Le operazioni “false flag” hanno una storia lunga
Se n'è parlato molto per via dell'invasione dell'Ucraina: sono una specialità della Russia, ma non solo
Nelle ultime settimane gli Stati Uniti e altri governi occidentali hanno accusato la Russia di aver organizzato delle “operazioni false flag” per giustificare l’invasione dell’Ucraina. In altre parole, hanno accusato la Russia di aver orchestrato alcuni attacchi contro le proprie forze o di avere volutamente creato gravi tensioni militari per addossarne la colpa all’Ucraina e trovare un pretesto per giustificare un’invasione. Non sarebbe la prima volta che una guerra inizia così.
La Russia ha lavorato per settimane per trovare un pretesto per iniziare l’invasione dell’Ucraina e alla fine, nel discorso con cui ha dichiarato guerra, Putin ha definito l’invasione una «operazione militare speciale» con l’obiettivo di fermare il «genocidio» della popolazione dell’oriente ucraino. Questo genocidio ovviamente non esiste, ma l’accusa è stata inserita anche nella mozione votata dal parlamento russo per riconoscere le repubbliche autoproclamate, riconoscimento a cui è seguito l’inizio dell’invasione.
La Russia era stata accusata di aver organizzato un’operazione “false flag” in Ucraina già in varie occasioni. A gennaio, per esempio, i ministeri della Difesa americano e ucraino avevano detto di avere raccolto informazioni sul fatto che la Russia avrebbe addestrato diverse persone in grado di maneggiare esplosivi e di inscenare un credibile attacco contro la stessa Russia, dando al paese la scusa per attaccare l’Ucraina.
A febbraio, poi, sempre il ministero della Difesa americano aveva reso note alcune nuove analisi dell’intelligence statunitense che sostenevano che la Russia stesse creando un video che mostrava un finto attacco dell’esercito ucraino contro obiettivi in territorio russo, o contro persone che parlano russo e che si trovano nelle zone dell’Ucraina dove l’influenza russa è più forte. A un certo punto, pochi giorni prima dell’invasione, i media di stato russi arrivarono ad accusare l’esercito ucraino di aver cercato di sconfinare in Russia distruggendo una postazione di frontiera.
Key propaganda state TV channels published a video of a “destroyed border checkpoint,” in the woods, without even a road. It's just some hackneyed hut with a #Russia's flag on it. (flag was miraculously perfectly preserved). This is another staged performance. #Ukraine https://t.co/NXzsfYcUPD pic.twitter.com/hBoIz3DO6z
— Alexander Khrebet (@AlexKhrebet) February 21, 2022
Putin, alla fine, ha invaso l’Ucraina, giustificando le sue azioni militari come un’azione di peacekeeping volta a metter fine a una guerra.
Da un certo punto di vista, quindi, ci sono molti punti di contatto tra il modo in cui la Russia ha giustificato la guerra in Ucraina e un’operazione “false flag”. Non è certo la prima volta che succede, nella storia.
Partiamo dal termine, che ha una sua storia: la teoria più diffusa è che la formula “operazione false flag” – letteralmente “operazione falsa bandiera” – sia nata nel Sedicesimo secolo per descrivere l’uso, da parte dei pirati, di finte bandiere amiche per attirare le navi mercantili abbastanza vicino da poterle attaccare. Il termine si è poi evoluto e allargato fino a definire qualsiasi operazione pianificata per compiere un attacco, reale o simulato, contro le proprie forze e poi addossarne la colpa all’avversario, creando le basi per una ritorsione, e quindi attaccandolo.
L’operazione false flag senz’altro più nota e citata è quella orchestrata dalla Germania nazista per invadere la Polonia, il 1° settembre del 1939. La sera prima dell’invasione, il 31 agosto, sette agenti delle SS tedesche compirono un finto attacco alla stazione radio tedesca di Gleiwitz (Gliwice, oggi in Polonia), vestendosi con uniformi dell’esercito polacco. Alcuni prigionieri furono uccisi e i loro corpi, vestiti con uniformi tedesche, furono fatti trovare dentro la stazione radio. Il giorno dopo Adolf Hitler denunciò l’attacco come l’opera di sabotatori polacchi e ordinò ai suoi soldati di varcare il confine: fu l’inizio della Seconda guerra mondiale.
A fare largo uso delle operazioni false flag, poi, è sempre stata la Russia: al punto che Foreign Policy ha parlato di questo tipo di operazioni come di una «specialità russa».
Tra i casi più noti ci fu, sempre nel 1939, l’invasione sovietica della Finlandia: il 26 novembre, quattro giorni prima dell’invasione (avvenuta sempre nel contesto della Seconda guerra mondiale), l’Unione Sovietica bombardò Mainila, una località sovietica a 800 metri dal confine finlandese, ne addossò la colpa alla Finlandia e la invase, rompendo il patto di non aggressione in vigore tra i due paesi. Iniziò quindi la cosiddetta Guerra d’inverno: durò tre mesi, provocò circa 70mila morti e portò la Finlandia ad arrendersi e a cedere all’Unione Sovietica parte del proprio territorio.
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Secondo Calder Walton, storico dell’Università di Harvard, fu un’operazione false flag anche quella che l’Unione Sovietica usò per invadere la Cecoslovacchia nel 1968 e rispondere così con violenza alla “primavera di Praga”, cioè il processo di democratizzazione promosso nel paese dal capo dei riformisti Alexander Dubček, che voleva cambiare dall’interno il regime comunista attraverso un cosiddetto “Socialismo dal volto umano”.
L’Unione Sovietica, che vedeva il cambiamento in senso riformista della Cecoslovacchia come una minaccia alla tenuta del blocco sovietico, rispose con la cosiddetta Operazione Progresso: una serie di agenti del KGB, i servizi segreti sovietici, si finsero giornalisti, imprenditori e studenti occidentali e si infiltrarono in varie istituzioni cecoslovacche pro-democrazia. Lavorarono per spiare le attività al loro interno ma anche per alimentare la tensione tra le due parti, creando per esempio false prove sulla progettazione di colpi di stato in Cecoslovacchia e di svariati depositi di armi americane portate nel paese per pianificare pericolosi attacchi. Sono tutti pretesti che l’Unione Sovietica usò per giustificare la propria invasione della Cecoslovacchia, avvenuta nella notte tra il 20 e il 21 agosto del 1968, con centinaia di migliaia di soldati e di carri armati.
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Tra le altre, un’altra operazione “false flag” molto nota, benché mai realizzata, fu la cosiddetta Operazione Northwoods, ideata dagli Stati Uniti nel 1962 per creare il pretesto per invadere Cuba e deporre l’allora primo ministro, Fidel Castro. L’operazione prevedeva che venissero compiuti attacchi contro cittadini americani per addossarne la colpa al governo cubano e creare le condizioni per giustificare un’invasione militare del territorio. L’allora presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, non la approvò.