Il ruolo della Bielorussia nell’invasione
Parte delle forze d'invasione russe è partita dalla Bielorussia, grazie a un rapporto tra i due paesi che negli ultimi anni è diventato di sudditanza
È iniziata da alcune ore l’invasione russa dell’Ucraina, che è stata attaccata da più punti: uno di questi è stato, secondo le ricostruzioni attuali, il confine con la Bielorussia, paese governato da Alexander Lukashenko, alleato strettissimo del presidente russo Vladimir Putin. In Bielorussia si trovavano da mesi circa 30mila soldati russi per un’esercitazione militare congiunta, servita a Putin, secondo varie analisi, per trasformare la Bielorussia in una porta d’accesso all’Ucraina: è stato possibile anche grazie al rapporto di collaborazione tra Putin e Lukashenko, che è nei fatti un rapporto di subalternità: negli ultimi mesi vari analisti, usando un’iperbole che però non è lontana dalla realtà, hanno cominciato a definire la Bielorussia come un protettorato russo.
Kiev, la capitale ucraina, si trova a poco più di 200 chilometri dal confine con la Bielorussia: è un confine lungo circa 800 chilometri e piuttosto poroso. Giovedì mattina, secondo le ricostruzioni attuali, quel confine è servito per attaccare l’Ucraina: il paese è stato infatti invaso sia da sud – dalla Crimea, invasa e annessa alla Russia otto anni fa – che da est (dalla Russia), che da nord, con una serie di attacchi compiuti dalle forze che si trovavano in Bielorussia.
Russia e Bielorussia, inoltre, sembra che abbiano mantenuto un contatto molto stretto anche nei primi momenti dell’invasione: stamattina presto poco dopo i primi bombardamenti, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa bielorussia Belta, citata dal New York Times, Putin avrebbe telefonato a Lukashenko per discutere la situazione. Putin non ha risposto invece alla chiamata telefonica del presidente ucraino Volodymir Zelensky, secondo quanto detto dallo stesso Zelensky stamattina.
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Il ruolo che la Bielorussia sembra aver avuto nell’invasione dell’Ucraina è tutt’altro che sorprendente: in Bielorussia si trovavano da settimane circa 30mila soldati russi, decine di aerei da guerra e almeno 50 elicotteri. La Russia aveva posizionato tutte queste armi e questi soldati in Bielorussia per un’esercitazione militare congiunta – iniziata il 10 febbraio e proseguita oltre il suo termine previsto, quello del 20 febbraio – guardata con grande preoccupazione e considerata da vari osservatori una sorta di prova generale per l’invasione dell’Ucraina, poi avvenuta.
Durante queste esercitazioni si erano svolte, a poca distanza dal confine ucraino, simulazioni di battaglie con aerei, carri armati e lanciarazzi, con un dispiegamento di armi e forze militari che la NATO aveva definito il più grande dispiegamento di forze militari russe in Bielorussia dai tempi della Guerra fredda.
Il dispiegamento di forze in Bielorussia è stato possibile perché, ormai da qualche tempo, il governo bielorusso ha concesso alla Russia una enorme autonomia d’azione sul proprio territorio. Come ha scritto l’Atlantic qualche giorno prima dell’invasione «Putin è effettivamente riuscito a trasformare un ex stato sovietico in un’estensione del territorio russo, davanti agli occhi degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, senza sparare un singolo colpo».
SAR collected on 19FEB2022 by @capellaspace continued to show 32 x FROGFOOT deployed to Luninets airbase in Belarus. pic.twitter.com/78D6YCEQYE
— Chris Biggers (@CSBiggers) February 20, 2022
Per questo motivo, tra le reazioni all’invasione russa dell’Ucraina, c’è stato anche chi, come Michael McFaul, ex ambasciatore americano in Russia e docente all’università di Stanford, ha proposto di imporre sanzioni economiche non solo alla Russia ma anche alla Bielorussia, il cui governo ha permesso a Putin di portare avanti con maggiore facilità e comodità la sua invasione: «La Bielorussia DEVE essere inclusa nelle sanzioni», ha detto McFaul. Anche la NATO ha condannato la Bielorussia per aver «permesso l’attacco» dell’Ucraina.
Belarus MUST be part of the sanctions package. Lukashenko is an ally in Putin's horrific war.
— Michael McFaul (@McFaul) February 24, 2022
La piena disponibilità della Bielorussia nei confronti della Russia – il fatto che le abbia concesso di usare, in sostanza, il proprio territorio come un deposito di armi e un punto di partenza per l’invasione – è il risultato di anni di reciproco sostegno tra i due paesi. Per quanto non siano mancati dissidi, Russia e Bielorussia sono di fatto paesi amici, legati da trattati di vario tipo, anche di difesa. E secondo vari osservatori, il loro si è evoluto in un rapporto di sudditanza, di fatto, della Bielorussia rispetto alla Russia.
Questa dinamica si è andata approfondendo soprattutto negli ultimi anni: Lukashenko – spesso chiamato anche “l’ultimo dittatore d’Europa” per il modo autoritario con cui governa il paese – deve a Putin la repressione delle enormi proteste per la democrazia che seguirono alle contestate elezioni con cui fu rieletto presidente nel 2020 (al suo sesto mandato: Lukashenko è al potere dal 1994). Le proteste furono tra le più estese di sempre in Bielorussia, e divennero quasi ingestibili. Lukashenko chiese aiuto a Putin, che mise a sua disposizione i propri agenti di polizia per reprimere le proteste, permettendo quindi a Lukashenko di restare al suo posto.
Putin ha sostenuto la Bielorussia anche durante l’ultimo scontro con l’Unione Europea, a proposito delle centinaia di migranti che la Bielorussia accoglieva e portava al confine con la Polonia per mettere in difficoltà l’Unione Europea.
Da parte sua, Lukashenko ha assunto una serie di posizioni a sostegno della Russia: a novembre dell’anno scorso è arrivato per esempio a riconoscere – dopo anni in cui aveva mantenuto posizioni più caute – la piena appartenenza della penisola di Crimea alla Russia (come la Russia ha sempre sostenuto). E a gennaio di quest’anno, mentre le tensioni al confine ucraino crescevano, ha ribadito la propria vicinanza alla Russia, e addirittura la propria disponibilità a entrare in guerra al suo fianco.
Putin, insomma, è riuscito negli ultimi anni a consolidare il proprio potere in Bielorussia e, come ha scritto l’Atlantic, a «cementificarla» nella propria sfera d’influenza.
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