore dose vista la loro professione a rischio. La vaccinazione si era rivelata inadeguata nel fermare le infezioni dovute alla variante omicron, molto più contagiosa delle varianti precedenti, ma aveva comunque contribuito a fornire un’alta protezione contro le forme gravi della COVID-19.
La scorsa settimana, gli autori dell’analisi hanno pubblicato il loro lavoro sulla rivista medica New England Journal of Medicine, segnalando come per le persone adulte e in salute una quarta dose offra poca protezione aggiuntiva, rispetto a quella che si ottiene con un primo richiamo al termine del ciclo vaccinale iniziale.
Sembra però che gli effetti del richiamo tendano ad attenuarsi sensibilmente con il passare del tempo, per lo meno per quanto riguarda la capacità di prevenire l’infezione. Per questo motivo la somministrazione di una quarta dose potrebbe essere più un tema di quando, che di se.
Autorizzazioni
Moderna ha di recente presentato negli Stati Uniti una domanda per l’autorizzazione di emergenza di una seconda dose di richiamo, per tutti gli adulti. In precedenza, Pfizer-BioNTech avevano presentato una richiesta simile, ma solamente per le persone con più di 65 anni.
Secondo Moderna, un’autorizzazione generalizzata consentirebbe alle autorità sanitarie di applicare più velocemente nuove eventuali raccomandazioni, avendo già a disposizione le autorizzazioni necessarie. Queste ultime saranno discusse nelle prossime settimane e non è scontato che siano concesse senza particolari limitazioni e precauzioni.
Anziani
In attesa di nuove evidenze scientifiche, c’è del resto una certa cautela da parte delle istituzioni sanitarie sul da farsi. Un ulteriore richiamo potrebbe rivelarsi utile per le persone più anziane, il cui sistema immunitario tende a essere meno reattivo ed efficiente a causa dell’età. Di solito gli anziani hanno inoltre altri problemi di salute, come ipertensione o diabete, che si sono rivelati importanti fattori di rischio nello sviluppo di forme gravi di COVID-19.
Nel Regno Unito si è già deciso di provvedere alla somministrazione della quarta dose non solo agli immunodepressi, ma anche alle persone con più di 75 anni. In mancanza di dati ancora chiari, la scelta è di natura politica e ha l’obiettivo di assumere qualche cautela in più nei confronti dei più esposti, senza attendere l’inizio della prossima stagione fredda quando potrebbe rendersi necessaria una dose di richiamo per tutta la popolazione.
Tempi
La scelta dei tempi potrebbe rivelarsi determinante per l’utilità di una quarta dose. Se l’attuale aumento dei casi si traducesse in una nuova grande ondata, come quella avvenuta tra dicembre e gennaio, allora potrebbe essere utile anticipare la somministrazione di una quarta dose per lo meno per le persone anziane. Ma se le cose dovessero migliorare nei prossimi giorni e con l’arrivo della stagione calda, allora una quarta dose potrebbe rivelarsi più utile dopo l’estate, in vista di autunno e inverno, dove si trascorre più tempo con altre persone al chiuso e ci sono quindi maggiori rischi di contagio.
In quest’ultimo scenario, le persone vaccinate oggi con una quarta dose potrebbero risultare svantaggiate, perché probabilmente tra sei mesi avrebbero una minore protezione derivante dal richiamo fatto in primavera. Potrebbero inoltre emergere nuove varianti nei prossimi mesi, tali da rendere necessario un aggiornamento degli attuali vaccini per contrastarle meglio.
L’impossibilità di fare previsioni accurate sulle nuove ondate, come invece riusciamo a fare con una discreta precisione nel caso dell’influenza, renderà molto difficile la programmazione delle future campagne vaccinali per qualche tempo. Col passare degli anni, la situazione potrebbe infine stabilizzarsi rendendo possibili stime più accurate sulla stagionalità del coronavirus.
Prime dosi
In linea di massima, per le persone al di sotto dei 65 anni e in salute, la maggior parte degli esperti ritiene che al momento le tre dosi di vaccino ricevute siano sufficienti per avere una buona protezione. Una nuova dose ora o entro pochi mesi avrebbe effetti marginali sull’efficacia dei vaccini, specialmente tra chi ha meno di 30 anni.
Gli sforzi delle autorità sanitarie dovrebbero essere quindi orientati soprattutto a vaccinare la parte della popolazione che non ha ancora ricevuto una dose del vaccino, o che non si è sottoposta alla somministrazione del primo richiamo. In più occasioni l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha invitato i governi, specialmente dei paesi più ricchi, a organizzare iniziative per incentivare le vaccinazioni nei paesi più poveri, dove le percentuali di popolazione vaccinata sono molto basse. Una maggiore quantità di vaccinati non solo riduce i rischi legati alla COVID-19, ma rende anche meno probabile la formazione e la circolazione di nuove varianti, per quanto non possa escluderla completamente.