Cosa farà la Cina?
Finora ha mantenuto una posizione ambigua, ma sembra vedere nell'alleanza con Putin e nello scontro con l'Occidente soprattutto un'opportunità
di Eugenio Cau
In tutte le discussioni e le analisi sull’invasione russa dell’Ucraina, la Cina viene descritta come il paese di gran lunga più importante tra quelli non direttamente coinvolti nella crisi. In queste settimane di guerra e bombardamenti si è parlato della Cina come alleato della Russia e fornitore di aiuti militari, come possibile mediatore nel conflitto, come l’unico paese in grado di convincere il presidente russo Vladimir Putin a fermare i bombardamenti, e perfino come lo stato che ha più da guadagnare da un confronto che vede impegnate tutte le altre grandi potenze militari globali.
Capire quale sia la posizione della Cina è particolarmente importante sia per gli stretti rapporti che hanno stabilito negli ultimi anni Putin e il presidente cinese Xi Jinping, sia perché la guerra in Ucraina è il primo conflitto dalla fine della Guerra fredda in cui due grandi potenze nucleari (gli Stati Uniti e la Russia) si confrontano direttamente, anche se non sul campo di battaglia. La Cina, in quanto potenza nucleare e seconda potenza economica mondiale, ha estremo interesse in questo scontro, e rischia di esserci trascinata dentro nel caso in cui dovesse degenerare.
La posizione della Cina in queste prime settimane di guerra è stata ambigua. All’inizio di febbraio, Xi e Putin avevano annunciato che l’alleanza tra Cina e Russia era «senza limiti», avevano condannato le interferenze politiche dell’Occidente e si erano accordati, di fatto, per ridisegnare l’ordine mondiale in maniera più favorevole ai loro governi autoritari (per “ordine mondiale” si intende quell’insieme di regole, istituzioni e organizzazioni regionali e internazionali emerse per lo più a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, scritte soprattutto dai paesi vincitori di quel conflitto, in particolar modo gli Stati Uniti). Ma l’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato molte cose: nel giro di pochi giorni, il paese con cui la Cina aveva annunciato una grande alleanza è diventato uno dei più condannati e disprezzati del mondo, isolato a livello globale e prossimo al tracollo economico a causa delle durissime sanzioni occidentali.
Davanti a un conflitto che ha polarizzato gran parte del mondo, e che ha riunificato l’Occidente come non succedeva da trent’anni, la Cina si trova ora in una posizione scomoda: la Russia si aspetta dal suo nuovo alleato sostegno, soprattutto nell’evadere le sanzioni occidentali, e secondo informazioni dell’amministrazione americana avrebbe perfino chiesto aiuto militare. L’Occidente, invece, si aspetta che la Cina si comporti da potenza responsabile sullo scenario internazionale, e contribuisca attivamente a fermare i bombardamenti e trovare una soluzione diplomatica alla crisi.
È difficile interpretare la posizione della Cina, soprattutto così presto nel corso di un conflitto che potrebbe prolungarsi per molto tempo, ma gli esperti sono divisi grossomodo su due interpretazioni.
La prima è che la Cina abbia deciso di non decidere: che, cioè, preferisca non schierarsi troppo, vedere come evolvono gli eventi e muoversi caso per caso secondo i propri interessi. Questa posizione dà qualche speranza a chi ritiene, non a torto, che un intervento della Cina in favore di una soluzione diplomatica della guerra in Ucraina potrebbe essere decisivo, perché Xi Jinping è probabilmente l’unica persona al mondo ad avere sufficiente influenza su Vladimir Putin.
Questa interpretazione, che inizialmente era prevalente soprattutto tra gli esperti italiani, si sta facendo sempre più debole man mano che la guerra va avanti: secondo l’intelligence americana, che nella crisi ucraina è stata eccezionalmente efficace nella raccolta delle informazioni, la Cina sarebbe ormai piuttosto disposta a schierarsi, e a inviare alla Russia aiuti economici e forse perfino militari. Il governo cinese ha al momento smentito.
La seconda interpretazione è, appunto, che la Cina abbia preso una decisione e che, pur mantenendo una certa ambiguità, Xi Jinping abbia scelto di schierarsi con la Russia. Non soltanto in questa guerra – e in ogni caso difficilmente vedremo cacciabombardieri cinesi sull’Ucraina – quanto piuttosto sul lungo periodo: la leadership cinese è ormai convinta che il rapporto con l’Occidente sia destinato a diventare sempre più competitivo e antagonistico, e che l’alleanza con la Russia possa essere l’occasione per cambiare a proprio vantaggio le regole economiche e politiche che governano il mondo.
Cina e Russia
Nel corso del Novecento, Cina e Russia hanno avuto un rapporto spesso ambiguo. Quando nel 1949 il Partito comunista cinese conquistò la Cina, l’Unione Sovietica inviò al nuovo governo cinese enormi quantità di aiuti e moltissimi consiglieri economici e militari: secondo alcuni studi, gli aiuti sovietici superarono di gran lunga il piano Marshall con cui gli Stati Uniti sostennero la ricostruzione dell’Europa occidentale.
Ma i rapporti peggiorarono in poco tempo: alla morte di Stalin, nel 1953, il leader cinese Mao Zedong ritenne che fosse venuto il suo momento per guidare il blocco comunista, e il confronto tra Cina e Unione Sovietica divenne sempre più duro, sia a livello ideologico (Mao accusava i sovietici di essere “revisionisti” e di essersi spostati a destra) sia politico e perfino militare: alla fine degli anni Sessanta gli eserciti sovietico e cinese ebbero diversi scontri al confine, che più volte rischiarono di diventare guerra aperta.
A quel punto, le strade dei due paesi si divisero: la Cina si aprì alle relazioni con gli Stati Uniti e alla partecipazione ai mercati internazionali, mettendo le basi per diventare una potenza economica di primo livello; l’Unione Sovietica andò verso il declino e poi crollò all’inizio degli anni Novanta.
I governi di Cina e Russia si sono davvero riavvicinati soltanto nell’ultimo decennio, man mano che i due paesi, per varie ragioni, assumevano una postura sempre più ostile nei confronti dell’Occidente. In questo periodo Vladimir Putin e Xi Jinping si sono convinti che l’Occidente (e soprattutto gli Stati Uniti) fosse il loro principale nemico. Per la Russia, che è una potenza decaduta, il conflitto con l’Occidente significa recuperare il proprio posto nel mondo; per la Cina, significa evitare che l’Occidente possa ostacolare la sua ascesa. Paralleli sentimenti di ostilità, soprattutto nei confronti della Cina, si sono sviluppati in questi anni anche negli Stati Uniti.
Sul lungo periodo, è possibile che la relazione tra Cina e Russia finisca per non reggere: le due potenze nucleari condividono un enorme confine lungo 4.200 chilometri (il confine tra Russia e Ucraina è lungo la metà) e i loro interessi più importanti si sovrappongono in Asia centrale. Ma al momento, i due paesi hanno un avversario comune. Come ha detto all’Atlantic l’analista di cose russe Alexander Gabuev, «l’antiamericanismo è l’ingrediente segreto» della relazione.
La guerra
Benché la relazione tra Cina e Russia sia piuttosto solida (Xi Jinping ha definito Putin «il mio miglior amico e collega»), l’invasione russa dell’Ucraina ha reso le cose molto più complicate.
In questi giorni tra chi si occupa di Cina c’è stato un dibattito molto acceso su “cosa sapeva Xi”: gli esperti si sono chiesti lungamente se il presidente cinese sapesse che Putin stava per invadere l’Ucraina e, nel caso, perché non abbia fatto niente per impedirlo. Secondo l’intelligence americana, Xi avrebbe chiesto a Putin di posticipare l’invasione alla fine delle Olimpiadi invernali di Pechino (cosa che in effetti è successa: la Russia ha invaso un paio di giorni dopo la cerimonia di chiusura), ma il governo cinese ha smentito.
È impossibile capire “cosa sapeva Xi”, anche se un’ipotesi abbastanza ragionevole è che Putin potrebbe avergli detto ciò che lui stesso credeva prima dell’inizio della guerra: che l’operazione militare della Russia in Ucraina sarebbe durata pochi giorni e che la “denazificazione” del paese (espressione della propaganda russa) sarebbe avvenuta con poche ripercussioni e prima che l’Occidente potesse davvero reagire.
Invece gli ucraini hanno resistito, l’invasione si sta protraendo tra enormi violenze e perdite di vite, e la reazione dell’Occidente è stata risoluta e unita come non era da decenni.
Quasi tutti gli esperti sono convinti che la Cina non volesse questo tipo di guerra, che si sta trasformando nell’evento probabilmente più destabilizzante di questo secolo. Come scrivevano ancora prima dell’attacco russo due importanti esperti di Cina, Jude Blanchette e Benny Lin, «la Cina preferirebbe senza dubbio che questa crisi non esistesse».
L’invasione russa dell’Ucraina mette la Cina a disagio tra le altre cose perché è in diretto contrasto con i princìpi che il paese stesso professa in politica estera. In particolar modo, in tutti i consessi internazionali la Cina sostiene l’importanza assoluta del rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale (benché la Cina stessa, anche in tempi recenti, abbia violato più volte la sovranità dei paesi che le stanno attorno), ed è piuttosto evidente che una guerra d’invasione sia una violazione in questo senso.
Per questo, da quando è cominciata l’invasione i diplomatici cinesi si adoperano in notevoli acrobazie linguistiche per cercare di sostenere la posizione della Russia. Dicono per esempio di rispettare il diritto dell’Ucraina alla sovranità, ma che al tempo stesso sostengono il diritto della Russia alla «sicurezza». In tutti i casi, condannano l’Occidente per aver spinto la Russia al conflitto. Evan Feigenbaum, un analista del centro studi Carnegie Endowment for International Peace, in un’intervista ha detto che la Cina sta cercando senza riuscirci «di trovare la quadratura del cerchio».
La scelta
L’invasione dell’Ucraina ha dunque messo la Cina in una posizione in cui non si sarebbe voluta trovare: con l’Occidente unito e la Russia impegnata in una guerra in territorio europeo, la Cina si trova coinvolta in uno scontro che ha dimensioni globali. In un certo senso, è la prima volta che si trova ad affrontare una crisi mondiale ricoprendo il ruolo di potenza di primo piano, che ambisce a sostituire gli Stati Uniti, e dalle sue scelte potrebbe dipendere parte della sua posizione nel mondo nei prossimi anni.
E qui torniamo alle due interpretazioni che circolano in questi giorni sulla posizione della Cina nei confronti dell’invasione russa in Ucraina. La prima è che la Cina stia cercando di tenersi lontana dallo scontro globale: che stia cioè rispettando la sua alleanza con la Russia soprattutto a livello formale, ma che nei fatti non fornirà l’aiuto che Putin sperava, mantenendo una posizione tutto sommato attendista.
Chi sostiene che la Cina non abbia ancora davvero deciso da che parte stare spera con un certo ottimismo che a un certo punto il paese potrà avere un ruolo diplomatico nel convincere Putin a fermare i bombardamenti e a iniziare trattative di pace.
L’idea, espressa per esempio dal giornalista di CNN ed esperto di politica internazionale Fareed Zakaria, è che la Cina tragga enorme beneficio dal sistema economico e istituzionale globale, e che abbia interesse a preservarne la stabilità, al contrario di Putin. Per questo, la Cina potrebbe decidere di intervenire diplomaticamente per evitare che la stabilità sia definitivamente compromessa dalla guerra della Russia. E se non interverrà, quanto meno eviterà di ostacolare l’Occidente nei suoi tentativi di fermare Putin.
La seconda interpretazione, invece, sostiene che la Cina abbia ormai deciso che, sul lungo periodo, la relazione con l’Occidente non sia più recuperabile, e che dunque mantenere salda l’alleanza anti-occidentale con la Russia sia tutto sommato conveniente: come ha scritto l’Economist, «Xi Jinping ha scommesso sulla Russia».
In queste prime settimane di conflitto la Cina ha sostenuto la Russia in vari modi: ha votato in suo favore al Consiglio di sicurezza dell’ONU (tramite l’astensione, convincendo peraltro vari paesi africani economicamente dipendenti a fare altrettanto) e ha sostenuto la posizione del suo governo, pur con qualche ambiguità linguistica, in tutti i principali consessi internazionali.
Oggi la posizione cinese sulla guerra in Ucraina è quasi indistinguibile da quella russa: i diplomatici di entrambi i paesi non parlano di un’invasione ma di una “operazione militare speciale” per difendere le popolazioni del Donbass, e accusano l’Occidente di essere il reale colpevole della guerra, con il suo espansionismo. L’adesione al messaggio russo è evidente sui media cinesi, dove la guerra è raccontata in modo non dissimile a quelli russi. La Cina sta inoltre usando il suo esteso sistema di censura per eliminare da internet i messaggi a favore della resistenza ucraina.
Le macchine propagandistiche cinese e russa sono allineate anche nel messaggio pubblico: entrambe negli ultimi giorni hanno lavorato per diffondere una teoria del complotto secondo cui l’Ucraina, con l’aiuto degli Stati Uniti, avrebbe laboratori segreti in cui sono conservati virus e patogeni che potrebbero essere usati per la produzione di armi chimiche. Si tratta ovviamente di propaganda grossolana, che però viene espressa dai più importanti funzionari russi e sostenuta dai loro colleghi cinesi, anche in contesti ufficiali come il Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Benché Xi Jinping negli scorsi giorni abbia espresso ai leader europei la disponibilità a fare da mediatore nel conflitto, in realtà la Cina non si è davvero mossa, almeno a giudicare dalle informazioni disponibili pubblicamente. È sempre possibile che la Cina stia lavorando segretamente per ottenere un cessate il fuoco che porti a una soluzione diplomatica, ma per ora tutte le informazioni a disposizione dicono il contrario.
A rendere più probabile l’idea che la Cina si sia schierata con la Russia ci sono le informazioni fornite in questi giorni ai giornalisti dall’intelligence americana, secondo cui la Russia avrebbe chiesto alla Cina (fin dall’inizio dell’invasione) aiuti economici e militari, e che la Cina sarebbe disposta a fornirli: i leader cinesi «hanno già deciso che forniranno sostegno economico e finanziario» alla Russia, ha detto un membro dell’amministrazione americana, che ha aggiunto: «La domanda adesso è se andranno oltre», cioè se oltre al sostegno economico forniranno anche aiuti militari.
Lo scontro con l’Occidente
In sintesi, chi sostiene l’interpretazione per cui la Cina abbia scelto di stare dalla parte della Russia ritiene che la leadership cinese abbia smesso ormai da anni di ritenere che la stabilità dell’ordine mondiale dominato dall’Occidente le sia favorevole. Xi Jinping ha reso ben chiaro in vari interventi pubblici che la Cina da lui guidata intende cambiare a proprio vantaggio gli equilibri economici e politici, e non è da escludere che oggi veda nell’instabilità provocata dalla Russia un’occasione per farlo.
La Cina mira al suo obiettivo storico di soppiantare gli Stati Uniti come prima potenza, e in questo conflitto vede una possibilità di indebolire l’Occidente senza correre troppi rischi. Inoltre quando la Russia, a causa delle sanzioni e delle atrocità commesse in guerra, si troverà indebolita e isolata, non avrà nessun altro a cui rivolgersi.
In caso di vittoria della Russia, la Cina si avvantaggerà dell’indebolimento dell’Occidente, mentre in caso di sconfitta la Cina potrà cogliere l’opportunità di fare della Russia un «satellite petrolchimico», come ha scritto il Wall Street Journal, cioè un paese economicamente dipendente che garantisca energia a basso costo.
Davanti allo scontro tra Occidente e Russia, «la modernizzazione della Cina non sarà interrotta, e al contrario la Cina avrà sempre più risorse e potere per occupare un ruolo più importante nella costruzione di un nuovo ordine mondiale», ha scritto Zheng Yongnian, un professore dell’Università cinese di Hong Kong, in un saggio che è molto circolato. Questo, però, sempre che la Cina non commetta «gravi errori strategici».
L’errore strategico principale potrebbe essere sottovalutare l’unione dell’Occidente davanti all’aggressione russa. In queste settimane l’Occidente ha mostrato una risolutezza che non si vedeva da trent’anni, e questo è un serio problema per la Cina, che per esempio mira a separare l’alleanza tra Europa e Stati Uniti. Questa ipotesi è stata sostenuta in un saggio da poco pubblicato da Hu Wei, un ricercatore cinese attivo in vari centri studi. Secondo Hu, la guerra in Ucraina consentirà agli Stati Uniti di recuperare la leadership del mondo occidentale, con la conseguenza che la Cina si troverà sempre più isolata in un confronto tra democrazie e autoritarismi.
La nuova unione dell’Occidente, sempre secondo Hu, potrebbe portare al riarmo dell’Europa, e a un coinvolgimento sempre maggiore nel campo occidentale di Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Australia. La Cina si troverebbe isolata e circondata. Per evitare questo risultato, «la Cina non può essere legata a Putin e deve tagliare i ponti il prima possibile».
Come hanno notato molti analisti, tuttavia, il saggio di Hu non esprime la posizione del Partito comunista, ed è probabile che questa analisi rimarrà inascoltata.