Non ci si aspetta molto dal colloquio tra Ucraina e Russia
Comincia oggi, ma le posizioni delle due parti restano inconciliabili e l'esercito russo non ha rallentato l'invasione
Oggi, al confine tra Ucraina e Bielorussia, ci sarà il primo incontro tra la delegazione russa e quella ucraina da quando è iniziata l’invasione russa, cinque giorni fa. Non è ancora chiaro di cosa discuteranno i due paesi, ma dall’incontro non ci si aspetta granché: le posizioni delle due parti restano del tutto inconciliabili e nelle ultime ore le tensioni sembrano essere cresciute più che diminuite. Secondo gli analisti, quasi sicuramente il probabile fallimento di questo colloquio sarà usato dalla Russia in chiave propagandistica.
L’incontro dovrebbe tenersi in mattinata, e i rappresentanti ucraini sono già arrivati a destinazione. Il colloquio si terrà vicino al fiume Prypyat, un affluente del fiume Dnepr, che divide in due l’Ucraina, in un punto del confine che al momento è controllato dai russi. La sicurezza dell’incontro sarà affidata al leader autoritario bielorusso Alexander Lukashenko, stretto alleato di Putin. Lukashenko ha detto che prima, durante e dopo l’incontro i missili, gli aerei e gli elicotteri da guerra presenti sul territorio bielorusso resteranno a terra.
Il luogo dell’incontro, su cui le due parti si sono accordate domenica, è stato dibattuto: il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si era inizialmente rifiutato di incontrare la delegazione russa in Bielorussia, vicinissima alla Russia e corresponsabile dell’invasione. Zelensky aveva quindi proposto una serie di alternative e le parti si sono alla fine accordate per un incontro vicino al confine (ma pur sempre in Bielorussia, al palazzo Rumyantsev-Paskevich).
⚡️🇷🇺🇧🇾🇺🇦In Belarus, everything is ready to host Russia-Ukraine negotiations. Waiting for delegations to arrive pic.twitter.com/WSnPMyChwg
— Belarus MFA 🇧🇾 (@BelarusMFA) February 28, 2022
L’incontro di oggi è teoricamente un colloquio di pace, ma non ci si aspetta che porterà a grandi risultati, per varie ragioni.
Innanzitutto perché le posizioni delle parti sono e restano inconciliabili: commentando l’incontro di oggi il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha detto che il suo governo «non cederà nemmeno un centimetro del nostro territorio». Il presidente russo Vladimir Putin, invece, aveva cominciato la guerra negando di fatto il diritto dell’Ucraina a essere uno stato. A invasione avviata, inoltre, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov aveva detto che avrebbe accettato di dialogare con l’Ucraina solo se l’Ucraina si fosse arresa. Non sembra, insomma, che ci sia spazio per un qualsiasi accordo.
In secondo luogo, i combattimenti stanno continuando, e nelle stesse ore in cui le due parti si accordavano per incontrarsi il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato di mettere in stato di allerta le forze di deterrenza del paese, in risposta alle sanzioni economiche e alle dichiarazioni «aggressive» dei paesi occidentali. Mettere in stato d’allerta le forze di deterrenza del paese significa prepararsi a una serie di controffensive, compresi gli armamenti nucleari: è un’espressione da Guerra fredda, considerata molto preoccupante e certamente inconciliabile con un qualsiasi accordo di pace.
Anche le varie dichiarazioni sui colloqui in programma per oggi non lasciano pensare che si arriverà a molto: il presidente ucraino Zelensky, secondo cui le prossime 24 ore saranno cruciali, si è detto scettico sulla riuscita dell’incontro.
Zelensky ha accettato di incontrare la delegazione russa «senza precondizioni» e ha detto, in sostanza, che lo sta facendo per non lasciar nulla di intentato: «Non credo molto nel risultato di quest’incontro, ma lasciamoli provare, in modo che nessun cittadino ucraino abbia dubbi sul fatto che io, come presidente, abbia cercato di fermare la guerra quando c’era una possibilità, benché piccola», ha scritto Zelensky sul proprio canale Telegram.
Sui colloqui si è espressa anche Oksana Markarova, ambasciatrice ucraina negli Stati Uniti, che citando lo stesso Zelensky ha detto «siamo pronti ai colloqui di pace, ma non ad arrenderci».
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