I russi che scappano dalla Russia
Per fuggire dagli effetti delle sanzioni e per paura della repressione del governo: non tutti, però, vengono accolti bene all'estero
Negli ultimi giorni migliaia di russi hanno lasciato il loro paese, creando un flusso migratorio che sembra avere pochi precedenti nella storia recente della Russia. Le cause sono per lo più gli effetti delle durissime sanzioni occidentali imposte a causa dell’invasione dell’Ucraina, che rischiano di peggiorare lo stile di vita di moltissime persone, e le ultime misure contro il dissenso, che stanno cancellando le libertà che non erano ancora state represse dal governo guidato dal presidente Vladimir Putin.
Non si sa con precisione quanti siano i russi che hanno lasciato il loro paese nelle ultime tre settimane: una delle stime più affidabili è del New York Times, che parla di decine di migliaia di persone (su oltre 140 milioni di abitanti), un flusso che alcuni osservatori stanno paragonando all’emigrazione degli oltre 100mila oppositori dei comunisti bolscevichi durante la guerra civile russa del 1918-1920.
Molti di questi scapparono nell’allora Costantinopoli, oggi Istanbul, città che è anche oggi la meta di molti russi che stanno lasciando il paese, anche perché la compagnia aerea turca Turkish Airlines è una delle poche che continuano a volare da e per la Russia. Ma i russi vanno anche in paesi limitrofi come Armenia, Georgia, Uzbekistan, Kirghizistan e Kazakistan. Un’altra destinazione è la Serbia, paese tradizionalmente vicino alla Russia, che pur essendosi detta contraria all’invasione dell’Ucraina ha evitato, almeno per ora e con qualche esitazione, di aderire alle dure sanzioni occidentali. Molti dei russi più ricchi, invece, sono partiti per gli Emirati Arabi Uniti.
Molti russi stanno andando anche in paesi europei come la Lettonia e la Finlandia, la quale condivide il più lungo confine occidentale con la Russia ed è raggiungibile sia in auto sia in treno. Per arrivare in Finlandia in treno bisogna percorrere l’unica rotta ferroviaria al momento aperta tra la Russia e l’Unione Europea, quella tra San Pietroburgo e Helsinki. I russi che vanno in Lettonia e in Finlandia, però, sono i pochi che hanno un visto europeo, e che quindi avevano già rapporti con l’Unione Europea: sono ad esempio i russi che già vivono o lavorano nei paesi europei.
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Il motivo più rilevante che sta spingendo molti russi ad andarsene sono le sanzioni, che oltre a portare la Russia verso un possibile default stanno complicando notevolmente anche le operazioni quotidiane più semplici. Aziende come Visa e Mastercard, che gestiscono i più grandi circuiti di carte di credito al mondo, hanno sospeso le proprie attività, il che ha reso difficile anche solo prelevare del denaro o pagare online.
È diventato complicato anche prendere un aereo per andare all’estero, dato che Stati Uniti e Unione Europea hanno chiuso il loro spazio aereo alle compagnie russe, e la Russia ha a sua volta chiuso il proprio agli aerei di 36 paesi. Questo significa, per esempio, che per volare da Mosca all’Italia o viceversa bisogna prendere un volo di una delle poche compagnie che ancora non hanno interrotto i voli con la Russia, come Turkish Airlines, e fare uno scalo.
Molte persone se ne vanno dalla Russia perché temono che il presidente Vladimir Putin decida di imporre la legge marziale, che gli darebbe tra le altre cose il potere di chiudere i confini del paese e di rendere l’arruolamento nell’esercito obbligatorio. Altri se ne vanno per il timore della censura sempre più stringente imposta nelle ultime settimane dal governo, che sta impedendo a chi è contrario all’invasione dell’Ucraina di protestare liberamente: negli ultimi giorni migliaia di persone sono state arrestate semplicemente perché manifestavano il proprio dissenso nei confronti della guerra.
Altri ancora se ne vanno per paura di non poter più svolgere il proprio lavoro: è una paura che riguarda prevalentemente i giornalisti e tutti quelli che lavorano nei media, a causa di una legge approvata di recente dal Parlamento russo che punisce la diffusione di quelle che il regime definisce “notizie false” sull’operazione militare in Ucraina, ovvero le notizie che sono in contrasto con la versione governativa.
Per chi lascia la Russia, però, le cose non sono sempre semplici nei paesi in cui arrivano, principalmente a causa degli atteggiamenti ostili con cui in molti casi gli esuli russi vengono accolti.
Succede soprattutto in Georgia, dove secondo il governo dall’inizio della guerra sono arrivati circa 20mila cittadini russi. La Georgia è certamente uno dei paesi più sensibili all’espansionismo russo, dato che nel 2008 la Russia la invase per respingere le truppe georgiane che avevano invaso l’Ossezia del Sud, regione autonoma che confina a nord con la Russia e che da tempo rivendicava il riconoscimento della sua indipendenza. L’esercito russo rispose con un intervento militare rapidissimo e in una settimana sconfisse le truppe georgiane spingendole fino quasi alle porte della capitale Tbilisi. La memoria di quell’invasione è ancora molto vivida in Georgia e le ostilità tra i due paesi non si sono mai esaurite.
In questi giorni, gli esuli russi che sono scappati in Georgia sono stati definiti in più occasioni “invasori” dalla popolazione locale: sono stati aggrediti verbalmente per strada, sono stati dedicati loro graffiti ostili e hanno ricevuto commenti denigratori sui social media, e alcuni cittadini hanno anche chiesto che i proprietari di immobili non firmino contratti con eventuali affittuari russi.
L’ostilità si è vista anche a livelli più istituzionali: il New York Times, per esempio, scrive che una banca georgiana chiede ai suoi nuovi clienti, se sono russi, di firmare una dichiarazione in cui denunciano l’invasione dell’Ucraina e riconoscono che alcuni territori della Georgia sono occupati dalla Russia. È una dichiarazione scritta, che potrebbe essere problematica per i cittadini russi che un giorno decidano di tornare in Russia.
Per molti russi emigrati, l’ostilità nei loro confronti è quindi un ostacolo anche pratico allo stabilirsi altrove. Per questo, nei paesi più frequentati dagli esuli russi, sono anche nati gruppi di sostegno psicologico e logistico, per esempio per riuscire a trovare casa, organizzati soprattutto da altri esuli russi che si sono trovati in situazioni simili.