La Camera ha approvato la proposta di legge sul suicidio assistito
Ha votato contro solo il centrodestra, tranne pochi deputati dissidenti: ora passerà al Senato
Giovedì la Camera dei deputati ha approvato con un’ampia maggioranza la proposta di legge con cui si vuole introdurre in Italia il suicidio assistito, cioè la procedura con la quale la persona malata assume autonomamente il farmaco per morire. La proposta di legge, chiamata “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”, è stata approvata dalla Camera con 253 voti a favore, 117 contrari e un’astensione, e ora passerà al Senato, dove però la maggioranza è più risicata e l’approvazione sarà di certo più difficile.
Il testo regolamenta quanto previsto dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 2019 sulla morte di Fabiano Antoniani, noto anche come “DJ Fabo”. Quella sentenza stabiliva che, a determinate condizioni, non fosse punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio, cioè quando, in specifiche e circoscritte circostanze, una persona di fatto aiuta un’altra a morire.
Concretamente, la sentenza aveva stabilito che in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in carcere se quella persona ha una patologia irreversibile, se la patologia irreversibile le provoca sofferenze fisiche o anche solamente psicologiche per lei intollerabili, se la persona è pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente, e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
A favore hanno votato i deputati di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali e alcuni del Gruppo Misto. Il centrodestra invece ha votato come previsto in larga parte contro, ma c’è stato un piccolo gruppo di deputati – 7 di Forza Italia e 5 di Coraggio Italia – che ha votato a favore della legge, distanziandosi dalla linea ufficiale dei propri partiti. Tra questi ci sono stati gli ex ministri Stefania Prestigiacomo e Elio Vito, e l’ex presidente del Lazio Renata Polverini.
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L’approvazione della Camera è arrivata dopo un lungo dibattito nelle commissioni Giustizia e Affari sociali, e dopo che la Corte Costituzionale aveva giudicato inammissibile un referendum sull’eutanasia attiva, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a morire. Proprio l’inammissibilità del referendum aveva spinto i partiti di centrosinistra a trovare un accordo in tempi rapidi sul suicidio assistito, il cui testo base era stato approvato nell’estate del 2021 dalla commissione Giustizia della Camera.
Nel corso della discussione nelle commissioni e in aula, il testo è stato modificato in alcune parti ma il suo impianto è rimasto inalterato. Sono stati invece respinti tutti gli emendamenti soppressivi che aveva presentato il centrodestra.
La proposta di legge approvata dalla Camera stabilisce che può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita una persona che sia maggiorenne, capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, e che sia affetta da una patologia irreversibile e con “prognosi infausta” (cioè una diagnosi di malattia terminale) o che sia portatrice di una condizione clinica irreversibile, e che tali condizioni causino sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili e che siano attestate dal medico curante o dal medico specialista che ha in cura la persona.
La persona che richiede il suicidio assistito deve inoltre essere tenuta in vita da “trattamenti di sostegno vitale”: questo non significa che debba necessariamente essere tenuta in vita da un macchinario, ma anche solo da una terapia farmacologica la cui interruzione provocherebbe la morte. Deve anche essere stata in precedenza coinvolta in un percorso di cure palliative e deve averle rifiutate o interrotte.
Il medico a cui viene fatta la richiesta ha il compito di redigere un rapporto che deve poi inviare a un comitato per la valutazione clinica territorialmente competente. In caso di parere favorevole del comitato, il medico trasmette la documentazione alla direzione sanitaria dell’azienda ospedaliera di riferimento che dovrà garantire il decesso del malato presso il suo domicilio o in ospedale.
Medici e personale sanitario possono rifiutarsi di eseguire la procedura, grazie alla clausola di obiezione di coscienza inclusa nella proposta di legge. Viene comunque specificato che le aziende sanitarie sono tenute in ogni caso «ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dalla presente legge» e che la Regione di residenza del malato ne deve controllare e garantire l’attuazione. Il testo prevede anche che il personale sanitario e amministrativo e chiunque abbia agevolato il malato nell’esecuzione della procedura non siano punibili per i reati di istigazione o aiuto al suicidio e di omissione di soccorso.