Il caso della nuotatrice americana Lia Thomas
Un'atleta transgender sta stravincendo e macinando record nei campionati universitari, rinnovando un dibattito complesso
Lia Thomas è un’atleta transgender americana di 22 anni che tra novembre e dicembre dello scorso anno ha iniziato a far parlare di sé per i risultati ottenuti in alcuni tornei nazionali. In Ohio, per esempio, aveva vinto tre gare di varie distanze concludendole con ampi distacchi e in ognuna di queste aveva stabilito dei nuovi record nazionali femminili. Da allora nello sport universitario statunitense, e non solo, si è tornati a discutere della questione che riguarda le atlete transgender, che divide e mette ancora in difficoltà le varie federazioni sportive.
Il caso di Thomas è diverso da quelli più discussi di recente. È diverso per esempio da quello di Laurel Hubbard, sollevatrice neozelandese che alle Olimpiadi di Tokyo era diventata la prima atleta transgender nella storia dei Giochi. La presenza di Hubbard alle Olimpiadi aveva sollevato critiche che però si erano limitate alla sua partecipazione: secondo alcuni avrebbe tolto il posto ad altre atlete ritenute più meritevoli in quanto nate di sesso femminile (cioè cisgender).
A Tokyo, però, Hubbard aveva voluto raggiungere un traguardo simbolico più che competitivo. In gara non era riuscita a completare nessun sollevamento valido ed era stata eliminata al primo turno. Al termine della prova aveva ringraziato gli organizzatori e chi l’aveva sostenuta; pochi giorni dopo aveva infine annunciato il suo ritiro dalle competizioni.
Negli Stati Uniti, invece, Thomas sta portando la questione su un altro livello. Circa due mesi dopo aver stravinto in Ohio, la nuotatrice ha infatti partecipato ai campionati della Ivy League, la competizione in cui gareggiano gli atleti delle otto università più prestigiose degli Stati Uniti. Thomas si è iscritta in quanto studentessa dell’Università della Pennsylvania e ha vinto tutte e tre le gare a cui ha partecipato. Nei 100 stile libero ha anche stabilito un nuovo record per la competizione.
La sua presenza aveva già creato divisioni in seguito ai risultati ottenuti a dicembre, tanto che a inizio anno sedici atleti della sua stessa università avevano scritto una lettera in cui da una parte sostenevano la decisione di affermare la sua identità di genere, ma dall’altra le attribuivano un vantaggio ingiusto nelle competizioni: «Quando si tratta di competizioni sportive, la biologia del sesso è una questione separata dall’identità di genere. Biologicamente, Lia detiene un vantaggio ingiusto rispetto alla concorrenza nella categoria femminile, come dimostrano le graduatorie nazionali, in cui è passata dall’essere 462ma tra gli uomini — dove ha gareggiato fino al 2019 — a prima tra le donne».
Alla lettera ne era seguita un’altra, firmata da circa trecento atleti ed ex atleti, sia universitari che professionisti, che invece chiedeva alla NCAA — l’organizzazione che gestisce le competizioni universitarie — di continuare a permetterle di gareggiare nelle categorie femminili in quanto idonea secondo i regolamenti.
La questione è quindi passata tra le mani dei vari organi sportivi nazionali. Le regole della NCAA non permettono infatti alle atlete transgender di partecipare alle categorie femminili durante i percorsi di transizione: lo permettono soltanto dopo la riassegnazione anagrafica del sesso e dopo un anno di terapie ormonali. Chiamata a dare un parere sul caso Thomas, però, la NCAA non aveva fatto valere il suo regolamento e aveva delegato la decisione alla federazione nazionale di nuoto, come consigliato dalle nuove linee guida introdotte a novembre dal Comitato olimpico internazionale.
A inizio febbraio la federazione del nuoto americana ha stabilito che le atlete transgender, per gareggiare, devono dimostrare a una commissione indipendente di non avere alcun vantaggio competitivo, oltre a mantenere un livello di testosterone inferiore a 5 nanomoli per litro di sangue per 36 mesi consecutivi. Il nuovo regolamento avrebbe escluso Thomas dai campionati della Ivy League, ma la NCAA ha deciso di non avvalersi del regolamento della federazione nuoto e di mantenere invece il suo, permettendo in questo modo a Thomas di partecipare ai campionati di metà febbraio, in quanto sottoposta a terapie ormonali fin dalla sua transizione anagrafica, avvenuta nel 2019.
Quello che i giornali americani hanno definito una sorta di scaricabarile tra organi sportivi ha alimentato le discussioni sulla vicenda, che a breve potrebbero intensificarsi ancora in concomitanza con i campionati universitari della NCAA in programma ad Atlanta tra il 16 e il 19 marzo. Thomas, che finora ha preferito non intervenire direttamente nella questione, è considerata tra le favorite. Tra non molto, inoltre, inizieranno i percorsi di qualificazione alle Olimpiadi di Parigi 2024, a cui Thomas potrà ambire stando alle sue recenti prestazioni.