Come si sta organizzando l’Italia per accogliere i profughi ucraini
Governo, enti locali e associazioni stanno preparando trasferimenti e ospitalità, e c'è anche chi è partito di persona in auto
In Italia il primo pullman con a bordo i profughi ucraini in fuga dalla guerra è arrivato sabato mattina alla frontiera di Fernetti, poco fuori Trieste. A bordo c’erano 48 tra donne e bambini, e due uomini. Un altro autobus, con a bordo 40 persone, è arrivato a Piacenza. Altre 300-400 persone in pullman sono attese a Genova, dove la comunità ucraina è particolarmente numerosa, e altre ancora in Veneto e Trentino.
Tutte le persone arrivate, per ora, sono state accolte da parenti e amici. Sono arrivate in pullman o con auto private, ma anche in aereo da paesi vicini all’Ucraina, come la Slovacchia. Nei prossimi giorni è facile prevedere che gli arrivi si intensificheranno: la comunità ucraina in Italia, composta da 240mila persone, è considerata la più grande d’Europa occidentale. Sia il ministero dell’Interno sia le organizzazioni non governative si stanno preparando e in molte città sono in programma riunioni in prefettura per studiare piani di accoglienza.
L’assessore al welfare del comune di Milano Lamberto Bertolè spiega che «ci sarà una riunione lunedì in Prefettura e sarà fondamentale per capire come organizzare aiuti e accoglienza. Il sistema, già rodato, è quello messo in campo per la crisi afghana. Bisognerà capire come modificarlo e ampliarlo oppure se, dal governo, arriveranno indicazioni per mettere in campo un nuovo sistema anche a livello normativo».
L’obiettivo è quello di non disperdere le energie e le iniziative, ma organizzarsi in modo da concentrare gli aiuti. «Ci sono molti punti che dobbiamo chiarire e affrontare. Per esempio, un aspetto fondamentale è quello dei ricongiungimenti familiari», continua Bertolè. «A Milano vivono 8mila cittadini ucraini, 20mila nella città metropolitana, e sono soprattutto donne. Un’altra cosa che dovremo decidere è come organizzare gli aiuti. Molte organizzazioni non governative stanno raccogliendo fondi, alcune per comprare beni di prima necessità in loco, cioè al confine polacco o rumeno, altre invece partono già da Milano con i beni di prima necessità. Dobbiamo capire qual è la strategia migliore». La Lombardia ha annunciato che a tutti gli ucraini che arriveranno verranno distribuiti tamponi e vaccini gratuitamente, in un’iniziativa che sarà probabilmente imitata da altre regioni.
Per ora, secondo l’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati, sono fuggite dall’Ucraina 370mila persone. Alcune stime dell’Unione Europea prevedono un esodo da uno a quattro milioni di persone, altre addirittura di sette milioni.
La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha promesso che l’Italia darà la massima solidarietà al popolo ucraino: «L’Italia sarà tra i paesi che applicheranno questo principio con redistribuzione sui nostri territori». In concreto, l’organizzazione si baserà probabilmente sulla rete SAI, il sistema di accoglienza e integrazione di secondo livello gestito dal ministero in collaborazione con l’ANCI, l’associazione dei comuni italiani. Fornirà asilo ai profughi nelle strutture messe a disposizione da associazioni, parrocchie e istituzioni. Le prefetture coinvolte sono 106. Il sistema SAI prevede sia la distribuzione di vitto e alloggio, sia quella che viene chiamata assistenza integrata, cioè accompagnamento, assistenza, integrazione. È costituito dalla rete degli enti locali che, con le organizzazioni del terzo settore, possono accedere al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
Secondo una previsione del ministero dell’Interno, ad arrivare in Italia saranno soprattutto anziani e bambini (gli uomini resteranno in Ucraina a combattere), che raggiungeranno le donne, circa 200mila, che già lavorano in Italia. Il ministero sta attrezzando un sistema per facilitare e velocizzare le procedure burocratiche per fornire permessi di soggiorno rapidi per i ricongiungimenti. L’idea è quella di mettere a disposizione una sorta di autorizzazione velocizzata per motivi umanitari.
Secondo le ricostruzioni delle intenzioni del ministero dell’Interno uscite sui giornali, alcuni tra i profughi ucraini andranno nei Centri di prima accoglienza, o negli ex SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Verranno poi attivati i circuiti cosiddetti sussidiari, quelli del terzo settore. La gestione concreta sarà affidata alle prefetture sul territorio: in base alle esigenze potranno essere organizzate nuove sistemazioni in alberghi, ostelli, caserme. Il ministero degli Esteri ha annunciato di essere poi impegnato nell’apertura di corridoi umanitari “speciali” per i minori orfani «perché possano al più presto raggiungere l’Italia in sicurezza».
L’Unione Europea sta discutendo invece un provvedimento che non era mai stato applicato prima: la protezione temporanea, e cioè un permesso di soggiorno della durata di un anno, estendibile a due, a tutti i cittadini ucraini che chiedono protezione in uno degli stati membri.
Tutte le organizzazioni non governative sentite dal Post hanno confermato che c’è in questo momento una fortissima mobilitazione dei volontari, di persone che stanno aderendo alle campagne di raccolta fondi e che si offrono per ospitare i profughi.
Guido Calvi, coordinatore umanitario di AVSI, è in partenza per il confine tra Polonia e Ucraina per organizzare, assieme ad associazioni locali, l’arrivo di cibo e materiale di prima necessità: «C’è stata da subito una fortissima solidarietà, tantissime persone si sono attivate», spiega. «Si tratta ora di dare una regia e un ordine, coordinandosi anche con le organizzazioni governative che sono sul posto».
«Il flusso è attualmente in un certo senso autoorganizzato», continua Calvi. «Sono persone che fuggono soprattutto con i propri mezzi e una volta arrivate al confine sanno già dove andare», ma presto la situazione potrebbe diventare più caotica e meno organizzata. Calvi spiega che «i punti d’accesso sono piccoli e giustamente le autorità polacche devono comunque verificare e controllare gli ingressi: per questo le code sono già molto lunghe e andranno aumentando». In Italia la struttura dell’AVSI è pronta ad accogliere: «Molte famiglie si sono offerte di ospitare i profughi, aspettiamo che venga attivato un coordinamento nazionale. La situazione è purtroppo precipitata in modo drammatico e velocissimo», dice Calvi.
Fabio Prevedello, fondatore e presidente dell’associazione Italia-Ucraina, dice che «per ora si è attivato un volontariato diffuso, ma serve un coordinamento. Molte famiglie ci hanno comunicato la loro disponibilità ad accogliere i profughi. Aspettiamo che la protezione civile e il ministero dell’Interno attivino una struttura di coordinamento, quindi forniremo l’elenco delle famiglie disponibili». Accanto all’accoglienza c’è anche il lavoro di raccolta fondi: «Serve per la prima accoglienza ai profughi ma utilizzeremo i soldi anche per andare ad aiutare le persone che sono attualmente al confine, in Polonia, e che non hanno mezzi per potersi muovere».
Ad attivarsi immediatamente sono state anche moltissime associazioni di volontariato che in passato avevano organizzato «soggiorni di risanamento» in Italia per i bambini dell’area dell’ex centrale nucleare di Chernobyl, molti dei quali orfani, che arrivavano ogni estate da Ucraina e Bielorussia (il 70% delle aree contaminate era in Bielorussia) per un mese o anche di più. Oggi molti dei minori accolti provengono da famiglie in condizioni disagiate, istituti pubblici o case-famiglia sul territorio ucraino.
A Busto Arsizio, in provincia di Varese, ogni estate vengono accolti bambini e adolescenti. Pochi giorni fa dall’Ucraina si sono messi in contatto con don Giuseppe Tedesco della parrocchia di San Giuseppe. «Don Giuseppe ha deciso di andare a recuperarli», dice un’aiutante del parroco. «Ci ha mandato un messaggio su cui ha scritto “Parto”. Sappiamo che è in viaggio con qualche volontario, a bordo di un’auto e di un furgoncino». Don Giuseppe Tedesco ne recupererà dieci, tra bambini e adolescenti. Il ritorno in Italia è previsto mercoledì. Il commissariato di Busto Arsizio sta preparando i documenti per consentire l’ingresso in Italia dei dieci cittadini ucraini.
Secondo Federica Bezziccheri, presidente dell’associazione I Bambini dell’est, nata per accogliere e dare ospitalità per le vacanze ai bambini di Chernobyl, «il problema è riuscire a far arrivare le persone al confine. Per questo bisogna creare assolutamente corridoi umanitari che consentano a chi cerca di lasciare le zone di guerra di poter arrivare al confine». L’associazione è stata chiamata da «moltissime persone» anche esterne all’associazione disposte ad accogliere i profughi ucraini, ed è in contatto con l’associazione Emmaus Ucraina: «Opera a Kharkiv, la presidentessa è italiana, Elena Mazzola. Ora è in coda al confine con un gruppo di bambini con disabilità che saranno accolti in Italia».
Un altro parroco, Orest Kozak, responsabile del monastero Villa Andrea che si trova a Castel Gandolfo, a pochi chilometri da Roma, è partito in auto per raggiungere il confine tra Polonia e Ucraina e provare a portare in salvo alcuni profughi. Da Guardiagrele, in Abruzzo, è partito un avvocato, Graziano Benedetto. Ha lo studio a Kiev e vive a Poltava. Era in Italia da una settimana, ha spiegato al Messaggero: «Lascerò l’auto in territorio ungherese, attraverserò a piedi la frontiera e aiuterò chi sta aspettando da giorni di poter lasciare l’Ucraina». Dopo aver distribuito i beni, «tornerò in Ungheria, farò di nuovo rifornimento e ricomincerò a distribuire i beni a chi sta in macchina affamato, senza nulla. Chiederò all’ambasciatore ucraino a Roma un pezzo di carta per entrare e uscire liberamente alla dogana».
Da tutta Italia stanno partendo auto e furgoncini di cittadini ucraini diretti verso est. Alcuni vogliono tornare in patria a combattere, altri raggiungono i confini per caricare in auto i profughi e rientrare in Italia. Dice Alina Pryshlyakivska, che da Roma sta cercando di coordinare le varie spedizioni: «un pullman è partito ieri da Roma in direzione Leopoli. È previsto che mercoledì riparta dall’Ucraina per portare in Italia una cinquantina di profughi».
Al di là delle iniziative del cosiddetto volontariato diffuso e degli ucraini che vivono in Italia, tutte le maggiori associazioni di volontariato stanno organizzando gli aiuti. Save The Children, che è attiva in Ucraina dal 2014, ricorda che nel paese vivono 7,5 milioni di minori, con «grave pericolo di danni fisici, forte disagio psicologico e sfollamento». La onlus sta raccogliendo aiuti nel suo Fondo emergenze così come stanno facendo la Croce Rossa, Caritas ambrosiana, Emergency, Progetto Arca, Medici Senza Frontiere e molte altre onlus, grandi e piccole.