Che cos’è il “Milleproroghe”, e cosa c’è dentro
Nel provvedimento come al solito c'è un po' di tutto, dal bonus psicologo al rinvio del limite di mille euro ai pagamenti in contanti
Giovedì il Senato ha approvato in via definitiva il cosiddetto decreto Milleproroghe, dopo che nei giorni scorsi era stato approvato già dalla Camera e lo scorso 23 dicembre dal Consiglio dei ministri. È un provvedimento che viene approvato quasi ogni anno, e il cui scopo principale è prorogare scadenze di legge vicine al termine (da cui il nome della norma), ma che di solito finisce con il contenere un po’ di tutto.
Molto spesso include misure che il governo non è riuscito a inserire nella legge di bilancio di fine anno, che deve essere approvata entro il 31 dicembre per non rischiare di dover fare ricorso all’esercizio provvisorio. Rispetto al testo approvato dal governo, peraltro, nel percorso in Parlamento la legge subisce in molti casi grosse modifiche, come accaduto anche quest’anno.
Cosa c’è nel decreto Milleproroghe di quest’anno
Una delle misure di cui si è parlato di più tra le molte inserite nel decreto di quest’anno è il cosiddetto “bonus psicologo”, per cui sono stati stanziati 20 milioni di euro. È un contributo economico che serve ad aiutare le persone a sostenere le spese iniziali per un percorso di terapia psicologica, che era stato inizialmente inserito come emendamento alla legge di bilancio e poi bocciato nella discussione in Senato lo scorso dicembre.
L’eliminazione del bonus dalla legge di bilancio aveva fatto molto discutere, e alla fine è stato deciso di inserirlo come emendamento al decreto Milleproroghe. L’emendamento prevede che 10 milioni servano a finanziare il bonus e altri 10 per potenziare le strutture sanitarie che forniscono sostegno psicologico. Il bonus potrà essere ottenuto come parziale rimborso delle spese sostenute per le sedute di terapia, e avrà un importo massimo di 600 euro a persona. Dal bonus saranno escluse le persone con ISEE superiore a 50mila euro.
Un’altra misura molto discussa è il rinvio di un anno dell’abbassamento del tetto di mille euro per i pagamenti in contanti, che serve a contrastare l’uso di grandi quantità di contanti per evadere il fisco. La misura è stata approvata tramite un emendamento proposto dall’opposizione, contro il parere del governo, motivo per cui se n’è parlato come di una sconfitta politica della maggioranza. Il limite di mille euro era in realtà entrato in vigore dallo scorso primo gennaio, e quindi dopo l’approvazione del Milleproroghe la situazione tornerà a com’era a dicembre.
Per quanto riguarda le misure fiscali, il decreto Milleproroghe prevede una proroga per la richiesta di rateazione delle cartelle esattoriali, la cui scadenza per la domanda era stata fissata inizialmente al 31 dicembre 2021. È stato inoltre deciso di prorogare i termini di entrata in vigore degli aumenti previsti per le accise sulle sigarette elettroniche, rinviandoli al 2023. Per la scuola, invece, un emendamento prevede che entro il prossimo 15 giugno si dovrà svolgere il nuovo concorso straordinario per l’assunzione di docenti precari con 3 anni di servizio.
È stata inoltre introdotta una misura che prevede di destinare i 575 milioni derivati dai fondi sequestrati agli ex proprietari dell’ILVA di Taranto alla bonifica delle aree inquinate esterne, invece che alla decarbonizzazione ed elettrificazione dell’acciaieria, come aveva previsto inizialmente il governo. Questa misura è stata adottata con un emendamento approvato da PD, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Italia Viva, contro il parere del governo e con l’opposizione della sola Lega.
Un’altra misura oggetto di attenzioni negli ultimi giorni è quella che proroga fino al primo luglio 2025 la possibilità di fare sperimentazione sugli animali, nell’ambito di studi sugli xenotrapianti d’organo (cioè i trapianti di organi in specie diverse) e sulle sostanze d’abuso, compresi i farmaci. Anche in questo caso la proroga è stata decisa contro il parere del governo, che aveva proposto di estenderla solo fino al 30 giugno 2022.
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Perché si fa ricorso al decreto Milleproroghe
Il primo decreto Milleproroghe fu approvato nel 2005, durante il secondo governo Berlusconi, con lo scopo di rimandare l’entrata in vigore di alcune disposizioni e di allungare una serie di termini e altre scadenze che sarebbero giunte a compimento alla fine dell’anno. Da allora è diventato una specie di tradizione, anche col susseguirsi dei governi.
L’utilità del decreto sta nel fatto che in un colpo solo risolve parecchi problemi diversi, permettendo di prorogare per legge una serie di termini che altrimenti dovrebbero essere trattati e risolti separatamente. In quanto decreto legge, poi, le sue misure entrano subito in vigore, non appena viene approvato dal Consiglio dei ministri. Si può quindi approvare rapidamente alla fine dell’anno, senza il rischio di lungaggini parlamentari che magari ne spingerebbero l’approvazione oltre la scadenza dei termini che si vogliono prorogare.
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In quanto decreto legge, il Milleproroghe deve essere confermato da un voto delle camere entro 60 giorni dalla sua approvazione dal Consiglio dei ministri. Questo ha portato a un altro fenomeno diventato tipico della storia del Milleproroghe: nel corso del passaggio parlamentare e della sua conversione in legge, il decreto viene riempito di un ulteriore carico di micro-norme e disposizioni che interessano a questo o quel parlamentare o gruppo politico.
Il risultato di solito è un testo estremamente eterogeneo, che contiene disposizioni sulla più svariata serie di argomenti che si possa immaginare, al punto che nel 2012 era dovuta intervenire la Corte Costituzionale annullando alcune disposizioni contenute nel Milleproroghe del 2010 a causa della manifesta “estraneità alla materia e alle finalità del medesimo decreto”.
L’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva preso particolarmente a cuore l’argomento e per due volte, nel 2011 e poi di nuovo nel 2012, scrisse formalmente al Parlamento e al capo di governo (nel primo caso Silvio Berlusconi, nel secondo Mario Monti) invitandoli a limitare la tendenza a infilare norme di ogni tipo nel corso del processo di conversione in legge.