Chi è Yoon Suk-yeol, il nuovo presidente sudcoreano
Il candidato conservatore ha vinto le elezioni di mercoledì: è stato procuratore generale e viene considerato inesperto su più fronti
Le elezioni presidenziali di mercoledì 9 marzo in Corea del Sud sono state vinte da Yoon Suk-yeol, ex procuratore generale del paese e candidato conservatore del principale partito di opposizione. Yoon, che ha ottenuto pochissimi voti in più rispetto al candidato del Partito di centrosinistra dell’attuale presidente Moon Jae-in, ha promesso di rafforzare il legame con gli Stati Uniti e di prendere posizioni più dure nei confronti della Corea del Nord: secondo i critici, però, sarebbe piuttosto impreparato sia in politica interna che in politica estera.
Col 99,9 per cento delle schede scrutinate, Yoon ha ottenuto il 48,6 per cento delle preferenze, battendo di poche centinaia di migliaia di voti Lee Jae-myung, il principale candidato del partito di Moon, che si è fermato al 47,8 per cento. Il presidente eletto giurerà il prossimo 10 maggio e resterà in carica per cinque anni, fino al 9 maggio del 2027.
Yoon ha 61 anni ed è stato procuratore generale della Corea del Sud tra il 2019 e il 2021, durante il mandato di Moon. Come procuratore contribuì a far arrestare persone di rilievo in alcuni grandi casi di corruzione, tra cui il capo di Samsung Lee Jae-yong e l’ex presidente sudcoreana Park Geun-hye, deposta con un voto di impeachment nel 2017.
Alla fine del 2020 Yoon fu temporaneamente sospeso durante alcune indagini per presunto abuso di potere e presunte interferenze in altre indagini in cui erano coinvolti alcuni suoi familiari e collaboratori, e il marzo successivo si dimise. Si candidò alla presidenza come indipendente a giugno e poi decise di presentarsi per il Partito del Potere Popolare, il principale partito di opposizione, conservatore.
Giovedì mattina, durante la cerimonia per celebrare la propria vittoria, Yoon ha parlato di far diventare la Corea del Sud «un membro orgoglioso e responsabile della comunità internazionale e del mondo libero».
In particolare, ha promesso un approccio più duro nei confronti delle provocazioni della Corea del Nord, mostrando un atteggiamento meno moderato rispetto al suo predecessore, che si impegnò moltissimo per risolvere le tensioni in corso da decenni tra i due paesi. Al contempo, ha anche detto che cercherà di rafforzare le relazioni con gli Stati Uniti e il Giappone e di essere più risoluto nei confronti della Cina, il principale partner commerciale della Corea del Sud.
Come ha scritto il giornale sudcoreano in lingua inglese Korea Times, le elezioni di mercoledì sono state ampiamente descritte come le peggiori della storia del paese, nonché quelle in cui gli elettori avrebbero dovuto scegliere «il male minore». Né Yoon né Lee infatti sembravano avere grandi consensi popolari.
In generale i critici sostengono che Yoon sia molto inesperto e che durante la campagna elettorale non abbia presentato idee ben definite per risolvere alcuni dei problemi più complessi del paese, tra cui le grandi disuguaglianze salariali, la crisi demografica e l’enorme aumento dei prezzi delle case. In alcuni casi i giornali sudcoreani inoltre lo hanno paragonato all’ex presidente statunitense Donald Trump, sia per la retorica populista e per l’intenzione di essere più duro con la Cina, sia per le gaffe e per il suo approccio al tema delle discriminazioni e delle disuguaglianze di genere.
Yoon ha espresso per esempio posizioni piuttosto critiche nei confronti dei movimenti femministi e ha detto di voler abolire il ministero per l’Uguaglianza di genere e la Famiglia, che si occupa di vari servizi rivolti a bambini, donne e famiglie. Ha anche sostenuto che le leggi e i sistemi che tutelano la parità di genere in Corea del Sud siano «abbastanza a posto»: un’idea ampiamente contestata dai movimenti femministi, il cui successo negli ultimi anni ha fatto guadagnare un vasto seguito a diversi gruppi antifemministi.
Tra le altre cose, prima dell’elezione Yoon si era fatto notare per aver detto che l’ex generale e dittatore sudcoreano Chun Doo-hwan «aveva governato bene, tranne che per il colpo di stato», e anche la sua famiglia era stata coinvolta in alcuni scandali e accuse di sessismo. Nel 2021 sua madre era stata condannata a tre anni e mezzo di carcere per truffa, mentre la moglie, Kim Keon-hee, aveva fatto commenti controversi sulle donne che denunciano abusi sessuali e violenze nell’ambito del movimento #MeToo (dicendo che questi casi succedono «quando gli uomini non pagano»).
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