Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
I Daft Punk hanno messo due cose su Instagram, molto insignificanti e quindi molto misteriose, generando grosse agitazioni.
C’è una canzone nuova di Regina Spektor, di dolcezze e orchestre. Uscirà il disco nuovo a giugno.
Porca miseria, leggo ora che è morto Mark Lanegan, a 57 anni. Ne avevamo parlato un mese fa.
Oggi era morto anche Gary Brooker dei Procol Harum: quelli di questa, di questa, e di queste altre.
Holiday road
Matt Pond PA
Holiday road su Spotify non c’è
Holiday road su Apple Music non c’è
Holiday road su YouTube
Tra i poster maggiori che affollarono la mia cameretta da teenager, in mezzo tra i più nobili manifesti del film Nashville di Altman e di una mostra sull’arte russa modernista al centro Pompidou, occupò un grande spazio quello del film National Lampoon’s Vacation. Non so nemmeno bene spiegarmi il perché, adesso – a differenza dagli altri due -, visto che non ricordo quasi niente del film: il poster aveva una sua comica spettacolarità e due ragazze bionde discinte di cui una sposò Billy Joel, ma boh. Forse era un’estensione del mio amore per il film Animal house, che era venuto dallo stesso gruppo satirico; forse lo avevo scelto chissà perché in uno di quei grossisti di poster cinematografici che scoprimmo come una specie di Bengodi da ragazzi: si potevano comprare i poster dei cinema!
(quello di Firenze era in una strada dietro la stazione, quello di Bologna anche: ma erano due stazioni diverse).
Nel film c’erano un po’ di canzoni, e due le aveva scritte apposta Lindsey Buckingham, cantautore pop di successi personali ma famoso soprattutto per essere stato uno dei Fleetwood Mac: direi “uno speciale” se non fossero stati tutti speciali, nei Fleetwood Mac.
Comunque una di quelle canzoni fu presa da una band newyorkese nata alla fine degli anni Novanta, di qualche culto americano ma ignorata dal mondo, che le tolse l’insopportabile ritmo rockabilly e la fece diventare una graziosa e tintinnante canzone natalizia più in accordo col suo testo, esaltando il coretto minimale e celestiale del ritornello: una pacchia. Holidayroo-o-o-oo-oò.
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