Su Rai 1 va in onda un programma strano
Ogni venerdì sera alcuni personaggi famosi si esibiscono travestiti con bizzarri costumi animaleschi: è “Il cantante mascherato”
di Stefania Carini
Lo scorso 18 febbraio, il pubblico sintonizzato su Rai 1 in prima serata ha potuto assistere a un serie di stravaganti duetti canori. Due di questi hanno avuto per co-protagonista il cantautore Morgan: presentato dalla conduttrice Milly Carlucci, ha accompagnato nell’esibizione due persone che interpretavano i personaggi di “Pastore Maremmano” e “Drago”. Con il primo, che indossava una grossa maschera da cane bianco con una giacca a quadri e un panciotto marrone, Morgan ha cantato Io che non vivo di Pino Donaggio. Con il secondo, un drago con due grosse ali in un completo di pelle nera, ha cantato Altrove, dello stesso Morgan.
Sono due momenti della terza edizione del Cantante mascherato, il più bizzarro programma attualmente in onda sulla tv generalista, adattato da un format sudcoreano. Alcuni personaggi famosi – soprattutto cantanti e attori, ma anche conduttori e in un caso politici – nascosti all’interno di voluminosi ed eccentrici costumi, la maggior parte ispirati ad animali, si esibiscono in una cover con la voce contraffatta, dopo aver svelato alcuni indizi sulla propria identità in appositi video.
In studio ognuno dei quattro “investigatori” – in quest’edizione i conduttori Flavio Insinna e Caterina Balivo, e i cantanti Francesco Facchinetti e Arisa – deve cercare di indovinare chi si nasconde dietro la maschera, interpretando gli indizi e convincendo gli altri e il pubblico a casa della bontà delle proprie teorie. In ogni puntata alcuni dei cantanti mascherati si tolgono la maschera, e il programma va avanti di svelamento in svelamento fino a incoronare il vincitore finale, che si toglie dunque la maschera per ultimo.
L’anno scorso, tra i concorrenti c’erano la soprano Katia Ricciarelli dentro a un costume da giraffa, l’ex parlamentare Alessandra Mussolini vestita da pecora, e il gruppo dei Ricchi e Poveri stipati dentro a un travestimento da alieno, con tanto di disco volante. Il vincitore, cioè il concorrente che i giudici hanno deciso di portare fino alla fine apprezzandone doti vocali, interpretazione e personaggio fittizio, è stato Red Canzian dei Pooh, che si nascondeva sotto a un elaborato costume da pappagallo. Quest’anno sono già state eliminate tra le altre Cristina D’Avena, che era vestita da cavalluccio marino, e Alba Parietti, mascherata da aquila.
Non tutti i concorrenti sono personaggi che riterrebbe famoso anche chi non guarda con una certa costanza Rai 1, le sue trasmissioni e le sue fiction, o per chi segue il cinema italiano: anzi, per chi non fa parte di quel pubblico nomi come quelli degli attori Sergio Assisi e Simone Montedoro, o dell’imitatrice Emanuela Aureli, potrebbero suonare sconosciuti. Spesso poi dalle ipotesi dei giurati emergono personaggi televisivi o della musica di secondo o terzo piano, oppure popolari in altri decenni, e le loro argomentazioni e narrazioni devono in generale fare i conti con uno “star system”, quello italiano, che è strettamente legato alla televisione e per questo poco famigliare a chi non la frequenta con assiduità.
In ogni caso il fatto che sia proprio Rai 1, la rete più tradizionalista della tv italiana, a ospitare uno dei format più strani del panorama internazionale rende la versione italiana di The Masked Singer un caso piuttosto curioso.
Un format è un programma creato in un determinato paese la cui struttura (riconoscibile, replicabile, dotata di almeno un elemento di unicità) viene esportata in altri paesi, che vi apportano alcune variazioni a seconda del loro contesto produttivo, televisivo, culturale. Bongmyeon ga-wang, “Il re dei cantanti mascherati”, è il titolo sudcoreano della trasmissione che ha dato origine al format americano The Masked Singer, adattato poi in Italia come Il cantante mascherato. L’ha inventato nel 2015 l’autore televisivo Park Won-woo, che pensò una formula che mescolava il talent canoro, il gioco, la comicità e il teatro.
Il suo successo permise i primi adattamenti, ad esempio in Thailanda, paese nel quale le maschere, che nella versione coreana coprono solo il viso, diventarono un vero e proprio costume completo. Craig Plestis, produttore americano di programmi di grande successo come The Apprentice, Deal or No Deal e America’s Got Talent, vide proprio questa versione durante una cena con la sua famiglia in un ristorante thailandese. Decise di adattare quella che fino ad allora era vista come una stravaganza asiatica al contesto americano, confezionando The Masked Singer.
I cambiamenti alla struttura furono diversi, ma principalmente due. La trasmissione americana enfatizzava meno la componente da talent, concentrandosi su quella da guessing show, cioè un gioco investigativo. Inoltre le maschere non erano semplicemente bizzarre, ma diventarono l’elemento centrale, più elaborate e eccessive, ispirate al mondo dello spettacolo americano, da Broadway a Las Vegas.
Andato in onda per la prima volta sulla rete Fox nel 2019, The Masked Singer diventò subito un successo negli Stati Uniti, generando adattamenti in 40 paesi in tre anni: tra cui Regno Unito, Francia, Germania e nel 2020 anche Italia.
Il format è stato adattato con una rapidità che non si vedeva da un decennio, e cioè dai tempi del talent musicale The Voice, spiega Federico Antonini, curatore del programma per Endemol Shine Italy, la casa di produzione che detiene in Italia i diritti del format e lo produce con la Rai. Antonini racconta che insieme ai colleghi avevano già visto la versione coreana, giudicandola «strana», e ne avevano intuito il potenziale. Orsetta Violante Balsamo, capo del dipartimento di acquisizione format, ne aveva acquistato i diritti già nel 2016. Ma a rendere possibile l’adattamento in più paesi fu nei fatti la versione statunitense: secondo Antonini, rese il programma originale un programma da prima serata «spettacolare, ipnotico».
L’adattamento italiano ha dovuto tenere conto delle dinamiche del sistema televisivo, prima fra tutte il fatto di andare in onda su Rai 1, una rete che si rivolge a un pubblico adulto e famigliare, quando non anziano. Su Sky, Netflix, Amazon Prime, si sarebbe rivolto a un altro pubblico, anche più di nicchia, ma sul canale più visto in Italia doveva invece essere reso trasversale, farsi accettare dagli spettatori storici cercando però di attrarre anche un pubblico più giovane, spiega Milly Carlucci, direttore artistico, autrice e conduttrice di Il cantante mascherato. La prima puntata della terza edizione, andata in onda l’11 febbraio, ha fatto registrare il 20% di share con 3.502.000 telespettatori, e sul target d’età 15-24 anni ha registrato il 21,89% di share.
Nel 2019 Antonini, Carlucci e altri autori andarono a Colonia, dove si produce la versione tedesca dello show. I colleghi tedeschi spiegarono loro che il programma doveva essere concepito come un game show, racconta Antonini: Il cantante mascherato è un’indagine travestita da talent canoro e necessita di un racconto giallo. Le teorie dei giurati sono una parte importante del programma. I più solerti nelle indagini sono Insinna e Balivo, che le espongono con una certa abilità narrativa facendo uno spettacolo nello spettacolo. Il loro ruolo è quello di fare ipotesi creative e avvincenti basandosi prima di tutto su quello che si capisce della voce del cantante e della sua fisionomia, ma anche interpretando presunti indizi disseminati sui social dai loro indiziati o svelando gossip e informazioni più private su personaggi del cinema e della tv e collegandoli alle informazioni conosciute sui cantanti mascherati.
Di puntata in puntata, i giurati discutono e si influenzano e convincono a vicenda delle proprie teorie riguardo ai concorrenti che vanno avanti, e nelle ultime puntate la curiosità del pubblico sulle identità delle ultime maschere raggiunge solitamente livelli notevoli. Più volte cantanti e attori che erano stati tirati in mezzo loro malgrado tra i sospettati dei giurati hanno raccontato di aver dovuto rispondere a decine di messaggi degli amici smentendo di essere la “Tigre Azzurra” o il “Pavone”. Al contrario, chi davvero partecipa al programma racconta poi dei grandi sforzi per tenerlo nascosto agli amici e a volte persino alla famiglia, per evitare fughe di notizie.
Il cantante mascherato va in onda in diretta, come la versione tedesca del programma, perché nel contesto italiano si prediligono le trasmissioni in diretta, e specialmente su Rai 1. Ogni puntata dura il triplo rispetto alla versione americana, secondo le regole della prima serata all’italiana, e la resa è molto diversa: il ritmo è rallentato, la gestione produttiva è più complessa perché non si possono usare accorgimenti di montaggio tipici delle versioni registrate, che aiuterebbero il ritmo.
La diretta però permette una forte immediatezza, spiega Antonini ricordando cosa successe nella scorsa edizione mentre sul palco si stava esibendo il personaggio di “Baby Alieno”, che nascondeva i Ricchi e Poveri – la versione italiana dello show è stata la prima a mettere più cantanti dietro una maschera – e che si ruppe in diretta costringendo i cantanti a ritirarsi dalla competizione, cosa che creò un notevole coinvolgimento sui social. La diretta comporta infatti spesso anche caos e imprevisti, che però nel contesto produttivo italiano per certi versi fanno parte del patto tra pubblico e programmi: «Lo spettacolo viene costruito e messo in scena, però poi una volta messo lì corre da solo, quindi succede quel che succede. Ed è un’emozione in più per il pubblico» spiega Carlucci.
Sono invece costruiti quasi scientificamente, dice Antonini, le clip registrate che precedono l’esibizione del concorrente. Durante questi filmati, ambientati in luoghi reali e a loro volta indizi sull’identità del concorrente, la persona famosa sotto la maschera dice delle cose criptiche e sibilline su di sé, sempre con la voce camuffata. È una questione di bilanciamento: da una parte questi monologhi devono essere comprensibili a tutto il pubblico, dall’altro servono ad alimentare l’aspetto surreale e straniante inserendo i costumi in un contesto reale e quasi sempre familiare.
In altri paesi, questo aspetto nonsense è accompagnato anche da una forte vena ironica, un elemento smorzato nella versione italiana per adattarsi allo stile più nazionalpopolare di Rai 1. In studio la parte più divertita è affidata ai giudici, che sostengono con foga le proprie teorie su chi siano i personaggi famosi arrivando anche a bisticciare scherzosamente. Carlucci mantiene una conduzione molto più seria, come suo stile. È una questione di dinamica interna: «i giochi si fanno seriamente», spiega Carlucci, altrimenti è finito il gioco. L’ironia emerge spesso dal contrasto tra questa serietà e l’aspetto bizzarro delle maschere.
Le maschere sono composte di due elementi fondamentali: il personaggio nascosto e l’involucro che lo nasconde. Il primo è frutto di una scelta: come nei talent e nei reality, il casting è fondamentale. I personaggi devono essere riconoscibili per tutto il pubblico di Rai 1, che solo così può partecipare al gioco per scoprirne l’identità, spiega Antonini. Ma anche al di là delle questioni di budget, non sempre è facile convincere i personaggi a mettersi in gioco in una trasmissione così particolare, nel quale scompare uno dei piaceri principali del mestiere di un personaggio famoso: il pubblico infatti non parla del concorrente ma della maschera, spiega Carlucci.
A questa mancanza si supplisce raccontando qualcosa che il pubblico non conosce del concorrente, permettendogli così una libertà diversa e incentivando a mettere in mostra un lato più emotivo. Più il personaggio famoso è conosciuto dal pubblico, «più è divertente nasconderlo e cercare di farlo fuggire da quella identificazione» spiega Carlucci.
L’altro elemento centrale nel successo del programma sono le maschere stesse. Per idearle è stata ripresa la vocazione spettacolare del format statunitense, ma con alcuni accorgimenti. Per ogni edizione si creano maschere nuove, ispirate a quelle delle altre edizioni o inventate da zero, in questa edizione tutte realizzate artigianalmente dal laboratorio La fucina del drago di Cristian Saglio in collaborazione con Tiziano Morelli, esperto di trucco e effetti speciali per il cinema.
Le maschere sono per lo più animali per via del legame del pubblico con le favole e con libri come Pinocchio, spiega Carlucci. E anche perché la vena del programma più assurda presente in altri paesi, dove ci sono per esempio maschere ispirate al cibo o a idee astratte, sarebbe stata difficilmente replicabile secondo Antonini. Alcune maschere inventate per la versione italiana rendono evidente la volontà di rendere locale il programma, come per esempio il “Mastino Napoletano” della prima stagione. Anche quando sono ispirate a quelle di altri paesi si cerca di italianizzarle con qualche elemento: nella versione americana la “Volpe” ha un look steampunk, in quella italiana si lega al più famigliare immaginario dei pirati.
I bozzetti delle maschere vengono proposti ai concorrenti, che possono scegliere e talvolta anche suggerire l’animale che vogliono interpretare. Successivamente vengono modellate sul personaggio, anche per nasconderlo meglio: un concorrente basso per esempio può diventare alto grazie al costume, per depistare il pubblico.
Il segreto sull’identità dei concorrenti va però mantenuto anche dietro le quinte, per evitare fughe di notizie. Creare un protocollo di segretezza non è stato facile, spiega Antonini. Tutti sono tenuti a rispettarlo: le identità delle persone sotto le maschere sono conosciute da pochissime persone della produzione. Prima di travestirsi, al suo arrivo sui luoghi delle riprese o in studio, il concorrente è vestito di nero e ha il viso coperto, ed è seguito e aiutato da una specie di “alter ego” (e non dal suo agente, che lo renderebbe identificabile) in tutto e per tutto simile a lui, sempre vestito di nero e con il viso coperto.
Eppure negli Stati Uniti, dove si stanno registrando gli episodi della nuova stagione, un segreto pare sia stato rivelato: è trapelata la notizia che sotto una delle maschere ci sarebbe infatti l’ex sindaco di New York, e storico collaboratore di Donald Trump, Rudolph Giuliani. Su Vulture, Matt Zoller Seitz aveva descritto così lo show: «Più dettagli aggiungi, e più ti chiedi se l’hai davvero visto o solo sognato». Un effetto che esiste anche nella versione italiana, accresciuto dal fatto che tutto avvenga su una rete istituzionale come Rai 1, in prima serata il venerdì sera. A Roma c’è un magazzino con dentro tutte le maschere, anche quella rotta di “Baby Alieno”, racconta Antonini. «Bisognerebbe farne un piccolo museo», secondo Carlucci.