Il più grave flusso migratorio in Europa dal Secondo dopoguerra
In due settimane sono fuggite dalla guerra in Ucraina più di un milione e mezzo di persone, un numero senza precedenti negli scorsi decenni
Dall’inizio dell’invasione russa sono scappate dall’Ucraina più di un milione e mezzo di persone. È un numero enorme, considerando anche che lo hanno fatto in un periodo di appena due settimane.
Per avere qualche termine di paragone: nel 2015 nel gigantesco flusso migratorio che seguì la cosiddetta “rotta balcanica”, anche quello provocato in gran parte dalla Russia dopo il suo intervento militare in Siria, arrivarono in Europa 1,3 milioni di persone in un anno. In due settimane sono scappate dall’Ucraina più del doppio delle persone arrivate in Italia via mare negli ultimi otto anni, dal 2014 al 2022. Le guerre dei Balcani negli anni Novanta produssero milioni di profughi, ma nel corso di quasi un decennio e in varie direzioni.
Il paragone a cui stanno ricorrendo in molti, insomma, sono gli spostamenti forzati che avvennero durante e dopo la Seconda guerra mondiale. «Questa è la crisi dei rifugiati che l’Europa sperava di non vivere mai più», ha sintetizzato efficacemente l’Economist.
La maggior parte di queste persone, circa un milione, sono arrivate in Polonia, per ragioni geografiche – fra i due paesi c'è un confine lungo 535 chilometri – sia probabilmente di opportunità. La Polonia appartiene all'Unione Europea, e nonostante negli ultimi anni abbia avuto un atteggiamento assai ostile nei confronti dei richiedenti asilo che provenivano dal Medio Oriente e dall'Africa è tenuta a rispettare sulla carta estese garanzie ai profughi. Nei prossimi giorni fra queste tutele ci sarà anche uno speciale permesso di protezione temporanea dalla validità di un anno appena approvato dalle autorità europee. L'accoglienza degli ucraini fra l'altro è resa ancora più facile dai legami e dalle affinità culturali con la popolazione polacca.
La Polonia non è il solo paese dell'Unione Europea che sta accogliendo i profughi ucraini. In Ungheria ne sono arrivati più di 180mila, in Slovacchia circa 128mila, in Romania poco più di 82mila. In Moldavia, un paese piccolo, poverissimo e stretto fra Ucraina e Romania, sono arrivati circa 80mila profughi, cioè un sesto della popolazione della capitale Chișinău. In proporzione, è come se nel giro di due settimane a Roma arrivassero 430mila persone a cui bisogna garantire un posto dove dormire, pasti caldi e un minimo di assistenza per soddisfare i bisogni delle persone più vulnerabili come anziani e bambini. «Oggi un bambino su otto presente sul territorio moldavo è un rifugiato», ha detto lunedì la prima ministra moldava Natalia Gavrilita a CNN.
Sono stime in continua evoluzione, come precisa anche l'agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR), che li sta raccogliendo in una pagina pubblica che aggiorna quotidianamente: «Nonostante compiamo ogni sforzo per assicurarci che tutti i dati siano verificati, le informazioni su alcuni arrivi rappresentano una stima».
Le persone stanno scappando a bordo dei mezzi privati, auto o furgoncini, o dei treni, quando funzionano. L'Ucraina ha una rete ferroviaria molto sviluppata – è il 13esimo paese al mondo per lunghezza del tracciato ferroviario – e nonostante alcuni danni subiti dall'esercito russo i treni per passeggeri viaggiano ancora in buona parte del paese. In questi giorni i principali dirigenti della Ukrzaliznytsia, la compagnia ferroviaria statale, rispondono direttamente al ministro dei Trasporti e al presidente Volodymyr Zelensky e si spostano e giù per il paese cercando di mantenere attivo il servizio.
Oltre alle difficoltà e ai rischi di mantenere attivo il servizio durante una guerra, la Ukrzaliznytsia deve fare i conti con numeri enormi di passeggeri (che ovviamente non pagano nessun biglietto, data la situazione). Parlando con Business Insider, l'azienda ha fatto sapere che di norma l'importante snodo ferroviario di Leopoli è abituato a gestire fra le cinquemila e le seimila persone al giorno: di recente è arrivata a decuplicare il proprio traffico.
In questa fase gli spostamenti verso paesi che non siano la Russia o la Bielorussia, suo stretto alleato, sono perlomeno resi più agevoli dal fatto che le strade e le rotte ferroviarie che portano verso Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia e Moldavia si trovano nell'ovest del paese, cioè la zona che al momento è stata risparmiata dai combattimenti più intensi.
Una volta arrivati nei paesi di confine, i profughi vengono presi temporaneamente in carico dai moltissimi volontari e associazioni che danno loro cibo, rifugio e beni di prima necessità. In Polonia, per esempio, si sta discutendo molto del fatto che almeno fino ai giorni scorsi la prima accoglienza sia stata affidata quasi completamente alle ong. Le stesse, peraltro, che il governo guidato dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia osteggiava quando si occupavano di richiedenti asilo provenienti dall'Afghanistan o dalla Siria.
Al momento i profughi ucraini stanno cercando soprattutto di raggiungere parenti e amici che vivono nei paesi di confine o nell'Europa occidentale. Ma l'impressione di molti è che siamo soltanto all'inizio di un flusso più ampio. La Commissione Europea ha stimato che nei prossimi cinque mesi potrebbero scappare dall'Ucraina fino a 4 milioni di persone, in condizioni ancora più vulnerabili di quelle che stanno fuggendo in questi giorni.
Parlando con Repubblica, il capo dell'UNHCR Filippo Grandi sostiene che nei primi giorni dell'invasione russa siano scappate le famiglie del ceto medio ucraino, «che hanno risorse e conoscenze in Europa […]. I problemi veri arriveranno in seguito, se altre città saranno bombardate. Vedremo, allora, uscire persone che hanno meno soldi e legami e dovranno fermarsi nei paesi di confine rischiando di far salire le tensioni».