Lo scandalo che sta mettendo in difficoltà il presidente del Messico
Riguarda suo figlio, che avrebbe vissuto in una casa di lusso a spese del dirigente di una società che ha ricevuto appalti di stato
Il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador, populista di sinistra eletto nel 2018 che ha costruito la sua intera carriera politica sulla lotta alla corruzione, è finito al centro di uno scandalo in cui è coinvolto il figlio e che potrebbe avere conseguenze dirette sulla sua credibilità politica.
Lo scorso 28 gennaio, il giornalista messicano Carlos Loret de Mola ha pubblicato un rapporto dell’organizzazione Mexicanos Contra la Corrupcion y la Impunidad (MCCI), un gruppo anticorruzione criticato già in passato da López Obrador. Nel rapporto si raccontava che il figlio maggiore del presidente, José Ramón López Beltrán, aveva vissuto per un anno tra il 2019 e il 2020 in una villa valutata quasi un milione di dollari alla periferia di Houston, in Texas, pagando un affitto molto modesto.
La casa è di proprietà di Keith Schilling, a quel tempo dirigente della Baker Hughes, grande azienda statunitense che opera nel campo dei servizi petroliferi. La Baker Hughes, proprio tra il 2019 e il 2020, aveva ottenuto un importante appalto da Pemex, l’azienda petrolifera messicana di stato già finita, tra l’altro, al centro di un grave scandalo che López Obrador aveva cercato di sfruttare politicamente.
Baker Hughes, in un comunicato, ha comunque fatto sapere di non essere «in nessun modo coinvolta o a conoscenza della transazione di locazione».
Oltre al possibile conflitto di interessi, il rapporto dell’MCCI metteva in risalto la vita lussuosa condotta dal figlio di López Obrador e come questa contrastasse fortemente con i messaggi di austerità difesi dal presidente e con la vita semplice e senza ostentazioni da lui spesso rivendicata.
Durante tutta la sua carriera politica López Obrador ha sostenuto che la classe politica e imprenditoriale messicana – praticamente tutti tranne lui – fosse composta da mafiosi e criminali e che avesse pertanto bisogno di una rigenerazione profonda. Già nel 2006, quando si era candidato per la prima volta alla presidenza del paese, si era presentato come “l’uomo nuovo” che avrebbe combattuto la corruzione e quella che aveva definito «la mafia del poder», la mafia del potere o della casta, diremmo in Italia. Una volta eletto, nel 2018, aveva fatto dell’austerità un simbolo, anche personale. Aveva rinunciato a vivere nel palazzo che ospita il capo dello Stato, aveva abolito la guardia presidenziale, si era ridotto lo stipendio imponendo la stessa cosa ai suoi ministri, e aveva messo all’asta il jet presidenziale scegliendo di viaggiare su aerei di linea.
Lo scandalo legato al figlio e al possibile conflitto di interessi per aver vissuto nella casa molto lussuosa di un appaltatore del governo ha avuto come prima conseguenza quella di indebolire la credibilità politica del presidente. Lui ha negato che il figlio avesse qualche tipo di influenza sulle decisioni del governo e ha detto che «non ci sono prove di nulla» contro di lui.
Il 9 febbraio, è stata Pemex a negare di aver favorito la Baker Hughes, ribadendo che l’assegnazione di quell’appalto era avvenuta dopo una gara pubblica e in modo regolare. Schilling ha dichiarato di non sapere che a occupare la sua casa fosse López Beltrán, figlio del presidente del Messico, e López Beltrán ha detto di essere «un privato cittadino» che non ha mai interferito con le decisioni governative del suo paese.
López Beltrán ha anche spiegato che il suo reddito «proviene al cento per cento» dal suo lavoro a Houston. Dando tutta una serie di spiegazioni sul suo lavoro per risolvere lo scandalo della casa, ha dato però modo di avviare un altro scandalo su un suo presunto conflitto di interessi. Ha detto che dal 2020 lavora come avvocato per KEI Partners, una società immobiliare di proprietà dei figli di Daniel Chávez, un uomo d’affari che è anche consigliere del presidente López Obrador per il megaprogetto di una ferrovia interurbana di 1.525 chilometri che attraverserà la penisola dello Yucatán e la cui costruzione è iniziata nel giugno 2020.
López Obrador si è poi difeso attaccando il giornalista Carlos Loret de Mola, definendolo un «mercenario corrotto» e spiegando che nel 2021 ha guadagnato più di 35 milioni di pesos (circa 1,7 milioni di dollari) mentre lui, che è presidente, guadagna solo 2 milioni di pesos (quasi 97.500 dollari). «Guadagna circa 15 volte più di me, pensate che sia perché è un giornalista di alto livello, molto intelligente o un bravo scrittore? No». Il presidente ha poi chiesto di verificare e di mostrare da dove provenga il reddito di Loret de Mola, il quale ha risposto che la cifra era stata gonfiata, che si riferiva a diversi anni di lavoro, e che comunque rendere pubblici i dettagli del suo reddito era una violazione delle leggi sul segreto fiscale.
L’attacco di López Obrador a Loret de Mola si è poi esteso a tutti i giornalisti che si sono occupati dello scandalo e che ha definito «mafiosi». Questo ha causato molte critiche, soprattutto per la recente uccisione di cinque giornalisti messicani che si occupavano di narcotraffico e di corruzione nelle amministrazioni locali. Su quest’ultima vicenda è intervenuto anche il segretario di Stato americano Antony Blinken che ha espresso preoccupazione per l’alto numero di giornalisti uccisi in Messico e che ha chiesto al presidente del paese di garantire la libertà di espressione.
López Obrador ha risposto a Blinken dicendo che probabilmente era «male informato» sulla presunta situazione di impunità verso questi crimini in Messico, e rilanciando l’accusa al governo degli Stati Uniti di finanziare gruppi di opposizione al governo messicano: «Chiediamo al governo degli Stati Uniti di interrompere il finanziamento di gruppi che agiscono apertamente come oppositori, nel nostro caso, di un governo legalmente e legittimamente costituito, perché è un atto di violazione della nostra sovranità». In una nota diplomatica dello scorso maggio López Obrador aveva già chiesto al governo degli Stati Uniti di motivare e interrompere i finanziamenti concessi alla MCCI, il gruppo da cui è nato il più recente scandalo che coinvolge il presidente e suo figlio.