Come la Russia fa disinformazione sulla guerra
Dall'inizio dell'invasione in Ucraina, i media controllati dal governo russo diffondono notizie false, mentre le fonti di informazione indipendenti sono costrette a chiudere
È noto che negli ultimi anni la Russia abbia costruito una complessa e articolata macchina di propaganda: lo ha fatto tra le altre cose con organi di stampa controllati dal governo, con blog e pagine sui social network, e con finanziamenti ai partiti occidentali più estremisti e populisti. Tutto questo sforzo informativo è diventato ancora più evidente da quando la Russia ha invaso l’Ucraina e ha intensificato le attività per diffondere la propria versione della storia, attraverso notizie distorte quando non del tutto false.
In Occidente la macchina propagandistica del presidente russo Vladimir Putin ha relativamente perso efficacia dopo l’aggressione all’Ucraina, mentre ha ricevuto trasversali e solidali apprezzamenti il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, per la sua comunicazione diretta e il suo inaspettato carisma. Nonostante questo, la Russia ha continuato a tentare di imporre la propria narrazione, in special modo entro i suoi confini.
Lo ha fatto in diverse occasioni. Una delle ultime è stata in seguito al bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol, una delle città ucraine più colpite e in difficoltà. La Russia ha sostenuto che l’ospedale fosse vuoto e facesse da base d’appoggio per i nazionalisti ucraini, ma le testimonianze, le immagini delle agenzie di stampa internazionali e i post su Facebook dello stesso ospedale prima dell’attacco mostrano come l’ospedale fosse perfettamente funzionante.
Nelle foto subito dopo l’attacco era stata ripresa anche un’influencer ucraina incinta, Marianna Podgurskaya, indicata da varie ambasciate russe – senza fornire prove – come un’attrice assoldata per una messinscena con l’obiettivo di far sembrare l’ospedale attivo. Podgurskaya era anche accusata di aver recitato la parte di un’altra donna fotografata su una barella, anche se si trattava chiaramente di due persone diverse.
Come ha ricostruito Stuart Thompson sul New York Times, in precedenza gli organi di stampa russi avevano già diffuso molte altre notizie false, in particolare riguardo ai combattimenti in corso a Mariupol. La scorsa settimana in città erano stati ripetutamente violati tre cessate il fuoco concordati tra Russia e Ucraina, bombardati i “corridoi umanitari” e diversi edifici civili.
L’agenzia di stampa russa Tass ha giustificato gli attacchi con un articolo in cui sosteneva che fossero stati i neonazisti ucraini i primi a violare il cessate il fuoco, e che poi avessero usato i civili come «scudi umani» quando la Russia aveva risposto. Per spiegare le esplosioni negli edifici residenziali, invece, Tass ha scritto che i neonazisti avevano piazzato armamenti pesanti negli appartamenti e costretto i residenti a restare nelle case. Tutto questo senza fornire prove né citare fonti diverse da quelle ufficiali russe.
Ancora prima, il governo russo aveva diffuso una serie di informazioni false sull’attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la mattina del 4 marzo. In un comunicato del governo riportato da Tass si sosteneva che la Russia fosse già in possesso della centrale prima dell’attacco, e che quindi il bombardamento e il successivo incendio fossero opera di sabotatori e «neonazisti» ucraini. Se tutto ciò fosse stato vero, la Russia avrebbe potuto provocare estesi blackout nella zona alimentata dalla centrale – la più grande in Europa – cosa che però non è avvenuta.
Lo stessa schema si è ripetuto dopo un pesante bombardamento avvenuto a Kharkiv, una delle città più colpite dagli attacchi dell’esercito russo. Era stata una delle prime occasioni in cui si era capito che la Russia avrebbe bombardato indiscriminatamente e in maniera deliberata edifici civili. I media di stato russi avevano sostenuto però che i bombardamenti fossero partiti da una zona controllata dall’esercito ucraino: il sito di news Readovka aveva pubblicato su Telegram un post in cui accusava l’Ucraina di aver lanciato due missili contro le proprie città. I missili sarebbero partiti da nord-ovest, secondo Readovka, «dove non ci sono lanciarazzi russi».
La campagna di disinformazione è arrivata anche in sede ONU. Venerdì si è svolto un incontro del Consiglio di sicurezza dell’ONU richiesto dalla Russia, per discutere della tesi del ministero della Difesa russo secondo cui l’Ucraina starebbe sviluppando armi chimiche in collaborazione con gli Stati Uniti. L’ambasciatrice statunitense presso le Nazioni Unite ha risposto alle accuse dicendo che «l’intento dietro queste falsità è chiaro e profondamente preoccupante. Riteniamo che la Russia possa utilizzare agenti chimici o biologici come parte di operazioni “false flag”». In un dettagliato fact-checking la BBC ha scritto che tutte le informazioni diffuse dalla Russia su questo tema sono false, prive di fondamento o impossibili da verificare.
In un contesto come quello della Russia in cui l’attività giornalistica è stata criminalizzata, e in cui i pochi media indipendenti si sono trovati costretti a non parlare della guerra in Ucraina per evitare conseguenze penali, la costante diffusione di notizie come queste non trova nessun ostacolo. Dal 14 marzo in Russia sarà limitato l’accesso a Instagram, dopo che già era accaduto lo stesso con Facebook e Twitter. In sostanza per la popolazione russa avere accesso a un’informazione alternativa a quella dei media controllati dal governo è diventato impossibile.
Non è una tattica nuova quella di Putin: consiste nel cercare il più possibile di censurare le informazioni e contemporaneamente confondere le acque attraverso i media filogovernativi. In un articolo dell’opinionista del Washington Post Margaret Sullivan, pubblicato venerdì, viene ricordata un’intervista di Hannah Arendt che descrive efficacemente questa dinamica:
«Se tutti ti mentono, la conseguenza non è che non crederai alle menzogne, ma piuttosto che nessuno crederà più a nulla» […]. Quando questo accade, le persone perdono la capacità non solo di agire, ma anche di giudicare e pensare. «E con questo tipo di persone – concluse cupamente Arendt – puoi permetterti di fare quello che vuoi».