Come fanno le lucertole a perdere la coda
Un gruppo di ricerca ha scoperto il delicatissimo sistema che consente loro di sacrificarla in caso di pericolo
La capacità delle lucertole di perdere la coda per mettersi in salvo dai predatori, o dal gioco un po’ sadico di qualche bambino, è il caso più noto di “autotomia”, il processo per cui alcuni animali riescono a mutilare autonomamente parte del proprio corpo. Negli anni vari gruppi di ricerca si sono occupati del fenomeno, ma senza riuscire a ricostruire con precisione i meccanismi che consentono a una lucertola di fuggire lasciandosi alle spalle la coda. Una nuova ricerca da poco pubblicata su Science offre qualche spunto in più, descrivendo il delicato equilibrio che permette alla coda delle lucertole di rimanere dov’è o di staccarsi improvvisamente in caso di pericolo.
Il sacrificio di un arto non è cosa da poco, ma è comunque più vantaggioso rispetto alla prospettiva di rimanere feriti gravemente o perdere la vita. Per questo molti animali nel corso della loro evoluzione hanno sviluppato la capacità di perdere parti del proprio corpo, per lo più per sfuggire ai predatori, confonderli e guadagnare un po’ di tempo durante la fuga.
Per alcuni animali la mutilazione è irreversibile, mentre in certe specie è solo temporanea. Vari tipi di lucertole, per esempio, hanno la capacità di generare una nuova coda, importante per mantenere l’equilibrio, farsi notare nella fase dell’accoppiamento e conservare riserve di grasso preziose per la sopravvivenza.
Incuriosito dal comportamento delle lucertole, un gruppo di ricercatori tra gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti si è messo al lavoro per risolvere quello che ha definito «il paradosso della coda», riferendosi alla necessità di essere resistente a sufficienza da rimanere attaccata al resto del corpo e al tempo stesso in grado di staccarsi facilmente in caso di pericolo.
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I ricercatori hanno catturato esemplari appartenenti a due specie di geco e a una specie di lucertola vera e propria (Acanthodactylus schmidti). In laboratorio hanno poi condotto vari esperimenti trattenendo la coda di questi rettili, fino al punto in cui questa si staccava per liberarli dalla presa. Ogni test era ripreso con una videocamera in grado di produrre 3mila fotogrammi al secondo, una grande quantità di immagini per vedere al rallentatore un fenomeno che avviene in poche frazioni di secondo.
Dopo avere rimesso in libertà le lucertole, il gruppo di ricerca ha analizzato con un potente microscopio elettronico le code nel punto dell’automutilazione. I numerosi ingrandimenti hanno permesso di osservare le lacerazioni della pelle e le fratture ossee, ma soprattutto hanno consentito di mettere in evidenza la presenza di “micropilastri”, come li hanno chiamati i ricercatori, con un rigonfiamento sulla loro estremità simile al cappello di un fungo.
Questi cappelli sono costellati da una miriade di minuscoli pori che consentono ai micropilastri di incastrarsi tra loro, come una sorta di spine e prese in miniatura. Il sistema consente alla coda di rimanere attaccata e di opporre una certa resistenza, nel caso in cui sia tirata senza torsioni, come può avvenire nel caso in cui si impigli accidentalmente mentre la lucertola si sta spostando. La connessione diventa meno affidabile e si spezza nel caso in cui sia esercitata una lieve torsione, che può essere la stessa lucertola a compiere con il resto del corpo, in modo da far staccare la coda e fuggire.
La struttura dei micropilastri offre il giusto equilibrio tra resistenza per le attività di tutti i giorni e fragilità nel caso in cui sia necessaria l’autotomia. In questo senso il meccanismo ricorda quello delle minuscole fibre presenti sulle zampe dei gechi e di alcune rane, che permettono a questi animali di arrampicarsi facilmente sulle superfici verticali senza perdere la presa. Le fibre sulla loro sommità hanno strutture simili a quelle dei cappelli rilevati alle estremità dei micropilastri.
Oltre ad avere offerto nuove prospettive su come le lucertole scampano ai pericoli, la ricerca dà spunti importanti per lo sviluppo di nuovi sistemi specialmente nella robotica. Il gruppo di ricerca ritiene che imitando le code delle lucertole si potrebbero creare robot con parti sacrificabili, nel caso in cui queste smettessero di funzionare e impedissero al dispositivo di continuare a muoversi per svolgere la propria missione.