La prima guerra di TikTok

Gli adolescenti ucraini stanno raccontando l'invasione russa sul social network, che in questi giorni si è riempito di video di bombe e bunker ma anche di notizie false

Dagli adolescenti ucraini che mostrano l’arredamento del proprio rifugio antiaereo seguendo il formato di un popolare meme ai giovani soldati che ballano sulle note di “Smells Like Teen Spirit” dei Nirvana, TikTok da una settimana a questa parte si è riempito di contenuti che raccontano l’invasione russa dell’Ucraina seguendo i canoni estetici scanzonati della piattaforma. Al punto che in diversi hanno definito quella in corso in Ucraina “la prima guerra su TikTok”, o “la guerra più online di sempre, almeno fino alla prossima”.

Sul social network più popolare tra gli adolescenti di mezzo mondo, di proprietà dell’azienda cinese ByteDance e con oltre un miliardo di utenti attivi, da una settimana il flusso di brevi video che appare agli utenti alterna contenuti che commentano l’ultima serie uscita su Netflix o mostrano un balletto in una cameretta americana alle immagini talvolta violente della situazione in Ucraina.

Ci sono i video delle bombe che cadono su Kiev raccolte da una ventenne ucraina che fino a qualche giorno prima pubblicava principalmente sprazzi della propria vita a Londra, con una canzone degli MGMT in sottofondo; una nonna ucraina che chiama in lacrime gli amici per salutarli prima che arrivino le truppe russe; un’influencer abituata a parlare delle proprie finanze che mostra le tantissime auto in fila per fare rifornimento.

@moneykristina

🥺 #ukraine #foodsupply #update #kyiv

♬ original sound – MONEY HONEY 🍯💸

Ma ci sono anche i meme in cui Ucraina e Russia vengono paragonate alle protagoniste della popolare serie tv Euphoria che bisticciano tra loro; i giornalisti inviati dai media internazionali per raccontare quello che sta succedendo; gli utenti che si sono innamorati del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ora pubblicano video dal suo passato di comico e attore; i nazionalisti russi che continuano ad affermare che il loro Paese è stato provocato. Nelle settimane precedenti all’attacco, alcuni video di carri armati e soldati in movimento sono stati utili a ricostruire gli spostamenti dell’esercito russo.

C’è un grosso problema di disinformazione: anche se l’app mette a disposizione una funzione chiamata “centro di alfabetizzazione digitale”, che spiega alcune cose su come si riconoscono le fake news, il funzionamento e il ritmo di TikTok fanno sì che la maggior parte degli utenti non dedichi molto tempo a verificare se quello che vedono è vero oppure no. Così, oltre alle campagne di disinformazione coordinate dalla Russia per giustificare l’invasione, su TikTok ci sono anche gli utenti comuni che, per raccogliere donazioni (che possono essere fatte direttamente all’interno dell’app) o follower da monetizzare in un secondo momento, si spacciano per cittadini ucraini in difficoltà o spacciano scene di videogiochi per immagini veritiere dal fronte.

È un caos in cui tutto appare decontestualizzato e in cui è difficile distinguere realtà, finzione e propaganda. È il modo in cui è disegnato TikTok: un flusso potenzialmente infinito di contenuti brevi, accattivanti ma non particolarmente curati, in cui non appaiono solo i video dei profili che si è deciso di seguire, ma tutto ciò che l’algoritmo della piattaforma individua come interessanti per l’utente.

https://www.tiktok.com/@alexhook2303/video/7039223515593166086?_d=secCgwIARCbDRjEFSACKAESPgo8iQafzR0QeaCvtMVISNXcOpQkwRhk%2F02NyNTDBlFzcahyk%2BAAPNxT%2Bm9BIvyWIFqgUS1mXkjkQaBdFydjGgA%3D&checksum=94ce0dfeca67d105bfd9c0518771cff054196c94f42cfe22d4f1559855555ad1&language=it&preview_pb=0&sec_user_id=MS4wLjABAAAAfhQN_XosPiJTYYSusYzn_yAF3LPZQ1ycBUWZ9vB5uFPtrc34Ug8VNspfDlLblvzF&share_app_id=1233&share_item_id=7039223515593166086&share_link_id=218377C0-EA7D-4881-A82C-F321C861A519&social_sharing=v1&source=h5_m&timestamp=1646384458&tt_from=copy&u_code=dcb7hbd25h2cf4&user_id=6826250616885724165&utm_campaign=client_share&utm_medium=ios&utm_source=copy&_r=1

Qualcuno scherza sul fatto che l’algoritmo è così preciso che sembra leggere nella mente: in realtà registra più semplicemente quanto a lungo l’utente guarda i singoli video, quali apprezza e quali condivide con i propri contatti, con lo scopo di proporre contenuti che catturino al massimo l’attenzione, per trattenere sulla piattaforma il più a lungo possibile. Con lo scoppio della guerra, l’attenzione di tantissime persone è sull’Ucraina, al punto che l’algoritmo sta finendo per ripescare video pubblicati mesi fa o che ritraggono altre guerre per soddisfare i desideri di contenuti degli utenti.

Soltanto tra il 20 e il 28 febbraio, le visualizzazioni dei video taggati con #Ukraine sono passate da 6,4 miliardi a 17,1 miliardi — 928.000 visualizzazioni al minuto. Al 3 marzo, erano già diventate 22,5 miliardi. Considerato che, secondo dati risalenti all’estate 2020, oltre 28 milioni di russi sono iscritti all’applicazione, c’è chi spera che l’applicazione possa essere utile a far conoscere la situazione ucraina anche in Russia, dove il governo impedisce ai media di usare le parole “attacco”, “invasione” o “guerra” per descrivere ciò che sta succedendo.

«Nelle ultime settimane ci sono stati piccoli casi di disinformazione russa rivolta verso l’esterno, ma la Russia sembra molto più interessata a indirizzare le opinioni dei propri cittadini» spiega al Post Ryan Broderick, giornalista e ricercatore indipendente che si occupa di Internet e politica. «L’Ucraina, invece, sta usando i social media per conquistare i cuori e le menti delle persone in tutto il mondo. Ed è stata una campagna incredibilmente efficace, ma, come tutte le campagne su Internet, il messaggio corre il rischio di essere banalizzato e diventare un meme o di perdere l’attenzione non appena arriva un tema più appariscente».

Nel suo discorso del 24 febbraio, Zelensky aveva fatto appello agli utenti di TikTok russi, chiedendo loro (insieme a scienziati, dottori, blogger e comici) di far sentire la propria voce per mettere fine alla guerra. Qualche giorno dopo, l’autorità di regolamentazione delle comunicazioni russa Roskomnadzor aveva chiesto che l’app smettesse di includere contenuti di carattere militare nei post consigliati ai minori, sostenendo che gran parte dei contenuti in materia siano anti-russi.

Non è la prima volta che una piattaforma social gioca un ruolo importante nella narrazione di un conflitto — le Primavere arabe del 2011 non sarebbero state la stessa cosa senza Twitter e Facebook, e la riconquista talebana dell’Afghanistan l’anno scorso creò seri problemi di moderazione dei contenuti alle aziende tech — e non è la prima volta che una grossa notizia monopolizza TikTok per giorni.

Nonostante l’impostazione di TikTok sia quella di uno spazio apolitico e spensierato, e nonostante l’ordine casuale e non cronologico con il quale i contenuti sono presentati non favorisca affatto i temi di attualità, sulla piattaforma hanno avuto periodi di grande popolarità i video degli incendi in Australia, delle violenze israeliane in Palestina, dell’attacco al Campidoglio statunitense. TikTok è colmo di video di attivismo, analisi e commenti sui fatti di attualità, oltre che di disinformazione e propaganda.

«Gran parte del successo di TikTok dipende sia da quanto è visivo sia da quanto è istantaneo. Dai meme e dai balletti all’assalto al Campidoglio, cattura il mondo con un’immediatezza che altre piattaforme non possono eguagliare» ha scritto Chris Stokel-Walker su Wired. «L’ascesa di TikTok è, ed è sempre stata, il risultato di quanto sia facile da usare. Gli strumenti di editing ed i filtri dentro all’app rendono più semplice di qualsiasi altra piattaforma catturare e condividere il mondo che ci circonda. Se Facebook è pesante, Instagram è curato e YouTube richiede un carico di attrezzature e tempo di editing, TikTok è veloce e sporco, il tipo di piattaforma video che può modellare la percezione di come si sta svolgendo un conflitto».

«La documentazione sui social media ha meno probabilità di durare — è volontariamente effimera — ma per il consumatore può creare un’esperienza più immediata e coinvolgente di una situazione che si sta svolgendo in diretta» scrive invece Kyle Chayka sul New Yorker. «Una donna partorisce dopo essersi rifugiata in una stazione della metropolitana di Kiev. Altrove nella metropolitana, le famiglie si stringono ai propri cani e gatti. Un padre ucraino saluta in lacrime la sua famiglia. Un trattore agricolo sembra trainare un carro armato russo abbandonato. Un uomo britannico si fa un video mentre prepara una borsa, in cui mette anche il tè, per andare in Ucraina “a salvare mia moglie e mio figlio”. Insieme, questi frammenti presentano un montaggio di una vita improvvisamente finita in mezzo a una guerra. Evocano pensieri su come potresti reagire tu stesso in circostanze così banali e terribili, equipaggiato solo con la fotocamera del telefono. Cos’altro c’è da fare in un rifugio antiaereo se non farsi video e trasmetterli al mondo esterno?».