Un paio di auricolari per non isolarsi

Abbiamo provato i nuovi LinkBuds di Sony: tra le altre cose, hanno la forma di una ciambella e comandi da film di fantascienza

(il Post)
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Negli ultimi anni sono usciti molti modelli di cuffie e auricolari che puntano sulla loro capacità di proteggere l’udito dai suoni dell’ambiente esterno, il cosiddetto noise cancelling. Meno frequente invece è trovare un paio di auricolari che facciano l’opposto, ovvero che permettano di sentire musica e chiamate senza isolare l’udito da tutto il resto. A molti infatti non piace la sensazione di isolamento data dalla maggior parte degli auricolari, soprattutto quelli con il gommino in silicone che aderisce al condotto uditivo, e – anche se non si dovrebbe – c’è tanta gente che corre, va in bici o in monopattino in città con gli auricolari e che vorrebbe continuare a farlo più in sicurezza.

Tra i pochi auricolari con questa caratteristica, i LinkBuds di Sony sono usciti da qualche settimana, hanno un design molto particolare e costano 180 euro. Tra gli esperti, sono considerati la risposta di Sony agli AirPods di terza generazione di Apple, che hanno lo stesso prezzo e la stessa apertura ai rumori esterni, e un’alternativa di maggior qualità agli auricolari a conduzione ossea. Li abbiamo provati.

La cosa più controversa: la forma
I LinkBuds hanno una forma molto particolare, The Verge li ha definiti «gli auricolari di Sony più strani da anni». Sono composti da una specie di ciambella, che va infilata all’ingresso del canale uditivo, e una parte più panciuta che va incastrata nella parte esterna dell’orecchio in modo che l’auricolare non si muova. Indossarli non è immediato perché vanno appunto inseriti prima bene nel condotto e poi fissati al padiglione auricolare, ma una volta messi stanno perfettamente fermi nell’orecchio. Perché gli auricolari non rischino di cadere a ogni movimento, Sony ha inserito nella confezione cinque coppie di gommini di varie dimensioni, che però non vanno nel condotto (creando quella sensazione di vuoto d’aria che ad alcuni dà fastidio), ma servono ad ancorare saldamente la parte panciuta alla parte esterna dell’orecchio.

Su The Verge Chris Welch ha scritto che durante i suoi test i LinkBuds non sono mai diventati scomodi, anche dopo diverse ore di utilizzo e Wired ha scritto che sono un dono per chiunque abbia le orecchie piccole e considera molti auricolari troppo ingombranti. In generale, il design dei LinkBuds ha ricevuto recensioni molto positive, ma dai nostri test abbiamo concluso che non è sempre così per tutti e che la comodità dipende moltissimo dalla forma e dalla dimensione delle orecchie di ciascuno.

Per esempio una delle persone che li hanno provati nella redazione del Post – che ha le orecchie molto piccole – li ha trovati da subito scomodi e dopo un po’ addirittura dolorosi. Nel suo caso il problema è che gli auricolari sono troppo grossi per incastrarsi bene nell’orecchio senza premere sulla cartilagine. Altre due persone con le orecchie più grandi invece li hanno trovati molto comodi e li hanno tenuti addosso per un po’ senza quasi sentire di averli e senza che si muovessero. In particolare, una di queste dice di avere sempre problemi a trovare auricolari che non le cadano e ha apprezzato molto il modo in cui i LinkBuds s’incastrano nell’orecchio. L’unico modo per capire questa cosa è provarli, ma in generale è probabile che se non avete le orecchie particolarmente piccole vi andranno bene.

Funzionano?
A differenza di altri auricolari che promettono di non isolare dall’ambiente grazie alla modalità “Trasparenza”, che non fa altro che amplificare i suoni esterni con dei microfoni, la tecnologia dei LinkBuds si basa semplicemente sulla forma di ciambella col buco, che fa passare i suoni anziché bloccarli.

Per quanto riguarda questo aspetto – che è la promessa principale con cui vengono venduti i LinkBuds – i nostri test hanno dato risultati abbastanza soddisfacenti. Li abbiamo usati in bicicletta (non avremmo dovuto, lo sappiamo) e camminando in strade abbastanza trafficate, e poi in un ambiente chiuso per vedere se con la musica accesa si sentono comunque le conversazioni di chi è nella stanza. Ovviamente dipende anche dal volume: con la musica a volume medio-basso si sente quasi tutto, ma alzandola necessariamente un po’ di isolamento c’è. Inoltre se si tiene la musica alta è facile che le persone attorno a voi la sentano.

Naturalmente la qualità del suono non è la migliore che possiate trovare in un paio di auricolari, soprattutto per quanto riguarda i bassi che si sentono meno di quanto si sentirebbero con auricolari più coprenti. Se non siete audiofili esperti e non avete particolari pretese però il suono andrà più che bene.

Un aspetto sorprendente: i comandi
Una delle cose più sorprendenti dei LinkBuds è che per mettere in pausa o far ripartire la musica basta tamburellare per due volte di seguito col dito sulla propria faccia, nella zona tra la guancia e l’orecchio, all’altezza dell’auricolare. Facendo la stessa cosa per tre volte, si passa al brano successivo. Si vede bene in questo video promozionale di Sony. Chi li ha provati dice che le prime volte è sembrato un gesto strano da fare e che si rimane abbastanza increduli quando ci si accorge che funziona, e anche piuttosto bene. Per dirla come Parker Hall di Wired, «ti fanno sentire come un personaggio di Star Wars con impianti cibernetici sottopelle».

Una piacevole sorpresa: l’isolamento della voce
Una delle caratteristiche meglio recensite dei LinkBuds è che funzionano molto bene nell’isolare la voce di chi li indossa dai rumori dell’ambiente circostante quanto si fanno chiamate, videochiamate o si mandano messaggi vocali.

Dai nostri test questo è stato abbastanza evidente quando abbiamo provato a mandare messaggi vocali alternando i LinkBuds agli AirPods di seconda generazione, prima in ambienti chiusi, con pochi rumori di sottofondo, e poi all’aperto in una strada trafficata. Al chiuso e col silenzio i messaggi vocali registrati con i due auricolari non avevano particolari differenze: la voce era molto nitida. All’aperto invece la differenza è stata evidente: rispetto alla voce registrata con gli AirPods, che era più sporca, come se si fosse mischiata con gli altri rumori, quella registrata coi LinkBuds arrivava chiara e pulita.

Per farsi un’idea si può guardare questo video di Chris Welch, in cui mette a confronto l’audio registrato da un microfono a condensatore Shure MV88 (nella prima parte del video) con quello registrato dai LinkBuds (nella seconda parte): la differenza nella cancellazione dei rumori dell’ambiente è abbastanza impressionante.

Altre informazioni
I LinkBuds vengono venduti con una confezione compatta ma spessa di plastica riciclata: la stessa di cui sono fatti in parte anche gli auricolari stessi, motivo per cui quelli chiari sembrano sporchi. La custodia contiene una batteria ricaricabile e serve ad allungare l’autonomia degli auricolari, che altrimenti da soli durerebbero appena 5 ore e invece così arrivano a 17 circa.

Le cuffie funzionano normalmente col Bluetooth ma se si vogliono personalizzare alcune impostazioni è necessario scaricare la app Headphones Connect. Per esempio per usare la modalità “Speak to chat”, o “Dettatura vocale testo” in italiano (qui una breve guida video), che è quella che serve per far sì che la musica si interrompa da sola nel momento in cui si comincia a parlare: funziona piuttosto bene e le persone che l’hanno provata l’hanno ritenuta una funzione molto utile, soprattuto se si usano le cuffie in un ambiente di lavoro.

Sempre dalla app si può impostare una funzione che regola il volume senza bisogno di usare i comandi del telefono e una funzione che permette di sfruttare la tecnologia di Sony “360 reality audio”, cioè quella che fa percepire il suono in movimento, come proveniente da direzioni diverse. Come scrive Welch su The Verge, però, questa è una funzione che in un modo o nell’altro ormai hanno tutti gli auricolari.

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