La circolare che invita l’esercito a tenersi pronto
I vertici militari l'hanno definita «di carattere routinario», fa riferimento alla guerra in Ucraina e chiede che gli addestramenti si concentrino sul combattimento
Una lettera inviata dallo Stato maggiore dell’esercito (SME) ai comandi in cui sono articolate le forze armate ha provocato in questi giorni alcune polemiche e qualche apprensione. È una circolare datata 9 marzo e resa nota due giorni fa, firmata dal generale Bruno Pisciotta, capo ufficio generale del capo dello SME, che a sua volta è la struttura a capo dell’esercito italiano. In sostanza raccomanda ai comandi militari di tenersi pronti a ogni eventualità, visto quanto sta succedendo in Ucraina, invitando a valutare con cura le richieste di congedo anticipato, per non privarsi di personale che potrebbe tornare utile, e di indirizzare l’addestramento dei soldati al «warfighting», cioè alle attività di combattimento.
In realtà è una lettera piuttosto scontata, se non proprio di routine, vista l’invasione russa in Ucraina e l’eventualità, al momento remota ma comunque possibile, che il conflitto coinvolga anche le forze della NATO, l’alleanza militare tra molti paesi europei e gli Stati Uniti. Ha comunque provocato delle reazioni critiche. Rifondazione comunista, che ha diffuso la lettera, in un comunicato, ha scritto che «il nostro esercito si prepara a combattere. Ed è gravissima la circolare del 9 marzo: è la dimostrazione lampante che il nostro paese è già parte cobelligerante del conflitto in corso».
Lo Stato maggiore dell’esercito ha risposto facendo sapere che la lettera era «ad uso interno e di carattere routinario con cui il Vertice di Forza Armata adegua le priorità delle unità dell’Esercito, al fine di rispondere alle esigenze dettate dai mutamenti del contesto internazionale. Trattasi dunque di precisazioni alla luce di un cambiamento che è sotto gli occhi di tutti». Il documento non era classificato come segreto.
La lettera inizia riferendosi all’attuale situazione di guerra con le parole «a seguito dei noti eventi in argomento», continuando poi con una prima indicazione data a tutti i comandi di valutare con attenzione le domande di congedo anticipato. Il capo di Stato maggiore spiega che «deve essere effettuato ogni possibile sforzo affinché le capacità pregiate possano essere disponibili». L’invito, esplicito, è quindi quello di cercare di trattenere il personale più specializzato, potenzialmente importante in un contesto di guerra.
«Tutte le unità in prontezza devono essere alimentate al 100% con personale ready to move», dice la lettera, includendo anche il personale medico e sanitario. Anche in questo caso la consegna è piuttosto esplicita: il personale militare deve essere pronto all’azione. La lettera continua ordinando di orientare «tutte le attività di addestramento al warfighting»: devono essere posticipate o annullate quindi tutte le esercitazioni non inerenti al combattimento. Repubblica, in un articolo, ha tra l’altro ricordato come spesso negli ultimi anni la formazione del personale militare sia stata molto rallentata. Questo sia a causa dell’emergenza coronavirus sia per l’operazione Strade Sicure, avviata nel 2008 dal governo Berlusconi per impiegare l’esercito nel contrasto alla criminalità e al terrorismo. Nel 2020, ha fatto notare Repubblica, su 95mila militari soltanto 2.698 hanno preso parte ad esercitazioni belliche, mentre altri 8mila si sono occupati di Strade Sicure.
Una parte importante della lettera del generale Pisciotta riguarda i sistemi d’arma. Devono essere mantenuti «i massimi livelli di efficienza di tutti i mezzi cingolati, gli elicotteri (con focus sulle piattaforme di autodifesa) e i sistemi d’arma d’artiglieria».
Un ulteriore punto, infine, è destinato specificatamente al personale sanitario: «Gli assetti sanitari costituiscono una capacità essenziale per l’operatività dei reparti. In tale ambito, qualsiasi richiesta di supporto dovrà tenere nella dovuta considerazione i prioritari impegni connessi con l’approntamento dello Strumento, le forze in prontezza e le attività operative in atto». In pratica, se si dovesse ripresentare una nuova emergenza sanitaria, magari una quinta ondata della pandemia, lo Stato maggiore dell’esercito fa sapere che sarebbe meglio non contare sul personale medico militare vista la possibilità, anche se remota, che debba essere utilizzato in uno scenario di guerra. Lo stesso generale Francesco Figliuolo il 31 marzo lascerà il ruolo di commissario straordinario per l’emergenza coronavirus per occuparsi totalmente delle missioni internazionali come capo del Covi, Comando operativo vertice interforze, cioè colui che ha la responsabilità di coordinare le componenti operative in quelli che vengono definiti «i cinque domini»: terra, mare, cielo, spazio e informatica.