Si ricomincia a parlare di legge sulla cittadinanza
Una proposta del M5S, sostenuta dal centrosinistra, propone di estenderla ai bambini che hanno fatto cinque anni di scuola in Italia
In settimana il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia, del Movimento 5 Stelle, depositerà un testo base che prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana ai minori che non ce l’hanno dalla nascita legato a un percorso scolastico: è stato chiamato ius scholae, ed è molto simile a quello che in passato è stato definito ius culturae.
La proposta espande i criteri per ottenere la cittadinanza italiana: riguarda soprattutto i bambini nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccoli. In Italia si parla ciclicamente e da anni di una modifica della legge sulla cittadinanza, senza che però siano mai stati fatti dei grossi passi avanti.
L’Italia è uno dei paesi con i requisiti più severi per ottenere la cittadinanza, mentre tutti i principali paesi europei la concedono più rapidamente. L’ultima legge sulla cittadinanza, introdotta nel 1992, prevede un’unica modalità di acquisizione chiamata ius sanguinis (dal latino, “diritto di sangue”): un bambino è italiano se lo è almeno uno dei genitori. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può invece chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.
Questa legge è da tempo considerata carente: esclude per diversi anni dalla cittadinanza e dai suoi benefici decine di migliaia di bambini e ragazzi nati e cresciuti in Italia e lega la loro condizione a quella dei genitori, il cui permesso di soggiorno nel frattempo può scadere, costringendo tutta la famiglia a lasciare il paese e compromettendo perciò la continuità di residenza richiesta dalla legge.
Il testo che esaminerà ora la commissione Affari costituzionali della Camera, scrive Repubblica, è composto da tre articoli e introduce un nuovo criterio per ottenere la cittadinanza prima dei 18 anni, lo ius scholae, che passa attraverso il sistema scolastico italiano. In pratica stabilisce che un bambino nato in Italia o arrivato prima di avere compiuto 12 anni possa fare richiesta di cittadinanza dopo aver fatto un ciclo scolastico di 5 anni, che può essere composto solo dalle elementari o da alcuni anni di elementari e altri di medie o superiori.
La nuova proposta riprende in parte quella già approvata alla Camera nel 2015, mai diventata legge perché al Senato era mancato il numero legale per la votazione (a quel tempo il M5S si astenne alla Camera e non si presentò in blocco al Senato). Questa volta il testo non fa però alcun riferimento allo ius soli, il diritto di cittadinanza che si acquisisce quando si nasce su un territorio e indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Ad oggi è valido ad esempio negli Stati Uniti.
Nel 2015 la proposta di legge introduceva uno ius soli “temperato” e prevedeva che un bambino nato in Italia diventasse automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trovava legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore in possesso di permesso di soggiorno non proveniva dall’Unione Europea doveva rispondere ad altri tre criteri: avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, disporre di un alloggio, superare un test di conoscenza della lingua italiana.
Brescia ha spiegato la decisione di eliminare dall’ultima proposta lo ius soli in qualsiasi sua forma: «Credo che il modello dello ius scholae possa trovare un consenso largo, anche perché mette al centro il valore della scuola, il ruolo dei nostri insegnanti. È in classe che si costruisce la cittadinanza, l’appartenenza a una comunità. Ho lavorato su questo testo semplice che può essere approvato già in questa legislatura». L’obiettivo sarebbe dunque quello di arrivare a un accordo in tempi rapidi e il più largo possibile. In commissione i numeri per l’approvazione di un testo base potrebbero esserci: voterebbero a favore il Movimento 5 Stelle, il Partito Democratico, la sinistra e parti del gruppo misto. Sia Matteo Salvini della Lega sia Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia hanno invece già dichiarato di essere contrari.
Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2019/2020 le scuole italiane hanno accolto complessivamente 8,5 milioni di studenti, di cui poco meno di 877 mila non hanno la cittadinanza italiana (pari dunque al 10,3 per cento del totale). Di questi ultimi, e senza contare la scuola dell’infanzia, circa 710 mila frequentano la primaria e la secondaria di primo e secondo grado, cioè elementari, medie e superiori. Nel quinquennio 2015/2016 – 2019/2020, inoltre, il numero degli studenti “stranieri” nati in Italia è passato da oltre 478 mila a quasi 574 mila, con un incremento del 20 per cento circa.