Cosa sta facendo la Russia nelle città ucraine conquistate
Ha proibito il dissenso e sembra voler sostituire i sindaci ostili con politici suoi alleati
Dall’inizio dell’invasione in Ucraina, l’esercito russo è riuscito a prendere il controllo di diverse aree nell’est e nel sud del paese. Nonostante le informazioni sul conflitto siano spesso incomplete e difficili da verificare, qualcosa sulle prime mosse dei russi nelle città conquistate si sa: diversi giornali internazionali hanno raccontato infatti che la Russia sta rimuovendo con la forza i politici locali sostituendoli con propri alleati e sta reprimendo il dissenso con la forza.
«I politici locali spariscono, le nuove autorità avvertono che le manifestazioni di protesta saranno considerati atti di estremismo, mentre alcuni ucraini continuano a resistere», ha scritto il Washington Post. In generale si teme che quello che sta succedendo nelle città conquistate potrebbe presto replicarsi in tutto il paese.
Kiev, la capitale, è per ora ancora sotto il controllo ucraino, ma l’esercito russo è riuscito a conquistare alcune città piuttosto grandi come Kherson, Melitopol e Berdyansk, nel sud, oltre a una serie di località più piccole, soprattutto a nord di Mariupol, città ritenuta strategica per ottenere il controllo della zona tra Crimea e Donbass.
In alcuni casi l’esercito russo sta usando i territori conquistati come punto d’appoggio per avanzare oltre. In altri, e sono quelli più importanti per provare a immaginare come potrebbe evolvere la situazione, l’esercito russo sta cercando di imporre il proprio potere, anche usando la forza.
È successo per esempio a Melitopol e a Dniprorudne, due città dell’Ucraina sud-orientale dove secondo diversi testimoni sono stati rapiti i rispettivi sindaci, democraticamente eletti. Le autorità ucraine hanno detto che in entrambi i casi i sindaci si erano opposti all’occupazione russa e avevano esortato la popolazione a resistere.
Il sindaco di Melitopol si chiama Ivan Fedorov. In questa città il russo è la lingua più utilizzata, e Fedorov stesso è di etnia russa: per questo, come in altri territori dell’Ucraina orientale, l’esercito russo si aspettava di essere accolto quasi senza resistenza. Ma qui come altrove non è andata così. Le autorità ucraine hanno detto che Fedorov sarebbe stato rapito nel centro di Melitopol, incappucciato con un sacco di plastica e portato via da una decina di uomini armati. L’agenzia di stampa russa TASS, che fa parte della macchina di propaganda del governo russo, ha fatto sapere che gli sono state rivolte varie accuse tra cui quella di terrorismo, che le autorità russe rivolgono spesso ai loro oppositori.
Al suo posto i russi hanno nominato Galina Danilchenko, ex membro del consiglio comunale di Melitopol. Nel suo primo discorso pubblico, Danilchenko ha sostenuto di avere riportato la città alla normalità e ha esortato i cittadini a non dedicarsi ad «azioni estremiste». Danilchenko era leader dell’opposizione di Fedorov. Fa parte di un partito politico filorusso nato nel 2014 dalla fusione di una serie di partiti che si erano opposti alle manifestazioni filoeuropee di quegli anni.
Come ha scritto Paola Peduzzi sul Foglio, questo rende Melitopol una specie di «laboratorio dell’iniziativa politica di Vladimir Putin nelle città conquistate in Ucraina».
Il sindaco rapito a Dniprorudne è invece Yevhen Matveyev: la notizia del suo rapimento, data dal ministero degli Esteri ucraino, è di domenica, e non si sa ancora chi lo sostituirà. Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri, ha definito il rapimento di Matveyev «un altro attacco alle istituzioni democratiche ucraine» e un altro tentativo della Russia di installare un governo locale alternativo in Ucraina.
I tentativi russi di governare con la forza le aree conquistate si notano anche dalla repressione delle proteste e del dissenso della popolazione locale.
Le proteste hanno riguardato soprattutto Kherson, città da circa 300mila abitanti e la più grande conquistata per ora dai russi, Melitopol, dove centinaia di persone hanno manifestato contro il rapimento del sindaco, e Berdyansk. Sono tutte città occupate dai russi e strategicamente molto importanti: Melitopol e Berdyansk sono tra i principali centri della regione di Zaporizhzhia, che se conquistata per intero toglierebbe all’Ucraina lo sbocco sul Mar d’Azov e limiterebbe quindi la possibilità di ricevere aiuti via mare. In queste città l’esercito russo ha arrestato centinaia di persone e sparato alcuni colpi d’avvertimento (sembra, per ora, senza provocare morti).
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A Kherson sembra che l’esercito russo stia anche mettendo in pratica operazioni già attuate in passato in Crimea, la penisola ucraina invasa e annessa dalla Russia nel 2014. Il 7 marzo, per esempio, le autorità locali avevano denunciato la scomparsa di un attivista, Oleksandr Tarasov (poi ricomparso 24 ore dopo). La scomparsa di attivisti di opposizione, scrive l’Economist, è stata piuttosto frequente in Crimea a partire dalla sua annessione alla Russia. Secondo Crimea SOS, una ong locale, dal 2014 in Crimea sono scomparse almeno 24 persone.
Sempre a Kherson, il sindaco Igor Kolikhayev ha detto di essersi rifiutato di accettare un referendum, proposto dall’esercito russo, per trasformare Kherson nella “Repubblica del popolo di Kherson”. Cioè, in sostanza, in una repubblica autoproclamata come quelle di Luhansk e Donetsk, nel Donbass. La richiesta sarebbe coerente col tentativo di dividere l’Ucraina in una serie di «pseudo-repubbliche», come ha detto sabato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Le violenze compiute dalla Russia potrebbero però rendere più difficile per gli invasori mantenere il controllo del territorio ucraino nel tempo. «Gli ucraini sono ormai uniti contro l’invasore», ha scritto l’Economist, e per un governo fantoccio imposto in Ucraina da Putin sarebbe di fatto impossibile governare senza l’aiuto di un’occupazione militare. Uno scenario molto diverso, quindi, da quello che successe con la Crimea nel 2014, conquistata praticamente “a sorpresa” e con molta meno violenza rispetto a oggi.
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