Il prezzo del gasolio ha fermato i pescherecci italiani
Fino a venerdì moltissimi rimarranno nei porti, e per alcuni giorni potrebbe essere difficile trovare pesce fresco
All’alba di lunedì 7 marzo migliaia di pescherecci sono rimasti ormeggiati in molti porti italiani per protestare contro il significativo aumento del prezzo del carburante. Rimarranno fermi almeno fino alla fine della settimana e fino ad allora sarà difficile trovare pesce fresco pescato in Italia nei banchi dei mercati, nei supermercati e nelle cucine dei ristoranti. La decisione di scioperare è stata presa dall’associazione produttori Pesca durante un’assemblea che si è tenuta sabato scorso a Civitanova Marche, in provincia di Macerata, a cui hanno partecipato rappresentanti dei pescatori di tutta Italia.
I pescatori hanno deciso di non lavorare perché il prezzo attuale del carburante, altissimo, ha drasticamente ridotto i loro guadagni. Già fino alla scorsa settimana, prima dell’ulteriore aumento dei prezzi degli ultimi due giorni, molti armatori non riuscivano a sostenere i costi di rifornimento dei pescherecci. La crescita del prezzo è stata molto rapida e ha costretto anche i distributori a comprare meno gasolio, dovendo poi razionarlo ai clienti. In alcuni porti italiani le barche più grandi ne possono avere fino a cinquemila litri, una quantità sufficiente per una settimana di lavoro.
Elio Dall’Acqua, armatore di Jolly, un’azienda di Chioggia, in Veneto, dice che i gestori dei distributori chiamano gli armatori di ora in ora per segnalare l’aumento del prezzo del gasolio. Fino a poco tempo fa il pieno per una barca di 22 metri costava 12mila euro, oggi se ne spendono 18mila e gli aumenti non sembrano fermarsi. Significa che l’attività di un peschereccio può arrivare a costare duemila euro al giorno soltanto per il carburante, a cui vanno aggiunti gli stipendi del personale marittimo, le attrezzature, la manutenzione, le tasse. «Il pescato non riesce a coprire questi costi. Non conviene uscire a pescare, anche se non potremo stare fermi a lungo: dobbiamo pur lavorare», dice Dall’Acqua.
Il prezzo della benzina e del gasolio non era così alto da anni. L’aumento è stato causato da effetti diretti e indiretti legati all’invasione russa in Ucraina, per esempio il cambio tra euro e dollaro. Con l’euro debole, i barili di petrolio costano molto di più e di conseguenza i prezzi si riflettono sul costo della benzina e del gasolio, prodotti dalla raffinazione del petrolio.
Un’altra causa dell’aumento del costo della benzina è l’andamento del prezzo del Brent, il petrolio estratto nel Mare del Nord che serve da riferimento per la maggior parte dei prezzi mondiali. Negli ultimi giorni il prezzo di un barile di Brent è stato molto vicino a raggiungere il record assoluto di 147,5 dollari che risale al 2008. La decisione presa dai paesi produttori di petrolio di non collocare sul mercato una maggiore quantità di barili ha fatto il resto: nonostante la crisi seguita all’invasione russa in Ucraina, la scorsa settimana l’Opec+, l’alleanza di 23 paesi produttori di petrolio guidata dall’Arabia Saudita e che include anche la Russia, ha confermato le previsioni di estrazione anticipate nelle ultime settimane, senza ulteriori immissioni che avrebbero contribuito a far abbassare il prezzo del petrolio.
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I pescatori sono soltanto una delle categorie che subiscono direttamente gli effetti della rapida crescita del prezzo del carburante. Negli ultimi giorni hanno protestato anche gli autotrasportatori, ma i pescatori sono stati i primi a fermarsi in blocco. A Chioggia sono rimasti in porto 280 pescherecci. L’adesione alla protesta è stata totale anche in altri porti importanti dell’Adriatico come San Benedetto del Tronto, Civitanova Marche, Ancona, Fano e Pesaro e in molti altri porti italiani come Taranto, Fiumicino, La Spezia, Piombino. «Giovedì consegneremo le nostre licenze di pesca al sindaco di Chioggia Mauro Armelao come gesto simbolico per protestare contro questa situazione insostenibile», continua Dall’Acqua. «Venerdì è in programma una riunione per decidere se tornare in mare a partire da lunedì. Siamo consapevoli che non possiamo lasciare il mercato senza il pesce italiano».
Mercoledì si terrà un incontro al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali a cui parteciperanno le associazioni di categoria dei pescatori. L’obiettivo è di convincere il governo a sostenere i costi energetici del settore con un nuovo decreto. «Siamo in contatto con il governo per trovare delle soluzioni», ha detto Gilberto Ferrari, di Confcooperative Fedagripesca. «Occorre nell’immediato una soluzione tampone attraverso misure di sostegno che vanno erogate direttamente alle imprese e che sono necessarie per coprire i maggiori costi».